41. Epinefrina

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Nonostante il freddo della stagione stia iniziando ad affievolirsi, stare nascosta qui non aiuta i miei nervi tesi sia per la temperatura che per l'attesa. Siamo appostati in questo parcheggio da quella che mi sembra un'eternità. Potrebbero anche essere passati solo cinque minuti che non ci crederei mai. Forse è solamente l'ansia di agire quando meno me lo aspetto che intensifica qualsiasi cosa passi per la mia testa. Avere i ragazzi vicino mi aiuta tantissimo, ma so che ormai non mi portano più per fare scena e basta.

Sono consapevole che devo muovermi ed aiutarli fino a quando mi sarà possibile. Sono stata armata e addestrata per farlo, ma più realizzo quello che avevo fatto e quello che sto per compiere di nuovo, più mi catturano mille paranoie. Il senso di colpa non è più considerabile come una di esse, ma la paura di sbagliare, o peggio di farmi colpire, c'è sempre. E' costante, mi mangia viva ad ogni stramaledetto secondo che passa.

Se dobbiamo agire, che il nostro obbiettivo si muova e basta. Sto diventando vecchia a furia di aspettare.

«Ehi,» bisbiglio incerta nel silenzio, facendo voltare tutti e quattro i ragazzi nella mia direzione «chi è il nostro obbiettivo stavolta?» continuo raucamente.

Alla fine è Hoseok che decide di prendere in mano il mio discorso per darmi una risposta. Sinceramente non mi aspettavo altrimenti; tra tutti i presenti, il solare ragazzo dai capelli biondi è il più gentile e disponibile. Non mi dispiace neanche ascoltarlo mentre mi parla.

«Questa volta è solo un conto in sospeso.» dice quest'ultimo con un certo sorriso sicuro spalmato sulle labbra. Peccato che la situazione non mi appaia chiara neanche con questa sua confessione.

«E quindi?» ripropongo.

Il piccolo corpo di Yoongi si preme contro la carrozzeria della macchina mentre controlla qualcosa sulla pistola che regge salda con entrambe le mani. La mia l'avevo esaminata talmente tante volte per accertarmi che fosse tutto in ordine, che devo averla sciupata solo con gli occhi.

«Sono degli spacciatori.» parla il corvino, indicando con la volata dell'arma il vecchio palazzo oltre l'auto che fa da scudo ad una parte di noi «Avevamo degli affari aperti con loro. Il nostro compito era quello di procurare la droga, il loro quello di pagarci. E' passato un bel po' di tempo dall'ultima volta che ho visto dei soldi nelle nostre tasche da parte loro, quindi devono pagare.»

Dunque, niente soldi niente droga. In questo caso il concetto si amplifica a ''pagami con quello che hai di più prezioso''. E se questi tizi non avevano pagato per la loro dose, l'opzione che viene subito dopo è quella della loro vita.

«Sono stati dei bastardi a pensare di poterci fregare così,» Taehyung, riparato insieme a Jungkook dietro la macchina di fianco alla nostra, si unisce alla chiacchierata piuttosto aspra «ma non sanno che qui siamo noi i fottuti stronzi.»

Dopo quella frase, è come se gli occhi scuri del ragazzo creassero una scia castana nella notte che mi giunge dritta ai polsi e mi inietta dell'adrenalina in corpo. La sua pistola si agita sotto il suo naso e lui inala il familiare odore di polvere da sparo che deve essersi sprigionato davvero troppe volte da quel minuscolo canale micidiale. Non so perché, ma mi sento immediatamente pronta a sfondare il mondo.

L'unico che non mostra alcun cenno di eccitazione è un certo confetto rannicchiato in un angolo. Se non sapessi che è incastrato lì praticamente da quando ci siamo appostati, non l'avrei mai intravisto nell'ombra.

Jungkook la conosce tremendamente bene l'oscurità. Sa sfruttarla a suo piacimento. Se capissi anch'io come poterlo fare, la mia vita criminale sarebbe di certo più esilarante. Ciononostante, sono troppo orgogliosa per chiedergli di questo suo segreto. E poi, messo così non pare si stia divertendo più di tanto. Qualcosa però mi dice che è decisamente più pacato di me.

PINK GASOLINE ✓ [Jeon Jungkook]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora