52. In un'altra vita

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Io, Jungkook e Taehyung percorriamo tutto il corridoio di corsa. L'ansia mi sbrana dalla testa ai piedi, cominciando il suo vorace pasto col mio petto. Ho il cuore che batte come un cazzo di pazzo, il respiro corto, i pensieri in un subbuglio spaventoso. Stavo ancora pensando al passato che mi aveva raccontato Kook, alla nostra storia. Elaborarla si era rivelato un piacevole shock per me. Uno stupore indomabile che presto o tardi aveva ribaltato ogni mia certezza. Solo dopo, quando la verità del fermento che stava accadendo mi si era spiattellata in faccia, avevo compreso che in realtà io, di certezze, non ne avevo mai vantata nessuna.

Avevo scoperto di non sapere nulla sulla mia famiglia. Papà e mamma, quelle due figure idilliache che per me erano state l'unico esempio che nella vita avrei potuto considerare affabile ed onesto, si erano rivelati tutt'altro. Jungkook aveva sofferto per colpa loro, quel tipo di sofferenza che non lo abbandonerà mai più. Probabilmente le nostre famiglie si davano la caccia prima ancora che nascessimo. Nei due giorni prediletti poi, entrambi ci siamo trovati in pericolo. Io e lui siamo nati nel disastro, nello sconforto di due famiglie completamente deviate e disoneste.

Si potrebbe anche dire che Jungkook ed io fossimo venuti al mondo come due criminali, già plasmati per far del male all'umanità. Ma no; noi due non avevamo voluto niente di tutto quello che oggi consideriamo normale. Siamo stati baciati dal fardello della morte, due ragazzi procreati col gene del male infuso nel loro corpo. Per un minuscolo arco del nostro vissuto eravamo riusciti ad ignorarlo, a sopprimerlo con sentimenti più umili e naturali. Quella minuscola stabilità che aveva trovato la sua rovina nel nostro incontro.

Quando io e Jungkook ci siamo visti per la prima volta anni fa, la bomba del tradimento era esplosa. Ma non eravamo stati noi a fare il doppio gioco. La vita, la vita aveva giocato con noi sin dal primo attimo. Sapevamo che avremmo perso, eppure abbiamo continuato ad andare avanti con una testardaggine tremenda. Ed ora eccoci qui, a lottare per noi stessi con tutto quello che ci è rimasto.

Ci saremmo arrivati prima o poi. Speravamo solo che quel momento non ci sarebbe piombato addosso come una fatalità incontrollabile.

Proprio come adesso.

«In quanti sono?»

La voce di Jungkook rimane incastrata tra le pareti alle nostre spalle mentre noi proseguiamo come tre fulmini. Avvertiamo una strana pressione addosso, come se una bestia affamata stesse giocando con noi ad un, due, tre, stella. Non possiamo fermarci per nessun motivo al mondo. Sarebbe fatale.

«In troppi.» affanna Taehyung quando arriviamo alla porta sul retro «Mancava solo l'esercito e quei bastardi sarebbero stati al completo.»

Chiudo un attimo gli occhi per calmarmi, per respirare, per fermare il battito, per far finta che tutto questo non stia esistendo sul serio. Nel momento in cui l'aria esterna mi colpisce il collo però, capisco che non solo sta succedendo davvero, ma che potremmo anche fare una fine pietosa. Usciamo tutti allo scoperto, e Taehyung allunga una mano al suo amico per consegnargli una pistola.

«Perdonami, Soo Soo.» rantola, azzardando un sorriso «Non ne ho una per te.»

Scuoto la testa per fargli capire che non importa. Se solo ci riuscissi, vorrei accarezzargli la spalla con la mano, infondendo nel suo cervello incasinato la bizzarra idea che io sia perfettamente tranquilla. Ma non ho le forze per mentire stavolta. Perché me la sto davvero facendo sotto.

«Dove sono gli altri?» ancora una volta, Jungkook cerca di fare chiarezza sulla faccenda pericolosa. Mi sorprende come riesca a mantenere la calma persino in questo stato. Malgrado sia stata davvero per tanto tempo vicina a lui, non avevo mai incorporato questa sua abilità con le mie.

PINK GASOLINE ✓ [Jeon Jungkook]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora