L'esilio

33 5 1
                                    

Era accovacciato contro un muro nel buio, respirava dalla bocca per non far rumore. Strisciò a terra per un chilometro poi si alzò e corse a tutta velocità su quella distesa deserta innalzandosi in volo già con una buona spinta. Iniziò a sbattere le ali convulsamente per allontanarsi il più in fretta possibile, vedeva la distesa immensa di acqua non molto lontana. Il suo cuore già stava facendo le capriole di gioia ma finì tutto in fretta. Una rete con dei pesi lo costrinse a terra e lui grido furioso, imprecando come un vecchio soldato. 

"Ragazzo tu ci farai uccidere tutti!" Gli tolsero la rete e lo aiutarono a rialzarsi, lui gli guardò torvo ma afferrò la mano che gli porsero. 

"Ciao Gabe, Teser e Ven. Come va ragazzi ?" Sorridevo sbieco grattandosi la nuca.

"Smettila e muoviti che oggi mia moglie mi ha cucinato qualcosa che non è brodo. Sul serio amico devi smetterla, sono anni che vai avanti così ogni giorno. Cosa farai se dovessero cambiare guardie, guarda che quelli ti infilzano." 

"Si, si lo so. Sono fortunato ad avere voi ma lo sarei ancora di più se mi faceste passare." Guardò i tre con gli occhioni e loro risero.

" Figliolo ci rimettiamo tutti le teste e le nostre famiglie pure se scappi." 

"Ah già, tua moglie ha già partorito Gabe?" Il soldato si tolse l'elmo grattandosi i capelli. 

"Magari l'avesse fatto, è una fiera. Preferisco rincorrere te che stare a casa con eli." Blake si mise in mezzo abbracciando Gabe e Ven. 

"Dai oggi è il mio compleanno non potete fare finta che vi scappa e lasciarmi scappare."

"L'hai già usata la scusa del compleanno, ricordi il mese scorso? Sei vivo grazie al consigliere e noi pure, se scopre che ci sei sfuggito la morte è la prospettiva migliore per noi. " Teser il più anziano lo rimproverò mentre ritornava alla città di terracotta. Tutta rossa, con un terreno arido e secco. Blake odiava quel posto, era caldo e infertile , non vi cresceva nulla e si nutriva perennemente di bestiole e radici disgustose che resistevano all'estremo calore. Gli abitanti avevano scaglie e lui doveva usare unguenti speciali per non cuocersi al sole, così come i poveri uomini che erano incaricati di tenerlo d'occhio. Ogni tanto barche approdavano e portavano provviste o prigionieri di guerra e ribelli riempivano la città rossa, ma oltre a pochi visi di nephilim quel posto era morto. Si fermarono davanti al posto di guardia e lo fecero passare.

"Vale davvero la pena rischiare la tua vita ogni giorno? Sono passati anni Blake, lei è sposata ed è la regina." Una fitta di dolore si diffuse in ogni centimetro di lui.

"E' chiusa in una gabbia dorata."

"Come fai a dirlo, dicono che governa con il pugno di ferro peggio persino del re." Lo sentiva, sapeva quanto era infelice. Angel era parte di lui e la collana gliela mostrava sempre, lei in piedi sulla terrazza a piangere, in camera a intossicarsi di erbe per sopportare le mani di Gabriel.

"Non mi fido di ciò che dicono, io la conosco." I tre sospirarono stanchi.

"Dovresti provare a rifarti una vita, certo questo non è il miglior posto del mondo ma c'è qualche  donna che non ha scaglie e belle curve." Blake si girò stizzito, disgustato al solo pensiero di toccare un'altra donna che non fosse lei.

"E va bene ho capito, ci vediamo domani. Almeno lasciami dormire fino all'alba prima di tentare. I miei figli mi stanno esaurendo." 

"Non ti prometto nulla Teser, fate attenzione alle scret quelle bastarde pungono che è una meraviglia." Girò sui talloni dirigendosi alla sua piccola casa. Odiava quella maledetta sabbia rossa, gli  ricordava il sangue e si infilava ovunque. Sentiva la mancanza perfino di Dante, rimpiangeva il verde  delle radure e poter combattere. In quel buco dimenticato dal cielo sopravviveva estraendo minerali con tutti gli altri esiliati, poi rincasava e tentava la fuga in ogni modo. Nemmeno una volta aveva pensato di darsi per vinto. 

Dimenticare eh? Come se si potesse mai dimenticare Angel e quei occhi verdi.

Si buttò sul letto stropicciandosi la faccia, aveva il viso arso dal sole e i suoi capelli scuri si erano schiariti, gli occhi sembravano fatti d'oro in quel posto. Come poteva dimenticare Angel e i suoi baci, aveva aspettato una vita per sentirle dire che lo amava e quando l'aveva fatto il suo mondo esplose. Viveva per lei, ma ora che non c'era e non aveva nessuno da proteggere o da convincere a combattere si sentì solo. Rinchiuso in una terra morta con persone schive. Strinse la lacrima dei giganti nella mano callosa.

Mostramela ti prego!

Aspettò ma la pietra non si illuminò, rimase scialba nella sua mano. Aveva perso il colore rosso ed era quasi tornata di quel blu accecante. Quella era l'unica cosa che lo legava a lei, una parte di Angel era in quel cristallo.

E se non provasse più nulla per lui, se l'avesse dimenticato? In fondo sin dall'inizio l'angelo l'aveva conquistata, forse l'aveva perdonato e aveva scelto di dargli tutto. Si girò su un fianco rannicchiandosi, crogiolandosi in quelle paure. L'aveva sentita il girono delle nozze, quella pressione sul petto che stritolava tutto. L'aveva vista in quell'abito bianco che si guardava allo specchio, distrutta e bella come l'ultimo fiore in mezzo ai cadaveri. Una lacrima salata bagnò il suo viso ricordando il profumo della sua pelle bianca e il contatto del suo corpo snello. Avrebbe dovuto far l'amore con lei quando glielo chiese tremante, avrebbe dovuto prenderla tra le braccia e farla sua. Cancellare dal  corpo le tracce di Gabriel, ma non l'aveva fatto perché aveva ancora timore di quell'atto. Ora si malediceva nel buio della  stanza per la sua codardia. Chi era senza di lei? Uno schiavo che non riusciva a liberarsi dalle catene, un soldato ribelle che cercava di proteggerla, un amante ferito che aveva dedicato tutta la sua vita a lei.

E se davvero l'avesse persa per sempre?

EllyonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora