05-03-21
Usciti, superano i fossi, e nell'ombra della notte
si dirigono al campo nemico, ma prima sarebbero stati
di eccidio a molti. Sull'erba vedono corpi rovesciati
dal sonno e dal vino, carri con il timone alzato sulla riva,
uomini tra briglie e ruote, e giacere insieme
armi e otri. Per primo l'Irtacide parlò così:
"Eurialo, osiamo col braccio; la situazione c'invita.
La via è per di qua. Affinché nessuna schiera
possa coglierci da tergo, provvedi e vigila da lontano;
io seminerò strage, e ti guiderò in un vasto solco".
Così dice, e frena la voce; ed assale con la spada
il superbo Ramnete, che su spessi tappeti
ammucchiati spirava sonno dal profondo del petto:
era re e augure, gratissimo al re Turno,
ma con l'augurio non poté allontanare da sé la rovina.
Vicino uccide tre servi che giacevano a caso
tra le armi, e lo scudiero di Remo; all'auriga trovato
sotto i cavalli col ferro squarcia il collo riverso;
poi decapita il loro padrone, e lascia il tronco
rantolante nel sangue; la terra e i giacigli s'intridono
caldi di nero umore. E anche Lamiro e Lamo,
e il giovane Serrano, che aveva giocato fino alla notte
più tarda, bellissimo d'aspetto, giaceva con le membra vinte
dall'eccesso del dio; fortunato, se senza intervallo
avesse pareggiato il gioco alla notte protraendolo fino alla luce.
Come un leone digiuno che sconvolge un gremito ovile
(lo spinge una fame furiosa) e addenta e trascina le tenere
pecore mute di terrore; ruggisce con le fauci insanguinate.
Non minore la strage di Eurialo; ardente anch'egli
imperversa, e nel folto assale una grande anonima
folla, Fado, e Erbeso, e Reto e Abari
inconsapevoli; Reto si era svegliato e tutto vedeva,
celandosi atterrito dietro un grande cratere:
mentre si alzava Eurialo gli immerse da presso la spada
in pieno petto, e la estrasse con molta morte.
Quegli emette l'anima purpurea, e morendo rigetta
vino misto a sangue; questi, fervido incalza nell'agguato.
S'appressava ai compagni di Messapo; lì vedeva
morire l'ultimo fuoco e legati secondo l'usanza
i cavalli brucare l'erba: quando brevemente Niso
- lo sentì trasportato da troppa foga di strage -
"Smettiamo" disse, "poiché s'avvicina la luce nemica;
ci siamo vendicati abbastanza; s'apre la via tra i nemici".
Lasciano numerose armi di guerrieri, forgiate
in argento massiccio, e crateri e bei tappeti.
Eurialo afferra, adattandole alle spalle inutilmente forti,
le borchie di Ramnete e la tracolla a placche d'oro,
che un tempo il ricchissimo Cedico mandò in dono
a Remulo tiburte, stringendo amicizia da lontano;
quegli morendo la dà in possesso al nipote; dopo la morte
i Rutuli se ne impadroniscono guerreggiando in battaglia.
Poi indossa l'elmo di Messapo, agevole e adorno
di creste. Escono dal campo, e prendono vie sicure.
Publio Virgilio Marone - Eneide, 1978
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