Capitolo tredici

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Louis si alzò dal letto quando sentì bussare alla porta

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Louis si alzò dal letto quando sentì bussare alla porta. Stava aspettando da un po', calciando con impazienza i piedi contro il telaio del letto, fissando la porta. Ora, finalmente, si aprì e Liam e Niall entrarono.
"Louis!" Niall lo salutò, tirandolo in uno stretto abbraccio. Faceva un po' male, la sua spalla era ancora un po' dolorante, ma non disse niente. "È bello vederti, amico. Eravamo molto preoccupati."
"Scusa," mormorò, accarezzando la schiena di Niall con la mano libera.
"Lascia che lo abbracci anche io," si lamentò Liam, spingendo via il biondo. Avvolse Louis tra le sue braccia, stringendolo molto più delicatamente di quanto avesse fatto Niall. "Come ti senti?"
Louis lo abbracciò di rimando, sospirando. "Non poi così male, in realtà."
"Hai sorpreso tutti noi, sai?" Liam gli diede una pacca sulla spalla.
"Non è niente di grave, però," li rassicurò. Guardò la borsa nella mano di Niall. "Per favore dimmi che ci sono vestiti lì dentro."
"Non possiamo lasciarti prendere un volo per Londra in camice da ospedale, vero?" Commentò il biondo, consegnando la borsa.
Louis tirò fuori i vestiti e iniziò con i jeans, mettendo un po' il broncio quando vide che non ci riusciva. "È incredibilmente difficile da fare con una sola mano."
"Ecco perché siamo qui," fece notare Liam, allungando una mano per trascinare il denim sulle sue cosce.
Louis arrossì. "Zayn lo sa?"
Liam rise, abbottonandogli i jeans. "Perché? C'è qualcosa che non mi stai dicendo?"
"Non fare l'avvocato con me," lo prese in giro il castano.
"Adesso arriva la parte difficile," annunciò Niall, porgendogli un maglione.
Il giovane aggrottò la fronte quando lo vide. "Non è mio. Quello è... di Harry," si rese conto.
"Oh," Niall si strinse nelle spalle. "Beh, lui ha preparato la tua roba."
Louis lo guardò. "Che cosa?"
"Harry si è preso cura di fare le valigie," spiegò Liam. "Dato che, sai, dobbiamo prendere un volo tra tre ore."
Quindi Harry aveva preparato i suoi vestiti, ma non aveva ritenuto necessario venire anche in ospedale. Va bene, ieri aveva detto a Lottie che avrebbe dovuto dire agli altri che non era necessario andare a trovarlo. Dopotutto, era stato in ospedale solo per questa notte. Eppure, in qualche modo aveva sperato che il riccio si sarebbe fatto vivo.
"Quindi è meglio fare in fretta," aggiunse Niall, tirando una manica sul braccio buono di Louis.
Faticarono un po' per fargli indossare il maglione, ma alla fine e con l'aiuto di Liam e Niall, Louis era pronto a partire. Li seguì fuori dalla stanza, già preoccupato di come avrebbe dovuto togliersi i vestiti quella sera. Probabilmente sarebbe dovuto restare da sua madre per un po'.
Prima di lasciare l'ospedale, Louis dovette firmare alcuni documenti, probabilmente firmando una piccola fortuna. Poteva solo immaginare quanto gli sarebbe costato pagare l'operazione e la degenza in un ospedale straniero. Sperava che le sue assicurazioni ne coprissero almeno una parte.
"Questo è tutto," disse Niall, esaminando le carte che aveva firmato. "Possiamo andarcene."
"Non vedo l'ora di tornare a casa," mormorò il maggiore, uscendo dall'ospedale.
Si fermò sui suoi passi quando vide Harry. Era vicino alla macchina che Liam aveva noleggiato, il viso pallido e le braccia incrociate davanti al petto. I suoi occhi sembravano stanchi, occhiaie violacee sotto di essi, e strascicava nervosamente i piedi.
"Non voleva entrare," mormorò Liam, spingendolo ad andare avanti. "Pensavi davvero che non sarebbe venuto?"
Louis non sapeva cosa si era aspettato. Aveva sperato che Harry si facesse vivo, ma ora che era lì, non sapeva nemmeno cosa pensava sarebbe successo. L'ultima volta che avevano parlato, avevano litigato. E poi il riccio probabilmente aveva passato un inferno a causa sua.
Liam e Niall sembravano averlo capito, improvvisamente molto occupati con i bagagli nel cofano dell'auto.
"Ciao," disse Harry a bassa voce, distogliendo l'attenzione di Louis da loro. Adesso aveva le mani in tasca.
"Ehi," rispose lui, guardando brevemente il viso del riccio.
"Io-" Harry scosse la testa, aprendo la portiera del passeggero dell'auto. "Come stai?"
"Bene." Louis non si mosse.
Gli occhi di Harry vagarono sul suo corpo, osservandolo accuratamente.
"È stata solo una lacerazione," fece notare il castano. "Mi dispiace averti preoccupato."
Per un momento, Harry si limitò a fissarlo intensamente, e il castano si chiese se si sarebbe buttato su di lui da un momento all'altro, ma poi il riccio si voltò, la sua espressione dolorosamente colpita. "Dovremmo andare, ragazzi," disse a Niall e Liam. "Dobbiamo prendere un volo."
"Va bene," disse Liam, mettendosi al volante.
"Hai bisogno di aiuto?" Chiese Harry rigido, tenendo la porta aperta per lui.
"Posso sedermi da solo," mormorò. Si sedette sul sedile del passeggero e armeggiò con la cintura di sicurezza per un secondo prima di capire come allacciarla con una mano sola.
Harry salì dietro di lui e Niall gli si sedette accanto sul sedile posteriore. Quando Liam mise in moto, erano tutti tranquilli, la musica della radio riempiva il silenzio. Louis guardò fuori dal finestrino, osservando il paesaggio bianco che volava letteralmente.
"Saremo dovuti andare a Barcellona," commentò, guardando Liam.
L'amico rise, girando a sinistra. "Avresti trovato un modo per farti male anche a Barcellona."
"Chiaramente no," disse lui, prendendo la presa in giro come una distrazione dal dover pensare a Harry tutto il tempo. "Non c'è neve."
"Ci sono altri pericoli," commentò Niall. "Gaudì è stato investito da un tram."
"Ma non sono un artista pazzo," sottolineò il castano.
"Non era pazzo," disse Harry da dietro di lui, suonando cauto. "È stato brillante."
"Hai visto la casa in cui viveva?" Chiese Louis, alzando le sopracciglia. "Decisamente stravagante."
"In realtà, non l'ho fatto," rispose Harry. "Ho visto solo foto e immagini."
Louis ansimò, voltandosi - o almeno tentando di farlo. Il suo gesso non gli permetteva di voltarsi quanto voleva. "Non mi hai mai detto che non sei stato a Barcellona, prima d'ora."
Harry rimase in silenzio per un momento. "Non è mai venuto fuori."
"Questo è un crimine," mormorò lui. "Devo assolutamente-" si fermò, ammutolendo. Portarti lì, pensò, ingoiando le parole. Gli sarebbe piaciuto partire con il riccio e mostrargli la città, perché non aveva alcun dubbio che Harry l'avrebbe amata. "Comunque," disse invece. "Non mi sarei rotto un braccio se avessimo deciso di andare a Barcellona."
"Forse non un braccio rotto," cinguettò Niall, "ma una gamba rotta."
"Forse ti saresti ritrovato tu con qualcosa di rotto," sogghignò Louis, tirando fuori la lingua verso il biondo.
Niall rise come un maniaco, come se l'idea fosse davvero divertente per lui. Continuarono a chiacchierare facilmente per tutto il viaggio in macchina, e il castano notò che Harry taceva di nuovo, non partecipando affatto ai loro discorsi. Liam gli lanciava occhiate preoccupate ogni tanto.
Raggiunsero l'aeroporto e mentre Harry e Niall andarono a cercare gli altri, Louis andò con Liam a restituire le chiavi della macchina. Guardò l'amico firmare alcune carte e consegnare le chiavi, aspettando che si voltasse di nuovo verso di lui, pronto a partire.
"Ehi, Liam," disse, mettendosi al passo con lui.
Liam gli sorrise, le mani nelle tasche del cappotto. "Sei preoccupato per Harry?"
Louis strinse le labbra, annuendo. "Non riesce nemmeno a guardarmi."
"Sì, l'ho notato," disse Liam, scrollando gentilmente le spalle. "Non sono sicuro di come reagirei se fosse successo a Zayn."
"Voi due siete diversi," fece notare lui. "State insieme."
Liam sbuffò. "Questo non cambia i tuoi sentimenti verso di lui, vero?"
Louis scosse la testa. "No."
"E non cambia ciò che Harry prova per te," chiarì Liam. "Sono sicuro che non sa come avvicinarti dopo- beh, quello."
"Può vedere che sto bene, giusto?" Disse il maggiore. "È solo un braccio rotto. Non morirò. Gli ho detto che sto bene."
"Questo non significa che lui stia bene, però," ribatté l'amico.
Louis notò il loro gruppo, che li aspettava alla consegna dei bagagli. "Cosa intendi?"
"Non è compito mio dirtelo, ma per non dire altro," aggiunse Liam, guardando di nuovo Louis, "ieri sera stava malissimo. Pensa che sia colpa sua."
"In realtà la colpa è mia," mormorò il castano.
"Non è colpa di nessuno," lo corresse Liam. "Ma non importa. Fidati solo di lui e vedrai che tutto si sistemerà."
"Non dovrebbe essere troppo difficile," disse Louis, prendendo un respiro profondo. "Mi sono fidato di lui nelle ultime settimane, mi fido sempre di lui. Posso estendere questa fiducia anche a questo argomento."
Liam rise dolcemente, lasciandogli una pacca sulla spalla. "Non diventare impaziente adesso."
Louis non riuscì a rispondere, perché Mallory lo vide e corse verso di lui. "Zio Louis!"
Si accovacciò per prenderla, facendo una smorfia quando lei si schiantò contro di lui, contro il suo gesso. Il suo braccio libero le avvolse la vita, attirandola a sé. "Ciao, principessa," mormorò, accarezzandole la schiena. "Stai bene?"
Lei annuì, tirandosi indietro abbastanza da guardarlo. "Ho dormito nel tuo letto stanotte," gli disse, prendendogli la mano mentre lui si alzava di nuovo. "Lo zio Harry ha detto che non ti sarebbe dispiaciuto."
"Non mi dispiace, infatti," confermò, sorridendo. "Hai fatto un brutto sogno?"
Mallory scosse la testa. "Non volevo che zio Harry fosse solo," abbassò la voce. "Era molto triste perché doveva andare a letto da solo."
Quelle parole perforarono il suo cuore, facendo appesantire il suo petto. Alzò lo sguardo su Harry, trovandolo che li osservava con un sorriso gentile. Quando i loro occhi si incontrarono, il sorriso del giovane si congelò e si voltò rapidamente, parlando con Barbara.
"Ehi," lo salutò Zayn, abbracciandolo attentamente. "È bello vederti."
Louis abbracciò tutti, confermando più e più volte che stava bene. Lasciarono i bagagli e passarono dai controlli di sicurezza, arrivando al gate poco prima che si aprisse. Per tutto il tempo, Harry mantenne una certa distanza tra loro, e stava in piedi accanto ad Eleanor quando attraversarono i controlli di sicurezza e si sedette accanto a Kian al gate.
Nell'aereo, Louis aspettò che Harry si fosse seduto vicino al finestrino prima di sedersi accanto a lui, senza lasciare al giovane alcuna possibilità di sfuggirgli. L'espressione di panico sul viso del riccio lo turbò, e stava per accarezzargli la mano per calmarlo quando qualcuno gli toccò la spalla.
"Voglio sedermi con te e lo zio Harry," disse Mallory, imbronciata.
"Certo, amore," concesse Louis. "Siediti."
"Nooo," disse. "Voglio sedermi in mezzo a voi."
"Naturalmente," concesse immediatamente Harry. "Nessun problema."
Louis alzò gli occhi al cielo, ma si alzò per spostarsi verso il sedile lato corridoio, lasciando che Mallory si sedesse in mezzo a loro. La bimba si allacciò la cintura di sicurezza e si chinò su Harry per guardare fuori dal finestrino. Lui le mise una mano sulla schiena e si sussurrarono qualcosa l'un l'altro, mentre il ragazzo indicava alcune cose fuori.
Il volo durò circa due ore e Mallory trascorse la maggior parte del tempo a scarabocchiare sul suo gesso. Disegnò uccelli e figure stilizzate su skateboard, tazze da tè, aeroplani di carta e poi giocò una partita di tris con Harry, che quest'ultimo vinse. Brevemente, Louis pensò di farsi tatuare tutto questo, ma respinse subito l'idea. Non poteva assolutamente farsi tatuare gli scarabocchi di sua nipote su tutto il braccio.
A Londra, Zayn lo aiutò a rimettersi la giacca mentre aspettavano i bagagli. Il lato sinistro pendeva appena dalla sua spalla, coprendo il gesso. Harry prese la sua valigia dal nastro trasportatore e poi aspettò che tutti gli altri raccogliessero anche i loro. La sua fu l'ultima ad apparire e il riccio raccolse anche quella.
"Prenderemo la metropolitana," disse Max, indicando la stazione della metropolitana.
"Verremo con te," Zayn si aggiustò il borsone sopra la spalla.
"Fammi una chiamata, sì?" Borbottò Liam, mentre abbracciava Harry prima di voltarsi verso Louis. "Guarisci, amico. Ci vediamo."
"Ci vediamo," concordò, chiedendosi perché Liam voleva che Harry lo chiamasse.
Salutò anche tutti gli altri, dicendo a Lottie di non preoccuparsi quando lei non lo lasciava andare. Solo quando tutti se ne furono andati, si accorse che Harry era scomparso. Con una sensazione pesante agli arti, si voltò; solo per scoprire che il riccio gli stava già tenendo aperta la porta di un taxi.
"Pensavo te ne fossi andato," mormorò.
Il tassista si prese cura delle loro valigie e Harry fece un passo indietro per dare a Louis abbastanza spazio per salire sul taxi. "Preferisco assicurarmi che torni a casa tutto intero."
"Non è che io voglia uccidermi, Harry," gli ricordò Louis.
Harry sorrise leggermente mentre prendeva posto. Diede all'autista l'indirizzo dell'appartamento prima di rivolgersi a lui. "Lascia che ti porti a casa, okay?"
Il maggiore guardò fuori dal finestrino quando il tassista uscì dal parcheggio. "Non mi stavo lamentando."
Rimasero in silenzio per il resto della corsa e ogni volta che Louis guardava Harry, lui guardava fuori dal finestrino, pizzicandosi il labbro inferiore tra il pollice e l'indice. Era una delle sue abitudini nervose.
Il riccio pagò l'autista quando raggiunsero l'appartamento, e poi prese entrambe le loro valigie quando il taxi ripartì.
"Posso prendere da solo la mia valigia," protestò il castano, seguendo Harry.
"Come pensi di portarla su per le scale?" Chiese il riccio e prontamente lasciò cadere entrambe le valigie quando arrivarono al portone.
Louis rise, non poté trattenersi. "Andiamo, ne prendo una."
"No," negò il ragazzo, indicando le scale, le sue guance arrossate. "Puoi andare avanti ed aprire la porta. Io arrivo tra un minuto."
Sospirando, Louis prese in considerazione l'idea di protestare. Non era qualcosa per cui avrebbero dovuto litigare, però. Se Harry era così determinato a portare la sua maledetta valigia, glielo avrebbe permesso. Salì le scale e aprì la porta, inspirando profondamente quando entrò.
Era appena riuscito a togliersi la giacca quando Harry entrò, posando entrambe le valigie. Sembrando indeciso, rimase in piedi nel corridoio, la porta dietro di lui ancora aperta.
"Grazie per avermi portato a casa," disse Louis, appendendo la giacca all'attaccapanni.
Harry annuì brevemente, guardandolo. "Vuoi che me ne vada?"
Aveva mandato via il taxi, pensò Louis, ma senza dirlo ad alta voce. Eppure, a quanto pare, Harry aveva programmato di restare, altrimenti avrebbe lasciato aspettare il tassista. "Dipende," rifletté, scrollando le spalle. "Hai intenzione di tornare?"
Si rese conto di quanto fosse pesante quella domanda una volta uscita fuori. Non l'aveva intesa in quel modo, nemmeno lontanamente, ma il suo tono amaro forse aveva rovinato tutto. Harry lo fissò come un cervo catturato dai fari. Con un profondo respiro, il castano fece un passo avanti, allungando una mano, ma il riccio fece un passo indietro, le braccia premute sui fianchi.
"Penso," disse Harry, senza guardarlo mentre cercava la maniglia della porta, "potresti aver bisogno di aiuto per disfare la valigia e. Sai."
Louis rimase in silenzio, cercando di capire cosa fare o dire. Harry era stato strano e distante tutto il giorno, ma con quel commento, lo aveva spinto ancora più lontano. Guardò il riccio chiudere la porta e togliersi le scarpe, e per tutto il tempo non lo guardò nemmeno una volta. Invece, entrò nell'appartamento senza dire una parola, portando la valigia in camera da letto. Louis lo seguì, rimanendo sullo stipite e guardando il giovane disfare i vestiti di Louis.
Era strano vedere Harry proprio lì dopo tutto questo tempo. Questo appartamento non era più una casa per lui da così tanto tempo, non la sentiva calda o familiare da mesi. In quel momento, tuttavia, la presenza di Harry la faceva sentire così familiare e giusta.
"Devo ordinare del cibo?" Chiese il castano timidamente. "Non ho voglia di correre da Tesco e cucinare."
Harry non si voltò verso di lui, si limitò ad annuire mentre ordinava la valigia.
Il giovane guardò la valigia del riccio ancora in piedi nel corridoio mentre andava in cucina. Cercò di non pensare al significato metaforico del fatto che Harry fosse in camera da letto in quel momento, ma la sua valigia era ancora sulla porta.
Ordinò da un ristorante indiano e poi giocherellò con i riscaldatori, assicurandosi che fossero accesi in tutte le stanze. Per il momento, lasciò il ragazzo da solo in camera da letto, decidendo di dargli un po' di spazio. Invece, accese la televisione e si sedette sul divano, cercando di distrarsi dal pensare a Harry.
Era qui. Aveva deciso di restare, e questo doveva significare qualcosa.
"È tutto disfatto," disse proprio il giovane dalla porta dopo un po'.
Louis lo guardò e annuì. "Grazie."
"Nessun problema."
Non c'era tono nella voce di Harry. Era come se fosse completamente privo di emozioni. Si prese un momento, poi indicò lo spazio accanto a lui sul divano. "Perché non ti siedi?"
Il riccio sembrava indeciso al riguardo, e fu risparmiato dal dover rispondere quando suonò il campanello. Si voltò per andare alla porta e tornò con una borsa pochi minuti dopo.
"Ho preso dieci sterline dal tuo portafoglio," disse mentre apriva le scatole di cibo. "Non ne avevo abbastanza con me."
"Non dovevi pagare per niente, Harry," gli fece notare. "Sei qui per aiutarmi, dopotutto."
Harry scosse la testa, sedendosi sulla poltrona accanto al divano. "Come pensi di vestirti da solo o cucinare?"
"Beh, ho pensato che sarei potuto andare da mia madre per un po'," commentò Louis, scrollando le spalle.
Harry lo guardò, sembrando di nuovo insicuro. "Ah, sì, certo. Ha senso."
Sentendosi sempre più frustrato dalla situazione, Louis si concentrò di nuovo sullo schermo della TV. Voleva dire qualcosa, ma non sapeva come farlo. Harry sembrava voler restare lì, come se volesse essere lui a prendersi cura di tutto, e di certo il castano non era contrario a questo. Neanche un po'. Eppure, aveva bisogno che Harry glielo dicesse ad alta voce, che non si comportasse come un codardo al riguardo e che non fingesse di essere d'accordo con il fatto che andasse da sua madre.
Harry mise il piatto sul tavolo dopo un po', il cibo quasi intatto. Era buio fuori, e Louis pensava che non servisse a niente impedire al giovane di andarsene.
"Penso che farò una doccia e poi andrò da mamma," disse Louis, alzandosi.
Anche Harry lo fece, strofinando i palmi delle mani sulle cosce. "Posso- hai bisogno di aiuto?"
"No, va bene," lo congedò, andando in bagno. Non aspettò di vedere cosa avesse deciso di fare Harry - se fosse rimasto o avesse preso la sua roba e se ne fosse andato. Invece, lottò per togliere il maglione, tirando prima la manica dal braccio incastrato nel gesso. Non era un compito facile e sentì la sua faccia diventare rossa per la concentrazione e lo sforzo, ma quando finalmente ci riuscì, sospirò di sollievo.
Un profondo respiro lo fece voltare. Harry era in piedi davanti alla porta, le mani in tasca e gli occhi puntati sul suo petto. Sembrava stesse soffrendo davvero, e Louis si rese conto che doveva aver visto i lividi sulla schiena di Louis.
"Lou," sussurrò, entrando in bagno.
"Sono solo pochi lividi," lo rassicurò, scrollando le spalle. "Niente di che."
"Hanno un brutto aspetto," protestò Harry. Allungò una mano, ma la ritrasse prima che le sue dita toccassero la pelle di Louis.
Sospeso nel tempo, aspettò, aspettò ciò che Harry stava per fare. Lo sguardo del riccio si spostò sul suo viso, uno strano sguardo nei suoi occhi.
"Non mi spezzerò, sai," fece notare Louis, avvicinandosi. "Se mi tocchi."
Harry inspirò piano, scuotendo la testa. "Non è di questo che ho paura."
Il castano sostenne il suo sguardo. "Quindi cos'è? Perché non mi stai toccando?"
"Perché temo di non essere in grado di lasciarti andare di nuovo se lo facessi," mormorò il riccio, senza distogliere lo sguardo dal suo per la prima volta quel giorno. "E non sono sicuro che tu vorresti che lo facessi."
Per un momento, Louis non poté rispondere, non poté dire una parola. Non era sicuro di come far capire finalmente a Harry che era proprio lì, che stava aspettando e che non doveva mai aver paura intorno a lui. Poteva essere debole, poteva perdersi completamente e magari non sapere dove voleva andare, ma con lui non avrebbe dovuto averne paura. Lui sarebbe stato al suo fianco.
Invece di dirglielo, invece di dire quelle cose ad alta voce, prese la mano di Harry nella sua. Era come se una diga fosse rotta, il corpo del riccio sobbalzò in avanti. Affondò contro il suo, le sue dita si intrecciarono con quelle del maggiore, e il suo viso si adagiò contro l'incavo del suo collo.
"Lo odio," mormorò Harry, il fiato che scorreva sul collo di Louis. "Odio non sapere come comportarmi con te."
"Questo va benissimo," replicò Louis, strofinando la guancia contro i capelli di Harry. "Quando non ti comporti come se fossimo estranei."
Harry rise seccamente. "Non mi sono comportato come se fossimo estranei."
"Mi hai guardato a malapena tutto il giorno."
"Non riuscivo a farlo," protestò il giovane, alzando la testa per guardarlo. "Ho pensato che se ti avessi guardato troppo a lungo, avrei dovuto toccarti. Per assicurarmi che tu stessi davvero bene." Con cautela sfiorò la sua spalla con la punta delle dita. Louis sentì il tocco formicolare sulla sua pelle. Chiuse gli occhi quando il riccio premette delicatamente le labbra contro il grosso cerotto sulla sua tempia. "Ero così spaventato."
"Non è poi così grave," lo rassicurò Louis.
"Ma," iniziò Harry, prendendo un respiro profondo. "Non lo sapevo, Lou. Non mi hanno detto niente."
Louis riaprì gli occhi, trovando lo sguardo di Harry. "Lo so. Lottie me lo ha detto."
"E continuo a pensare," continuò Harry, senza sbattere le palpebre, "e se fossimo stati solo noi due? Non avrei potuto fare niente, avrei dovuto aspettare per-" Si fermò, serrando la mascella. "Ho pensato solo a Lottie, ma Liam ha portato Eleanor."
"Lo so, amore," mormorò Louis. "Nei miei dati personali, è elencata come la mia anima gemella, dopotutto."
La faccia del riccio si accartocciò letteralmente, e trascinò di nuovo Louis contro di lui, strofinando il viso contro la sua spalla. "Ho odiato ogni secondo."
Louis sentì il cuore di Harry battere in modo instabile, veloce e rumoroso. Accarezzò la schiena del ragazzo, calmandolo con dita gentili. "Piccolo..."
"Ho passato la notte con Liam e Niall," disse improvvisamente il giovane, tirandosi indietro abbastanza per guardarlo.
Louis sorrise, non poté trattenerlo. "Non avrei mai pensato potessi fare una cosa del genere."
Harry arrossì, soffocando in una risata. "Non in quel senso."
Louis passò la mano tra i capelli del ragazzo. La luce gialla della lampada da bagno faceva risplendere artificialmente la sua pelle e immergeva i suoi riccioli nell'oro. I suoi occhi sembravano stanchi, ma erano ancora della sfumatura di verde più bella che avesse mai visto. Il suo cuore gli balzò in petto, perché sapeva che erano finalmente alla fine della strada.
"Che hai fatto, allora?" Chiese, mantenendo un'espressione seria.
"Mi rappresenteranno in tribunale," disse Harry, il suo tono carico di ansia.
Per un momento, Louis non rispose, continuò semplicemente a far passare le dita tra i capelli di Harry. Il riccio lo guardava in attesa, il petto che si sollevava a ogni respiro che faceva. Il tempo sembrava completamente immobile e il maggiore escludeva dalla sua percezione tutto ciò che non era Harry. Il verde dei suoi occhi, cosparso di ambra, la morbidezza dei suoi capelli, la sua pelle calda. Ogni dettaglio di quel momento si stava scolpendo nella sua memoria.
"Noi," disse poi, guardando di nuovo negli occhi di Harry. "Rappresenteranno noi."
La postura di Harry si allentò e si abbassò in avanti, mormorando "Lou" prima di chiudere le labbra su quelle del giovane. Louis chiuse gli occhi e mise un braccio intorno al collo di Harry, aprendo la bocca per lui. Il più piccolo sospirò nel bacio e lasciò che la sua lingua scivolasse oltre le labbra di Louis, il quale lo incontrò a metà strada, e si baciarono per quella che sembrava un'eternità. Eppure, finì troppo presto.
Louis strinse le labbra, assaggiando il sapore del riccio su di esse. "Ne sei sicuro?" Chiese quando gli occhi di Harry si spalancarono.
Annuendo, il ragazzo fece scorrere i pollici sulla sua mascella. "Anche se tu non lo volessi più, combatterei per questo. Non voglio mai più sedermi nella sala d'attesa di un ospedale e sentirmi dire che non ho alcun diritto di vederti."
"Non andrò di nuovo in ospedale così presto," sottolineò lui, sorridendo leggermente.
"Non avresti dovuto essere lì in primo luogo," mormorò Harry. "Ma non è questo il punto adesso. Voglio tutto, Louis. Voglio stare con te e voglio essere in grado di sposarti e adottare bambini con te. E se abbiamo la minima possibilità di ottenere tutto questo, allora voglio giocarmela."
"E Luke?" Louis chiese timidamente.
Harry interruppe il loro contatto visivo, guardando il petto di Louis. "Sai che non-"
"Non importa," lo rassicurò Louis, baciando la tempia di Harry. Era difficile dirlo, ma sapeva di doverlo fare. Il riccio doveva sapere che non gliene faceva una colpa. "Anche se tu fossi stato con lui in quel modo. Non importa più. Non stavamo insieme allora, quindi avevi tutto il diritto di stare con lui."
"Non è successo nulla," protestò il ragazzo, guardando di nuovo Louis. "L'ho incontrato, sì. Ma non l'ho mai baciato, e nemmeno gli ho tenuto la mano. Non sono andato a letto con lui, Lou. Non potevo - non quando non riuscivo a dimenticarti."
Lo stomaco del castano si capovolse un po' quando Harry gli mise in testa quelle immagini. Fece un respiro profondo e annuì. "Quindi ti va bene fare tutto questo, anche se probabilmente gli faremo del male?"
Harry deglutì a fatica, ma annuì. "Cercherò di fargli capire. Dovrà capire."
"Okay," concordò il castano, appoggiando la guancia contro la spalla di Harry. "Possiamo farlo."
Il riccio gli baciò i capelli e Louis chiuse gli occhi per un momento. "Ti amo."
Sorridendo, Louis strofinò il naso contro la pelle del giovane, canticchiando in accordo. "Ti amo anche io, piccolo."
"E-" aggiunse Harry, aspettando che Louis lo guardasse di nuovo. "Mi dispiace di essere stato un tale idiota."
Il castano si accigliò e si raddrizzò, scuotendo la testa. "Non dirlo nemmeno, Haz. Non hai nulla di cui scusarti."
"Ti ho ferito," gli ricordò Harry. "Ho distrutto quello che avevamo. Non merito di riaverti."
"Smettila," lo avvertì Louis. Fece un passo indietro, lasciandolo andare. "Hai sofferto altrettanto. Forse anche di più."
"Non avrei mai dovuto farti soffrire in primo luogo, però."
"Va tutto bene, tesoro," lo rassicurò Louis. "Non sei un idiota."
"Lo sono. È colpa mia se-"
"No," lo interruppe di nuovo Louis. "Eri spaventato da qualcosa che è più grande di noi, qualcosa che hai temuto per tutta la vita. Questo non ti rende un idiota. Ti rende umano."
Il riccio sbatté le palpebre, torcendosi nervosamente le mani.
"Mi hai capito, piccolo?" Disse il castano.
"Sì," disse Harry con un cenno del capo. "E ti giuro, adesso non ho più paura."
Louis sorrise, inclinando la testa. "Puoi averne. Finché lascerai che sia lì per te questa volta."
"Lo farò," promise il giovane. "Se avrò di nuovo paura, non scapperò più."
"Bene," concordò Louis. "Non ti farò dubitare di nuovo di me."
"Non hai-"
"Anch'io ho commesso degli errori, Harry," gli ricordò. "Funzionerà solo se ci lavoriamo entrambi."
Harry annuì, sembrando un po' combattuto. I suoi occhi vagarono sul corpo di Louis e di nuovo sul suo viso.
"Che cosa c'è?" Chiese il castano, alzando le sopracciglia.
"Posso toccarti di nuovo?" La voce di Harry era appena al di sopra di un sussurro, le parole stridettero.
Louis si fece avanti, facendo cenno al giovane di avvicinarsi. Prese la mano del riccio e se la premette contro il petto. "Ti è sempre permesso toccarmi."
"Ho solo-" Harry avvolse l'altro braccio intorno al suo corpo. "Non sono ancora pronto per lasciarti andare di nuovo. Volevo stringerti da quando ti ho visto stamattina."
"Beh, nessuno ti ha fermato," commentò Louis. "Ma ora puoi stringermi. E anche più tardi puoi farlo. Ti sarei grato, però, se mi aiutassi a togliermi questi jeans così posso fare la doccia."
"Ti aiuterò anche con la doccia," si offrì il giovane, sbottonando i suoi jeans.
"Apprezzerei anche questo," Louis gli baciò il collo, la sua mano libera scivolò sotto la camicia di Harry. "Con il gesso, però, non credo che possiamo fare sesso lì dentro."
Il giovane scosse la testa, accovacciandosi per spingere i jeans lungo le gambe di Louis. "Non dobbiamo fare sesso. So che non volevi farlo neanche l'altro giorno, quindi-"
"Sappiamo entrambi che volevo," lo interruppe il maggiore, uscendo dai jeans. "Semplicemente non mi piacevano le circostanze in cui ci trovavamo. Tuttavia, sono stato io a iniziare, Harry."
"È solo che- non voglio farti arrabbiare di nuovo," fece notare Harry.
"Mi arrabbierei se non volessi fare sesso con me," lo corresse Louis. "E voglio fare sesso con te ora, soprattutto ora, dopo aver risolto tutto."
Harry si alzò di nuovo, facendo scivolare i boxer del castano sui suoi fianchi. I suoi occhi erano praticamente incollati alle sue labbra.
"Aspetta, aspetta, aspetta," rise Louis, appoggiando la mano sul petto del riccio. "Devi prima aiutarmi con quella doccia."
"Posso farlo," disse Harry, con gli occhi fissi su quelli di Louis.
"Facciamolo, allora." Louis si voltò ed entrò nella doccia. Aprì l'acqua e aspettò che Harry si unisse a lui, tenendo accuratamente il gesso lontano dal getto caldo.
Harry strofinò il sapone sulla pelle del maggiore e gli lavò i capelli. Seguì la schiuma con le labbra e la punta delle dita accarezzò ogni singolo centimetro del suo corpo. Si baciarono ancora e ancora, gustando il sapore di shampoo, amaro e dolce allo stesso tempo.
Alla fine, il riccio riuscì a convincere Louis che il sesso nella doccia era una grande idea, nonostante il gesso. E anche se la spalla gli fece ancora più male in seguito, non se ne pentì neanche un po'.

Nameless Night (Italian Translation)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora