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capitolo ventitré

Alle quattro e cinque minuti la porta d'ingresso di casa si aprì. Jason era tornato a casa.

Come ogni notte in cui lavorava lo sentii incamminarsi in bagno, farsi una doccia veloce e rintanarsi nella sua stanza.

Mi alzai dal letto, in punta di piedi percorsi il corridoio. Lentamente aprii la porta della sua stanza. fresco di doccia, era bellissimo. Con solo dei boxer a coprirlo, mi godetti la vista del suo magnifico corpo che emanava il buon profumo del suo bagnoschiuma. Adoravo i suoi capelli bagnati, erano di un riccio definito.

Mi schiarii la gola.

Lui si voltò di scatto.

"Che fai ancora sveglia?" sussurrò fissandomi.

"Non avevo molto sonno. Ti aspettavo." Risposi, sedendomi sul bordo del suo letto.

Accatastò tutto ciò che aveva accumulato sul letto in una sedia abbandonata nell'angolo della stanza. con movimenti stanchi andò a stendersi al centro.

"Allora? C'è qualcosa che devi spiegarmi?" gli chiesi.

Lui fece finta di niente. "Non penso."

Inarcai un sopracciglio. "Ah no? Sono sicura che tu ti sia presentato al mio capo come il mio ragazzo e che l'abbia accusato di essere una malalingua?"

Ghignò. "A tal proposito. Sono molto offeso con te. Non gli hai parlato di me."

"Fino a qualche giorno fa non pensavo neanche che ti interessassi. Ero pronta a cercare una nuova casa in cui trasferirmi." Gli feci notare.

"Come hai potuto pensare qualcosa di simile? Ho cercato te in ogni donna con cui mi sono approcciato." Mormorò. Quella dichiarazione mi scaldò il cuore. "Pensavo a te, come fossi diventata, cosa stessi facendo... eri bellissima e brillante, nella mia testa eri già sposata con una famiglia. Poi ti ho vista... tu parlavi di cosa ti aveva fatto quello stronzo... e io non riuscivo a smettere di pensare a quanto fossi bella... nella mia testa ho incominciato ad architettare un piano per incastrarti a me. Non capisci? Niente è stato un caso"

Gli afferrai la testa e lo baciai con prepotenza. Lui grugnì.

"Avevo in mente una punizione per te ma penso che la sospenderò." Disse. Mi prese per la vita e mi attirò a sé, baciandomi di nuovo. Trascorremmo minuti così, finché non avemmo più fiato. In un momento di poca lucidità ribaltò le posizioni, schiacciandomi sotto al suo corpo.

Mi fissò con quei suoi occhi, ardenti di desiderio, che domandavano in silenzio il permesso di spingersi oltre.

M'innervosii.

Mi alzai sui gomiti.

"Jase..." sussurrai.

Lui sospirò. "Ho corso troppo?" chiese, preoccupato. "Si, ho decisamente corso troppo."

"No." Scossi la testa. "Ma..." mi bloccai, mi sembrava di aver improvvisamente dimenticato come parlare. Arrossi.

"Ma?" mi incitò.

Mi sedetti davanti a lui, tenendo lo sguardo fisso sulle mie mani che stavo torturando.

"Zoey?" mi chiamò. "Dimmi qualcosa. Non so cosa ti stia passando per la testa ma puoi dirmelo, qualsiasi cosa sia."

Quelle parole mi rassicurarono.

"Ti... ricordi quando ho detto che con Ryan ho sempre... finto?"

Jason annuì. "Me lo ricordo, però eri mezzo brilla. Non sapevo come prendere quell'informazione."

"Era vero. Ogni volta che ci abbiamo provato. Non sono mai riuscita a..."

Colpo di fulmine Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora