Capitolo 24: Il rivale di Sheldon Cooper

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Appena la persona situatasi dietro di noi finì di parlare, io e Margaret ci voltammo lentamente. Per quanto mi riguarda, ero molto spaventata e il cuore mi batteva all'impazzata. La mia nuova amica, però, parve molto sicura di se, come se quella persona la conoscesse da secoli interi.
Il tizio in questione era un uomo basso e abbastanza migherlino. Aveva capelli di colore castano scuro tendente al nero e occhi azzurri e chiari come il ghiaccio. Oltre alla voce incredibilmente gracchiante e fastidiosa, un'altra caratteristica che mi irritava di quell'uomo era la sua stessa faccia. E non sto scherzando: a guardarlo pareva di avere a che fare con un bullo di una qualunque scuola. Avete presente, no? Il classico bulletto a capo di un gruppo di qualche gorilla umanizzato che se non gli dai a tempo debito i soldi per la merenda ti fa menare da quest'ultimi.
Ecco, il suo viso rispecchiava proprio quello stereotipo di persona.
Ad ogni modo, come vi stavo dicendo, ero spaventata al solo pensiero di essere stata beccata in un luogo nel quale non avrei neanche dovuto mettere piede. Il discorso fu però diverso per Margaret, la quale continuò a fissare quel tipo con aria di sfida, come se si fossero già scontrati diverse volte. E come se lei non avesse affatto paura di lui.
"Kripke..." pronunciò la mia amica a denti stretti, fissando intensamente il tizio negli occhi.
"Complimenti Margaret, noto che ti ricordi ancora il mio cognome. Cosa vuoi ricevere adesso? Un applauso susseguitosi da un premio Nobel per caso?" ribattè lui, prendendosi gioco di lei.
Puntai lo sguardo verso Margaret e mi resi conto di quanto lei stessa avesse tramutato la sua personalità in pochi minuti: la bambina affettuosa e sensibile che avevo conosciuto fino a pochi attimi prima era come se non fosse mai esistita. Al suo posto, vi era una persona forte, determinata e in grado di saper farsi rispettare persino da un adulto. Anche se avessi voluto, non sarei affatto riuscita a nascondere ciò che provavo verso di lei. Adoravo Margaret, così come la adoro tutt'oggi. E non potrei mai essere grata abbastanza per aver trovato in vita mia un'amica come lei. 
Tirando fuori tutta la sua determinazione, rispose a lui, riuscendo tranquillamente a non farsi mettere i piedi in testa:
"Smettila di prendermi in giro! Piuttosto, questo non è il tuo reparto! Non dovresti neanche essere qui!"
"Beh cara mia, se per questo neanche tu dovresti entrare nel laboratorio di biologia e a differenza tua, una giustificazione valida ce l'ho eccome: io dentro questa università ci lavoro e mi spremo le meningi quasi ogni giorno per riuscire a compiacere i miei superiori, mentre tu sei soltanto una semplice marmocchia a cui il termine "università" dovrebbe essere ancora sconosciuto! Se non fosse per la costante voglia di tua madre di frequentare Leslie Winkle, tu non avresti nemmeno il permesso di varcare la soglia del parcheggio situato qui fuori, ricordatelo!"
Conclusa quella sua frase, mi venne naturale sgranare gli occhi. Non solo pareva un bullo all'apparenza, ma si comportava pure come tale. Credetemi, di persone meschine ne ho incontrate parecchie nella mia vita, ma nessuna di esse si è mai permessa di bullizzare una bambina di sette anni. Quindi, se non l'aveste ancora capito, Kripke era ed è tutt'ora la persona più barbara e meschina che io abbia mai incrociato sul mio cammino.
Quelle parole parvero ferire la piccola Margaret, la quale mise allo scoperto la sua sensibilità abbassando il capo davanti a lui.
"E adesso cosa c'è? Ti ho per caso colpita nel profondo? Non credo che ti convenga preoccuparti per questo. Piuttosto, preoccupati per quando parlerò con tua madre di tutta questa faccenda. In tal caso, sono proprio curioso di conoscere l'esito finale di questa storia."
Miei cari lettori, mi credereste se vi dicessi che mi fu quasi istintivo tirare una sprangata nei denti a quell'essere schifoso di nome Kripke? Sul serio, credetemi: l'atteggiamento arrogante utilizzato da lui nei confronti della mia più cara e sincera amica era un fattore che mi innervosiva assai. E se non fosse stato per la stessa Margaret, la quale riuscì a recuperare sicurezza e a rispondergli per le rime, probabilmente gli avrei fatto seriamente del male.
"Non essere ridicolo. Tu hai paura di mia madre. I tuoi sono solo discorsi fatti apposta per intimorirmi. Bel tentativo, ma se vuoi realmente spaventarmi, ti conviene tirare fuori un altro escamotage" gli disse infatti lei, rialzando il capo e guardandolo per la seconda volta negli occhi.
Kripke parve infastidito dalla risposta della bambina. Dopo aver sbuffato e roteato gli occhi, si rivolse nuovamente a lei e con fare seccato, ammise ad alta voce la sua sconfitta (se così possiamo definirla):
"Punto per te Margaret. Questa te la concedo."
Detto questo, rivolse lo sguardo verso di me e con lo stesso tono canzonatorio utilizzato per prendere in giro Margaret, chiese:
"E dimmi un pò amabile signorina Jones, ma questa tappetta da dove l'hai tirata fuori?"
La rabbia che provai verso di lui per via di quel suo insulto gratuito fu talmente elevata che ancora adesso mi sale il nervoso al solo pensarci. Ho sempre accettato la cruda verità di essere più bassa rispetto ad una persona della mia età, ma farmelo notare in questo modo era proprio una mancanza di rispetto nei miei confronti. Stetti per tirargli un calcio negli stinchi, ma Margaret (la quale ha sempre avuto più autocontrollo rispetto a me), prese subito le mie difese e le sue parole frenarono questo mio gesto sul nascere.
"Lei è Valentina, la mia migliore amica! E lasciala stare, che non ti ha fatto niente!"
Kripke mise le mani avanti, come se volesse simulare un gesto di resa. Successivamente, disse:
"Ok, va bene, non te la tocco. Piuttosto, dovremmo pur avvisare i genitori di questa bambina. Neanche lei dovrebbe entrare qui dentro senza permesso." Poi, voltatosi verso di me, mi chiese:
"Allora bambolina, dove sono mammina e papino?"
Fissandolo con aria corrugata, non risposi. Vedendolo oramai come un individuo di cui non dovevo assolutamente fidarmi, non volevo certo dargli la soddisfazione di sentire la mia voce. Purtroppo però, non lasciò perdere e anzi, continuò a girare il dito nella piaga come se nulla fosse:
"Cosa succede? Il gatto ti ha per caso mangiato la lingua? Avanti, dì al vecchio zio Kripke chi sono mamma e papà. Non hai nulla di cui temere. Non sono uno che morde, sai?"
Questo era decisamente troppo. Come si permetteva quell'essere ignobile di definirsi come mio zio, nominativo che tra l'altro utilizzavo per richiamare l'attenzione delle persone a cui volevo un mondo di bene?
Potrebbe non sembrare così, ma vi assicuro che aveva toccato un tasto molto dolente.
Presa da un'ira sempre più crescente, alzai la testa, lo guardai in viso e gli urlai addosso:
"NON TI PERMETTERE MAI PIÙ DI DEFINIRTI MIO ZIO, RAZZA DI BRUTTO BASTARDO!!! LEONARD E SHELDON SONO LA MIA FAMIGLIA, NON TU!!!"
Il mio scatto di rabbia sorprese tutti e due. Margaret mi squadrò con la bocca spalancata e gli occhi sgranati, mentre Kripke indietreggiò di un paio di passi. Successivamente, quest'ultimo si riavvicinò nuovamente a me e assai stranito mi chiese:
"Aspetta, non starai parlando di Cooper e di Hofstadter, spero..."
"E invece si. La cosa ti turba per caso?" gli risposi io acida.
"Frena un attimo, non mi starai seriamente dicendo che i tuoi effettivi genitori sono proprio Cooper e Hofstadter, vero?" chiese nuovamente lui.
"Sto dicendo esattamente questo. Mi hanno adottata e adesso vivo con loro. Ripeto: la cosa ti turba?" gli chiesi per la seconda volta, sentendo il nervoso che si stava nuovamente impossessando di me.
Sapete quale fu la risposta di quello lì? Ridermi in faccia. E non sto scherzando: si piegò in due dalle risate, come se avessi raccontato una barzelletta con esito esilarante. E mentre continuò a ridere, mi disse:
"AHAHAHAH!!! Dai, non puoi dire sul serio! Dimmi che stai scherzando, ti scongiuro! AHAHAHAH!"
Ridendo come un deficente, non si rese neanche conto che io lo stavo guardando seriamente, con le braccia conserte. Non stavo ridendo e non stavo affatto  scherzando.
Resosi poi conto di come lo stavo fissando, preso ancora da qualche risolino, mi chiese:
"Ahaha, cos'è quello sguardo serio? Non eri ironica a riguardo?"
"NO!!!" gli urlai in faccia spazientita.
Improvvisamente, ritornò totalmente serio e, guardandomi con stampato in volto un ghigno sinistro, mi disse:
"Uhm, se quello che dici è vero, sarebbe meglio avvisare il tuo caro paparino su ciò che è successo, non credi?"
Detto questo, Kripke afferrò il mio braccio destro con la sua mano sinistra e iniziò a trascinarmi, senza darmi il tempo di protestare. Margaret, la quale era rimasta ancora intontita, resasi conto di ciò che stava succedendo, ci seguì a passo svelto. Provai ad opporre della resistenza fisica, ma ero troppo piccola per poter resistere alla forza di un uomo adulto. Dopo aver salito qualche rampa di scale e dopo aver percorso un paio di corridoi senza aver incontrato anima viva, ci ritrovammo davanti ad una porta e fu proprio lì che Kripke mi lasciò andare. Ancora scossa, mi avvicinai il più possibile a Margaret e, presa dall'agitazione, le chiesi:
"Dove siamo?"
"Davanti all'ufficio di Cooper" mi rispose lei, con la voce leggermente alterata.
Sentite quelle parole, ero certa di una sola cosa: l'intera situazione non era affatto rosea. Proprio per niente.
L'adulto al nostro fianco cominciò a bussare più e più volte alla porta e nel mentre, cercò di richiamare l'attenzione di Sheldon, canzonandolo come aveva fatto con me e con Margaret:
"Cooperino paparino, c'è una cosa di cui dovrei parlarti."
Non potevo accettare che quel tipo iniziasse a prendere in giro pure Sheldon. Incazzata come non mai, stetti per tirargli un pugno al centro della schiena, ma Margaret mi fermò, facendomi capire con lo sguardo che non avrei risolto nulla e che anzi, avrei solo peggiorato la situazione.
Nel mentre, sentì una voce alquanto familiare provenire dalla stanza davanti a noi:
"Barry Kripke, se questa è una delle tue solite prese in giro, adesso non ho proprio tempo da perdere. Ho molto da fare" disse infatti Sheldon, apparentemente infastidito per essere stato disturbato.
Alcuni di voi staranno sicuramente pensando che l'intera questione si sia chiusa qui. Niente affatto, cari miei. Kripke aprì di colpo la porta senza preavviso ed entrò come se niente fosse. Sheldon, il quale era seduto davanti alla propria scrivania, fissò il suo collega con occhi sgranati e, senza battere ciglio, gli disse:
"Sei nel mio ufficio."
"E quindi?" gli chiese l'altro.
"Nessuno può entrare nel mio ufficio senza il mio consenso."
"Si, si, come vuoi. Veniamo subito al sodo: non ci crederai mai, ma qui fuori c'è una bambina che crede che tu e Hofstadter siete i suoi veri genitori. Ahahahah! È assurdo, non trovi?"
"Oh santo cielo!" esclamò esasperato Sheldon.
Kripke richiamò poi la mia attenzione e, lentamente, entrai in quell'ufficio, seguita a ruota da Margaret.
"Oh, grandioso! Già che ci siamo, organizziamo pure una festa e iniziamo a bere come spugne! Tanto, questo è uno spazio aperto a tutti, no?!" esclamò nuovamente Sheldon, appena ci vide entrare.
"Avanti Cooper, dii le cose come stanno a questa bambina, prima che si fasci la testa con altre bazzecole" disse Kripke, indicando me.
Conoscendo Sheldon, per qualche attimo pensai che avrebbe preferito dare retta al suo collega. E invece, non fu così. Dopo aver sospirato, guardò Kripke negli occhi e gli rispose dicendogli solo la nuda e cruda realtà dei fatti:
"Odio ammetterlo, ma mi hai messo con le spalle al muro. Non sono mai stato bravo a mentire e, se lo facessi, temo purtroppo che la situazione possa diventare più imbarazzante di quanto non lo sia già. Perciò, reputo che sia più dignitoso dirti la verità. È vero, la bambina in questione vive con me e il dottor Hofstadter. Ma è lui il suo vero e proprio tutore. Io, al massimo, mi occupo solo della sua educazione e nulla di più."
Senza dire nulla, fui molto grata a Sheldon per aver detto la verità e, sfoggiando un'espressione soddisfatta, ruotai la testa verso Kripke e lo guardai in viso.
Quest'ultimo aveva finalmente spento quel suo sorrisetto irritante e, con tono serio, fece notare a Sheldon che non aveva fatto un buon lavoro, in quanto ero finita per girovagare all'interno del laboratorio di biologia senza la vigilanza di un adulto. E a detta sua, gli avevo pure mancato di rispetto mentre lui cercava di farmi capire dove avevo sbagliato. Ovviamente mi venne da chiamarlo
"stronzo" per via di quella sua immensa parata di culo e sapete cosa ottenni? Una strigliata da parte di Sheldon, il quale mi ricordò che non aveva alcun problema a segnarmi un'ulteriore strike sulla mia fedina penale.
Per paura dell'avverarsi di questa sua minaccia, abbassai lo sguardo e mi zittì.
Successivamente, sentì Kripke domandarsi sul perché non avesse ancora sentito parlare di tutta questa faccenda. La risposta di Sheldon fu la seguente:
"Non sei obbligato a conoscere ogni singolo affare riguardante la mia vita privata. Esistono delle questioni di cui non mi sento a mio agio a parlarne in un ambiente lavorativo. E questa è una delle suddette. Avendoti messo in chiaro questa nozione, credo che tu non debba sapere altro. Esci dal mio ufficio e lasciami lavorare. Mi hai fatto sprecare fin troppo tempo dietro a questa ridicolaggine."
Kripke finalmente si congedò, chiudendo la porta dell'ufficio e lasciando me e Margaret in compagnia di Sheldon. Non prima però di aver detto quest'ultima frase:
"Hai ragione Cooper. È meglio se vi lascio ai vostri problemi familiari. Presumo che abbiate molto su cui discutere, vedendo come sono andate le cose. Beh, che altro dire... arrivederci bamboline e ci si vede in giro, paparino!"

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