3

507 32 2
                                    

Capitolo     3

Lavorare mi aiutò a distrarmi. A scollegare per un po' la mente.

Il sabato non avevo mai tregua se non durante l'ora di pranzo. Quello era l'unico momento in cui potevo respirare.

Preparai due pizzette a sfoglia e due bibite e le servii a due ragazze nel tavolo in fondo.

Quando stavo per appoggiarmi al bancone la porta tornò a tintinnare.

Alzai gli occhi, un sorriso stanco in volto.

La mia espressione mutò rapidamente.

"Che ci fai qui?!" sbottai.

Margaret, la mia collega di cinquantaquattro anni, strabuzzò gli occhi.

"La perdoni, è stata una settimana impegnativa." si riferì a Jason con un tono estremamente dolce che poche volte le avevo sentito usare.

Jason sorrise, appoggiandosi con i gomiti sul banco in alluminio. "Non si preoccupi, sono abituato ai modi rudi della signorina qui presente." disse.

Alzai gli occhi al cielo.

"Oh, vi conoscete." constatò.

"Si, da parecchio tempo." rispose. Continuò a sorridere.

"Già." mugugnai.

"Non fare finta che ti dispiaccia." ribatté.

"Allora? Vuoi che ti prepari qualcosa o sei qui soltanto per infastidirmi un po'?"

"No, ho bisogno di un caffè rigenerativo. È stata una settimana pesante anche per me." disse.

Mi voltai e gli preparai un caffè. Sentivo il suo sguardo addosso. Con la coda dell'occhio lo vidi osservare il mio abbigliamento.

Indossavo l'uniforme lavorativa: un abito a mezze maniche, lungo fin sopra al ginocchio, blu notte e un grembiule bianco legato in vita. Per questioni igieniche tenevo i capelli legati in una coda di cavallo alta.

"Ecco a te il tuo caffè."

lo beveva amaro. Non sapevo neanche come facesse.

In quel momento entrò qualcun altro.
Brandon, un cliente abituale, entrò a passo svelto e con un enorme sorriso in volto.

"Buongiorno." mi salutò. Si sporse sul bancone e mi baciò su una guancia.
Arretrai di un passo, presa alla sprovvista.

"Ti ho portato il pranzo." disse, porgendomi un sacchetto di carta.

"Non c'era bisogno." scossi la testa.

"Invece si, non fai neanche una pausa. Ne hai bisogno o a fine serata sverrai." insistette.

"Sono abituata ma grazie." mormorai, leggermente imbarazzata.

Jason ci fissava silenzioso mentre sorseggiava il suo caffè che sembrava interminabile.

"Vado. Se hai bisogno di qualcosa, chiamami." mi fece l'occhiolino. Non me l'ero sognata.

Come un razzo scappò via. Lavorava nell'edificio accanto. Aveva due anni in più di me. A volte si sedeva e rimaneva a farmi compagnia, era piacevole chiacchierare con lui.

"Mi ha lasciato il suo numero di telefono sulla carta."

Margaret sbirciò curiosa. "Quel ragazzo ha tentato ogni strategia." commentò.

"Non è vero." obiettai, mettendo via il sacchetto.

Jason appoggiò la tazzina. Pensavo se ne sarebbe andato invece non accennò a volersi alzare.

Colpo di fulmine Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora