24.

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Louis

Mi avvicinai sempre di più a lui spostando la bottiglia. Era così piccolo, eppure sembrava che il mondo avesse già deciso di fargli provare un dolore soffocante a cui nessun uomo dovrebbe essere mai sottoposto.

Sentivo il bisogno di proteggerlo da ogni male ed era inopportuno per me.
Non avevo mai provato questo senso di protezione così forte nei confronti di qualcuno o almeno della mai famiglia si.
In tutte le mie brevi relazioni passate non era mai accaduta una cosa simile.

Lo avvolsi in un abbraccio e gli feci appoggiare la testa nell'incavo del mio collo. In quei pochi giorni lo avevo visto piangere così tante volte...come poteva un ragazzo del genere versare tante lacrime amare? Per giunta ora era colpa mia.

Aumentai la prese sulla sua schiena cercando di fargli diminuire i singhiozzi.
Alla fine lo allontanai e gli spostai le mani dal viso.

"Haz, guardami" stringeva il labbro tra i denti e le guance erano arrossate, rigate da alcune lacrime.
Istintivamente ne baciai una e poi rimossi le altre con il pollice. I suoi occhi si illuminarono leggermente e allora lo strinsi nuovamente a me.
Fece passare le sue braccia sotto alle mie e si aggrappò alla mia schiena lasciando ancora qualche singhiozzo. Okey, adesso dovevo parlare.

Gli spostai un riccio ribelle e lo arpionai dietro al suo orecchio. Mi spostai in avanti e iniziai a sussurrare: "Haz, perdonami per tutto quello che è accaduto in questa settimana. Perdonami per come ti ho trattato il primo giorno. Sappi che non avevo intenzione di lasciarti lì da solo" sussultai spaventato e sorpreso delle mie stesse parole "grazie per la lattina e grazie per esserci stato all'audizione. Senza di te non avrei spiaccicato una nota" lo sentii finalmente sorridere, ma non avevo ancora finito.
"ieri volevo ti divertissi perché potessi svuotare la testa dai brutti pensieri. Sta mattina quando non ci hanno scelto ero distrutto, tutti lo eravamo, ma percepivo dentro di me un continuo senso di angoscia. Quando mi hanno lasciato da solo con te, in bagno, non sapevo che fare. Stavi così male e sarà strano da dire, eppure ogni tuo colpo di tosse era un colpo sempre più forte dentro di me. Non so spiegarlo davvero, ora ti sembrerò un pazzo bipolare" lo rialzai per vederlo in viso.

Non stava più piangendo e le lacrime erano sostituite da un enorme, anche se stanco, sorriso.

"Quindi non ti faccio schifo?" ripetè nuovamente la domanda e capii che lui avesse bisogno di sentirsi dire di no, perché nonostante il mio discorso non ne era certo. Avevo compreso fosse un ragazzino fragile e pieno di insicurezze, tra cui il suo essere gay. Che poi cosa c'era di sbagliato? Come poteva vergognarsi di una cosa del genere?

"Haz" lo richiami per la centesima volta in quei pochi minuti "non mi fai schifo okey? Sei perfetto così come sei e non vergognarti di essere gay. Non è una malattia e nemmeno un difetto. È l'essere te" abbozzai un sorriso provando a rassicurarlo sulla veridicità delle mie parole.

"Uhm, okey" si sfregò gli occhi con una mano chiusa a pugno e il mio petto non poté fare altro se non andare in fiamme.

"Continuiamo...uhm...il gioco?" domandò prendendomi alla sprovvista.

Annuii e, senza dover girare la bottiglia o allontanarmi da lui: "Harry obbligo o verità?" sperai scegliesse obbligo. Il mio cervello si stava resettando e l'unica immagine che vedevo erano le mie labbra su quelle del riccio.
Dio, cosa mi stava succedendo! Ero gay?
Sospirai rumorosamente e, non so per quale benedizione, Harry rispose deciso "obbligo". Il blu si incastrò nel verde come una catena.

Era la mia occasione per mettere in chiaro i miei sentimenti e quelle strane sensazioni che mi tormentavano da quando gli avevo stretto il braccio per la prima volta.

"Baciami sciocco" chiusi gli occhi e attesi qualsiasi movimento o sussurro, anche una sberla.

"C-cos-sa h-hai d-dett-to?" balbettò nel panico.

Riaprii gli occhi e il mio viso era decisamente troppo vicino al suo, ma non mi importava.

"Ho detto, baciami" gli si mozzò il fiato e mi guardava in una maniera indescrivibile a parole.

"Oh andiamo" non riuscivo ad aspettare. Il suo respiro caldo continuava a sbattere sulle mie labbra a una distanza ravvicinata alle sue.
Gliele sfiorai e quando lo feci il mio cuore esplose in un mare di scintille. Fremevo sopra di lui. Volevo di più.
Lo fissai negli occhi e gli lasciai un veloce bacio a stampo.
"Lou" mormorò sulla mia bocca ancora a millimetri dalla sua.

"Ti prego...rifallo" e non mi servì altro. Lo avvicinai possessivamente a me e mi appropriai delle sue labbra. Visto da fuori poteva sembrare un bacio sporco, passionale, ma era completamente un'altra cosa.
Le sue labbra erano morbide e delicate sulle mie, combaciavano alla perfezione. Sentii la sua lingua picchiettare sul mio labbro e sorridendo gli concessi l'accesso.
Iniziarono una lunga danza silenziosa e travolgente. Diavolo, per avere sedici anni baciava in maniera fantastica, meglio di chiunque ragazza.

Ci staccammo a corto di fiato e, senza interrompere il contatto visivo, presi la sua mano e l'appoggiai sul mio petto.

"Ragazzino, riesci a sentire quello che mi fai?" si morse il labbro per trattenere un sorriso imbarazzato e poi: "l'ho fatto io?" domandò innocentemente continuando a premere la mano sul mio cuore.

"Si e non so come tu abbia fatto" sorridemmo entrambi.

"Vuoi riposare?" sussurrai a quel punto.
Era stato fantastico certo, ma le sue occhiaie sotto gli occhi indicavano avesse bisogno di riposo.

"Uhm" abbassò la testa sul suo grembo dove lasciò ricadere la mano che era appoggiata su di me.

"Che hai?" mi stava facendo preoccupare.

"Puoi...no lascia stare è stupido" gli alzai il mento con due dita "niente di quello che dici è stupido, forse a volte si, ma non per questo devi reprimere i tuoi pensieri" gli spiegai dolcemente. Avrei dovuto insegnargli molto sulla vita e come affrontarla a quel piccoletto.

"Resti con me?" bisbigliò così basso che feci fatica a sentire.

"Sicuro?" non volevo correre troppo.

"Ne ho bisogno" sembrava stesse per rimettersi a piangere. Mio dio, perché era così insicuro di se stesso? Aveva per caso subito qualche trauma da piccolo? Aveva ancora tutta una vita davanti, non era normale stesse male o soffrisse per ogni singola parola e gesto. Non doveva avere paura degli altri.

Non gli diedi una vera e propria risposta. Presi la bottiglia abbandonata sul letto e l'appoggiai sul pavimento. Alzai le lenzuola e mi posizionai di fianco a lui.
Spensi la lampada sul comodino e nel buio arpionai un braccio intorno al suo bacino.

"Stenditi vicino a me" e mi abbassai appoggiando la testa sul cuscino e la schiena sul materasso. Intanto Harry si era rannicchiato con la testa sul mio petto.

"Lo sento battere all'impazzata" sussurrò.

"Cosa?"

"Il tuo cuore Lou" smisi di respirare.
Cominciai ad accarezzargli i capelli. Ne ero diventato dipendente.
Quei ricci sarebbero stati la mia rovina.

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Eccomi tornata con un nuovo capitolo. Come sono andate le vostre vacanze?

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