17

320 22 3
                                    

Capitolo 17

Mi si gelò il sangue.

"Cosa?" esclamai, balzando in piedi.

Lo seguii mentre spostava oggetti con agitazione.

"Dove vai? Vengo con te." Gli dissi.

"È già in ospedale. L'hanno trasportato d'urgenza."

Corsi in camera mia e mi vestii rapidamente, con le prime cose che trovai.

Fuori faceva freddo, ci volle un po' prima che l'auto fosse pronta per partire. "Andiamo, accidenti." Sbottò Jason.

"Jase, credi di potercela fare? Forse dovrei guidare io."

Scosse la testa. "Ce la faccio."

Mi strinsi tra le spalle e mi appoggiai al finestrino, cercando di mantenere la calma.

Jason mi guardò poi si sporse nei sedili di dietro e mi porse una felpa. "Mettila, c'è un freddo terribile."

Per tutto il tempo tenne lo sguardo fisso davanti a sé, le mani strette attorno al volante così forte da perder ogni colore.

In ospedale erano già presenti i genitori di Ben, ridotti in pezzi. Sua mamma, che avevo già visto tante volte ai tempi del liceo, piangeva con disperazione contro la spalla del marito.

"Jason!" singhiozzò, quando lo vide arrivare.

"Ciao Beth." Mormorò. "Mi dispiace." Mormorò con voce incrinata.

"Come va là dentro?"

"È conciato malissimo. Sappiamo poco, solo che si è ribaltato con l'auto ed è rimasto incastrato tra i rottami. Hanno detto che le speranze sono poche..."

"Non dirlo" pianse la moglie.

Dovetti sedermi perché la testa prese a girarmi. Il pensiero di Ben in quello stato mi diede un senso di sconforto indescrivibile.

"Mi informerò sulle dinamiche e ve lo farò sapere al più presto." Gli promise Jason.

Poi venne a sedersi accanto a me. Alzò gli occhi al soffitto, cercando di trattenere le lacrime.

Allungai una mano sulla sua e gliela strinsi.

Non parlò, io rispettai il suo silenzio. Rimanemmo tutta la notte lì. Senza accorgermene mi ero addormentata contro quel muro scomodo. Mi svegliai distesa su un fianco con la testa appoggiata sulle gambe di Jason.

"Buongiorno." Disse, rivolgendomi un debole sorriso.

"Accidenti, mi si sono chiusi gli occhi senza rendermene conto."

"Meglio così, almeno avrai più forze per lavorare. Anche perché non è successo niente."

"Nessuna notizia?"

"È uscito dalla sala operatoria. Adesso è in terapia intensiva."

Richiusi gli occhi e sospirai profondamente.

Li riaprii di scatto. "Arya." Mormorai. "Dovremo dirglielo."

Jason annuì.

"Ci penso io."

Tornammo a casa insieme per farci una doccia e riprenderci un minimo da quella notte devastante.

Lo lasciai che si stava riposando qualche minuto per andare al lavoro. Passai dove abitava Arya.

Suonai. Venne ad aprirmi una ragazza che supposi fosse la sua coinquilina universitaria.

"Ciao, c'è Arya?"

Colpo di fulmine Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora