Capitolo 13

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13.

Venerdì.

Credo che inesorabilmente la ricerca del vero amore non si ritrovi nei corpi perfetti, ma nelle anime che combaciano.

Ecco questo era il mio pensiero filosofico circa il mio "Oh cazzo, questa tuta da neve mi fa sembrare un maiale pronto sgozzo!"

Mi guardavo allo specchio e come al solito non mi piacevo, sono 11 mesi che ho intrapreso questa eterna fissa-rapporto con me stessa, la via d'uscita la vedevo solo alla fine di un lungo tunnel di cui io avevo spolverato solo l'entrata.

Ormai non potevo farci niente. Ero lì e dovevo indossare quel coso, per sembrare come quel coso e che cos'ero...ecco mi ero depressa!

Mi stesi sul letto a quattro di bastoni, sento la porta bussare «Lasciatemi morire da sola!»

«E' la reazione per la tuta vero?»

«Si» e ci stringemmo in tragico abbraccio io e mia sorella

«Moriremo insieme» mi disse, mentre ci lasciavamo cadere sul letto.

Senza permesso, senza bussare, sento entrare canticchiando «Sono un figurino, sono un figurino!»

Mio cognato alla Ned Flanders, stretto nella sua tutina rosso fuoco attillata «Guardate che culo!»

SOPPRIMETELO!

Alla velocità di un bradipo mi alzai e andai a lavarmi i denti, il mio unico pensiero erano solo quelle "oche" delle amiche di Robert con i loro corpi scultorei e la voce di uno tacchino sgozzato.

«Non le pensare, non è detto nemmeno che ci siano!» Agata spuntata come per magia mi aveva già capito «Non è un caso che tu sia qui»

Ultimamente la mia vita girava attorno al caso: mi ero cimentata nelle lezioni di Adam e non ne trovavo via d'uscita, al solo pensare alla sera precedente quasi mi venivano i brividi. Eppure forse era il mio atteggiamento che era stato sbagliato. Mi ero subito messa nell'ottica della sfida senza pensare di poter fare altro. Che ci faceva lì? E perché le nostre strade sembravano sempre incrociarsi?

Potevo chiedergli questo. Potevo chiedergli uno shottino, ma la mia testa era già partita e la serata si era conclusa come tutti sappiamo.

Fui l'ultima a scendere dal piano.

Lo chalet era davvero molto caldo e accogliente.

Quando ero arrivata non l'avevo apprezzato per davvero, dalle scale si vedeva la tavolata della sala da pranzo dove tutti stavano facendo colazione.

Robert era a capo tavolo, vestito con una tuta bianca e blu, non appena incrociò il mio sguardo mi indicò un posto vuoto alla sua sinistra

«Ti porto del caffè?» 

«Grazie mille» nell'alzarsi mi diede  un bacio sulla guancia «Buongiorno principessa.»

Arrossì in un lampo, ero abituata ad essere trattata come una bambolina, non come una principessa!

I ragazzi si sedettero al lato opposto del tavolo, insieme a noi c'erano due ragazze e tre ragazzi che poco dopo seppi essere dei cugini alla lontana di Robert che come lui in quel periodo passavano nello chalet di famiglia per godersi le piste innevate senza disturbi turistici.

«Voi come avete conosciuto Robert?» ci chiese una delle cugine.

Poco prima aveva detto di chiamarsi Angy, aveva i capelli rossi ed era un'apprendista avvocato.

«È una lunga storia...» tentennai

«No perché non fa altro che parlare di te. Ma dico lo hai stregato?»

Un maestro da lettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora