6.
Ore 10.00 come da programma, io ed Agata fuori l'indirizzo di Adam.
Ore 10.00 come da programma, presa dal panico sottovoce mi avvicino all'orecchio sinistro della bionda «Non preferiresti dei deliziosi cerali?»
Ore 10.05, la stronza incurante bussa al citofono.
Attendemmo meno di mezzo minuto prima di sentire una voce femminile parlare dall'altro lato.
«Avete un appuntamento?» fu la domanda secca
«Si, sono Agata ho mandato ieri un messaggio per confermare.»
Qualche secondo «Ultimo piano porta a destra.»
Il cancello si aprì.
Un condominio anonimo, in una città anonima con un segreto enorme. Non c'erano targhette di condomini residenti, ne un misero portiere ad accogliere all'entrata, solo numeri.
Agata aveva composto uno di quei codici per bussare al citofono, ma che io sapessi solitamente a questi erano associati poco vicino anche i cognomi delle famiglie,ma non qui.
«Dove hai preso il codice?» chiesi incuriosita
«Me lo hanno inviato tramite messaggio»
Salimmo in un'ascensore dalle pareti vetrate e anche in questo caso notai che sulle porte vi erano solo numeri, nessun nome.
Arrivammo al decimo piano, bussammo alla porta a destra targata col numero 10. Com'era possibile che ci fosse solo un appartamento per piano?
Poco più lontano dalla porta notai una scala che proseguiva verso l'alto. Questo non doveva essere l'ultimo piano.
Quando la porta si aprì ad accoglierci fu una ragazza mora dai lunghi capelli lisci. La seguimmo per un po', poi ci fece cenno di accomodarci in quella che sembrava una sala d'aspetto.
«Mi hai portata in un manicomio?» sussurrai
«Ti ho detto che era un tipo professionale?»
«Secondo me gestisce un giro di prostituzione»
«Ma che dici?!»
Non ebbi tempo di replicare che gli occhi della mora dall'angolo della sua scrivania sembrarono fissarmi
«Il padrone tarderà qualche minuto.»
Agata fece un cenno di assenso, io ormai al limite dello shock le sussurrai «Padrone??!! Giuro che se mi hai portato in qualche ambiente sadomaso, poi ti ci prendo io a frustate fin quando non mi supplichi di ucciderti!» rise.
Qualche minuto passò e presa dall'ansia decisi di alzarmi e di gironzolare un po' per la sala in cerca di un qualche misero indizio su tutta questa storia.
La sala era sobria, incentrata sui colori del grigio e bianco. Al centro della grande parete frontale vi era solo un piccolo orologio che scandiva il passare del tempo e a lato, una vetrata che si affacciava sul quartiere. Il resto erano solo sedie, divanetti e vecchi giornali. Mentre continuavo il mio giro di perlustrazione, notai Agata scattarsi un selfie e per quanto la cosa fosse fuori luogo, vedere le sue smorfie mi strappò un sorriso,ma non demorsi dalla mia ispezione.
Mi avvicinai alla pseudosegretaria.
«Ci vuole ancora molto?» chiesi in modo cortese
«Qualche minuto.» e dov'era la novità?
«Lo conosce da molto?»
«Chi, il padrone?» e a quel nomignolo i suoi occhi brillarono
«Già» pregai al mio volto di non assumere espressioni disgustate
«Lo conosco da molto tempo. E' un ragazzo in gamba. Riesce in tutto quello che fa e fin ora non ha mai perso un caso. Tutte le pazienti gli sono grate, ogni tanto continuano a farsi sentire per ringraziarlo, anche dopo mesi...»
E mentre lei continuava a parlarmi quasi come una devota del "padrone", notai una cornice scura sulla scrivania. In foto vi erano due bambini, un maschietto ed una femminuccia.
«Sono tuoi nipoti?» le chiesi presumendo la sua giovane età. Lei quasi infastidita dall'interruzione delle lodi, mi rispose con un secco no.
La mia mente intanto era partita. Sarà che della mia vita avevo letto più libri che giocato a bambole. Riconobbi i sintomi di una storia con il tizio, forse lui nemmeno lo sapeva, forse lei sperava che un giorno si sarebbe accorta di lei e che come in un film i due sarebbero convogliati a nozze.
Niente tornai ai mio posto ancor più disgustata.
Agata era ancora intenta a postare i suoi ultimi pensieri "filosofici" sulla vita. La sottoscritta fissava quel piccolo orologio immerso nella parete "Potevano sprecarsi a metterne uno più grande" e dovevo avere sicuramente un espressione scettica perchè i miei pensieri furono risposti come per magia da quell'odioso che era appena entrato «Serve per convogliare l'attenzione bambolina»
I miei nervi, qualcuno calmi i miei nervi.#spazioautore
Sto recuperando su >.<
Fatemi sapere se vi piace.
Aspetto vostri commenti
XOxO
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Un maestro da letto
Chick-LitMorena, una ragazza come le altre: grande lettrice ed amante della musica e dell'arte, vive la sua vita in un appartamento in condivisione con un'amica, lontana dai genitori. Il suo appartamento è una via di fuga da quelle tradizioni a i suoi vorreb...