10. Il tempo

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"Se non ci fosse stata Lilith accanto a me, nessuna mi avrebbe mai trovato prima del giorno dopo"-ammise Walburga di fronte all'infermiera, che stava facendo un controllo generale dopo l'incantesimo di Petrificus Totalus.

"Cazzate"-pensò Lilith.
Perché stava cercando di proteggerla, se era stata proprio lei a scagliare l'incantesimo?

"Sembra che tu stia molto meglio cara, comunque sia ti prescrivo un giorno di riposo con un permesso per assentarti dalle lezioni"-disse Madame Lobosco allontanandosi per andare a stilare l'autorizzazione per Walburga.

"Perché lo stai facendo? Sai benissimo che sono stata io, potresti dirglielo e semplicemente farmi sospendere dalle lezioni"-bisbigliò Lilith con cura di non farsi sentire dalla Lobosco e da altri studenti presenti.

"Tesoro, non ti sto proteggendo perché siamo amiche, la nostra amicizia è finita nel momento in cui hai preferito aiutare quella stracciona piuttosto che me, ma non mi serviresti fuori dalla scuola, o peggio, se la nostra reputazione di amicizia dovesse svanire. Ti ho in mano come un foglio di carta"-sentenziò Walburga con un ghigno soddisfatto.

Ed era vero. L'unica cosa che manteneva viva la sua reputazione era l'amicizia con Walburga. Lei era temuta perché era sua amica. La gente non la feriva, o peggio, denigrava, solo perché era riuscita a trovarsi un'alleata. Lei, da sé, era solamente una sporca mezzosangue.
E lo sapeva.

"Tu sei solo una..."-Lilith stava iniziando ad alzare il tono di voce, ma l'arrivo dell'infermiera la bloccò.
"Ecco qua cara, sentiti libera di tornare se dovessi accusare qualche sintomo insolito, qualche volta la pozione di Mandragola dà mal di testa!"-la Lobosco aiutò Walburga ad alzarsi dal lettino, per poi rivolgersi a Lilith -"Sei stata una benedizione, mia cara, se non ci fossi stata tu chissà per quanto ancora sarebbe rimasta in quel bagno da sola...se solo potessi sapere chi ha avuto la faccia tosta di pietrificare una ragazza così buona!"

"Sì..."-rispose Lilith caricando il braccio di Walburga sulla sua spalla per portarla fuori dall'infermeria.

Una volta raggiunta l'uscita, e chiusa la porta dietro le sue spalle, Walburga tolse immediatamente il suo braccio da Lilith, iniziando a camminare da sola in perfetta forma verso il corridoio contornato di quadri.

Lilith era sola. E per di più, ora doveva sottostare ai comodi della Black.
Non era altro che un pezzo di carta nelle sue mani, che, se lei avesse voluto, avrebbe tranquillamente spezzato a metà.

La Vervain decise di cambiare strada e di deviare verso il cortile della Torre dell'orologio, per raggiungere più in fretta la sua amata guferia.
Era quasi sera, e l'aria cominciava a rinfrescare.

La brezza autunnale perpetrava nella divisa di Lilith, che a passo spedito procedeva scendendo le scale. Si sentiva un fantoccio, ma del resto lo era diventata nel momento in cui aveva deciso di aiutare Davina.
Le sue urla ancora risuonavano nella testa di Lilith, e ogni qual volta lei chiudeva gli occhi, riusciva a vedere la sua pelle ustionata sotto il getto di acqua bollente.
Le sue lacrime che solcavano il viso.
La disperazione nei suoi occhi.
Ancora una volta riuscì a sentirne le urla.
Le gambe ritirate verso il petto.
Le mani che stringevano disperatamente le ginocchia sperando di creare dolore altrove e distaccarsi da quello che stava provando su tutto il resto del suo corpo.
Le coltellate infernali che le trafiggevano lo stomaco.
La stanchezza.
La mancanza di voce.

Questi pensieri accompagnarono Lilith per tutto il tragitto, con la consapevolezza che, però, aveva salvato una persona.
Quella persona che aveva chiuso fuori dalla stanza innumerevoli volte.
Quella persona che invidiava così tanto per i suoi genitori così supportivi.
Quella persona che entrando in una stanza riusciva ad attirare le attenzioni di tutti i presenti.
La sua mente, quella la invidiava più di tutto.

Venena -TMRDove le storie prendono vita. Scoprilo ora