Capitolo 4.

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Qualche giorno dopo tornai a casa dalla mia adorata coinquilina. Parlammo ancora un po' dell'accaduto e di come io mi sentissi in uno status di ansia perpetua visto il trauma che mi trascinavo da anni. Secondo lei a quest'ultimo c'era una soluzione, un rimedio a cui lei avrebbe pensato. Di fatto non mi parlò per una settimana sui suoi progetti, sulle sue preoccupazioni. Si comportava in modo strano, la vedevo sempre al telefono, sembra indaffarata, immersa nella sua agenda a cercare nomi e numeri di telefono propriamente persi nell'oscurità del dimenticatoio. Ogni volta che provavo ad avvicinarmi era un completo fallimento. Non rideva alle mie battute, non terminava le mie frasi, non accettava i miei regali, ne il mio aiuto nello studio. Dall'esterno potevamo dare l'idea di due lesbiche visto il modo in cui la corteggiavo in quei giorni, le preparai addirittura una cena, per ottenere almeno le attenzioni del suo stomaco. Tutto un buco nell'acqua, la sua attenzione era altrove ed io non ero un pianeta nella sua orbita.

Era passata un'altra settimana e stavamo ancora nelle medesime condizioni. Il limite lo avevamo raggiunto quando pur di evitare il mio sguardo anche in una normalissima mattina di sabato si svegliava all'alba per sguazzare contenta nella vasca. Quella mattina però il suo tentativo fallì.

Qualcuno dal dito abbastanza pesante da non capire che il campanello non ha bisogno di essere posseduto ma di essere sfiorato, bussava con insistenza alla nostra porta. Per un istante sperai che nella sua immensa bontà Agata alzasse il sederino dalla vasca ed andasse ad aprire, ma purtroppo sperare in quello era come sperare che un desiderio espresso ad una stella cadente si avverasse.

Mi buttai giù dal letto, nel tragitto tra esso e la porta mi soffermai sullo specchio gridando «Un attimo!» controllai i capelli, che insolitamente non si erano arruffati per via del cuscino e le mie condizioni da "pigiama" che obiettivamente potevano essere accettabili. Arrivata alla porta controllai l'orologio "8,30" chi poteva essere a quest'ora di sabato mattina? Guardai dall'occhiello, non mi sembrava di conoscerlo, aprì.

«Buongiorno mi dica..» e fu un attimo.

Bastò qualche nanosecondo, il tempo che i miei neuroni potessero riconoscerlo e trasmettere segnali di pericolo ai sensori del mio corpo che..

«Ma buongiorno "Bambolina"» la porta si richiuse, percolo scampato.

Sentì Agata mugolare qualcosa dal bagno, entrai per ascoltarla «Chi era?» chiese curiosa

«Uno scocciatore» era il primo discorso che facevamo dopo l'accaduto

«Di sabato mattina?»

«A quanto pare. Mica aspetti qualcuno?»

«In teoria si, ma non mi ha mandato nessuna email di conferma, quindi praticamente no.»

Intanto il campanello continuava a bussare.

«Credo che dovrai essere molto più convincente per cacciare il tizio alla porta!»

«Si, lo credo anch'io» le dissi ormai sconfortata.

Tornai alla porta, questa volta non avevo bisogno di sbirciare dall'occhiello, ne aprì quanto bastava per dirgli «VATTENE» richiusi o almeno tentai, il suo piede fece da fermo.

Pochi secondi dopo mi trovai il maniaco per casa.

«Bambolina lo sai che non si trattano così gli amanti?» disse afferrandomi per un polso.

«Non credo tu possa rientrare in quella categoria! – cercai di divincolarmi dalla presa – Cosa vuoi?»

«Oooh come siamo focose, bambolina. – al prossimo epiteto l'avrei decapitato! – Comunque non sono venuto qui per te. Avevo un appuntamento, un orario ed un indirizzo. – guardava in giro quasi seccato. – Forse mi hanno voluto fare un regalo. »

Cercai di mantenere il sangue freddo il più possibile. Studiai la situazione.

Alto 1,70 cm, moro, muscoloso, maglietta aderente, jeans e giacca di pelle.

Detta così sembra che lo stia squadrando, giuro che mi serve per attuare un piano di difesa. Conoscendo Agata non si sarebbe mai uscita dal bagno, potevo uscirne solo con le mie forze.

Cercai di divincolarmi ancora « Non penso ti abbiano voluto fare un regalo..» provai a dargli un calcio ai gioielli. Tentativo fallito.

« No, no bambolina queste cose non si fanno. – Mi trascinò per il corridoio. – Che ci sarà mai in queste stanza? Ooh tò guarda,la camera da letto.» pensai al peggio.

Mi spinse sul letto di Agata, con una mano mi girò in modo che potessi guardarlo e con prepotenza si adagiò su di me. Seguì il suo sguardo e da quello sembrava che mi stesse facendo un'analisi veloce, si soffermò sul mio collo sul quale dopo poco sussurrò:

« Non avranno voluto fare un regalo a me, ma di certo ti hanno architettato un bello scherzetto bambolina»

Prese quello come punto di partenza, iniziò a baciarmi. Il mio sistema nervoso sembrava essere andato in corto circuito, solo le gambe ogni tanto, tentavano qualche movimento. Il mio volto girato dalla parte opposta e zittito dalla sua mano sulle labbra «Ti piace così se non ricordo male, bambolina...».

In quel momento avrei voluto gridargli "NON LO SO BRUTTO COGLIONE! NON MI PIACE FARE SESSO, SONO TRAUMATIZZATA IO!!! E SE PRIMA POTEVO AVERE UN RICORDO VAGO DI COME TUTTO FOSSE ANDATO IN MALORA, BEH GENIO DEL MALE SAPPI CHE MI STAI FACENDO PASSARE QUELLA MISERA VOGLIA CHE MI ERA VENUTA DI RICOMINCIARE!"

« Su dai non fare quel faccino – disse poi fermandosi per un momento. – Hai una faccia disgustata,ma hai la pelle d'oca. Sono bravo sai? Ti farò dimenticare tutti i tuoi problemi!»

Fucilatelo!

Pochi secondi dopo un rumore in lontananza, sembravano passi, fortunatamente lui non si era accorto di nulla. Ma certo, era Agata! Fonte di salvezza venuta ad aiutarmi.

La vidi fermarsi sulla soglia della porta in accappatoio, incredula di quanto stava guardando.

Iniziai a gridare supplichevole e lei? Rise.

Era un complotto!

Comodamente si sfilò l'accappatoio per indossare maglia e pantaloncini, mentre il tizio su di me aveva fatto un'escalation di baci scendendo fino alla soglia del seno. Finita, mi sentivo finita ed i brividi di premorte ne erano la prova. Fin quando..

« ARRIVA LA BOMBA!!» se ve lo dico non ci credete.

«Ma chi caz**...Agata cara!» Agata cara?

Spiazzata su di lui, che giaceva su di me, la sottoscritta schiacciata da due pesi morti. Risero.

Comodamente, poco dopo si alzarono posandosi sull'altro letto.

«Da quanto tempo sei arrivato?»

«Giusto qualche minuto»

«Che mi racconti di bello?» che fossero...

«Solite vecchie cose.»

«Hai letto i miei messaggio?»

«E' per questo che sono qui!»

I loro sguardi simultaneamente si girarono verso di me,che ancora inerme me ne restavo allibita tra la scena precedente e la successiva. Com'era possibile?

«Non dirmi che...»

«Mi è sembrato di capire che già vi conoscete...»

«In un certo senso.» disse avvicinandosi «Bambolina io adesso vado,ma ci vedremo presto.»

Un bacio sulle labbra e una porta chiusa.

«AGATA!!!»

Adesso ero davvero incazzata!

#spazioautore

Ma voi avete capito cos'è successo??! Ed il bello ancora deve venire!

A voi, ve gusta? Fatemi sapere con un piccolo commentino. 

Intanto pausa esami e poi pubblico il prossimo, voi se volete aiutare questa povera puella, già sapete cosa fare. 

Grazie per avermi dedicato un attimo della vostra vita. Con la speranza di avervi lasciato un sorriso vi saluto e ci vediamo al prossimo cap.

xOxO

Un maestro da lettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora