Paradiso

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Blake finì di spaccare gli ultimi ciocchi di legno prima di posare l'ascia a terra e coprirsi con un maglione. Il mare era in subbuglio e il cielo grigio, segno che sarebbe arrivata una bella tempesta. Ispirò a pieni polmoni l'aria salmastra osservando l'orizzonte blu dalla costa. Da lassù sembrava che montagne e mare si unissero per formare un'unica striscia di terra, il cielo era un tutt'uno con l'acqua e loro erano al sicuro. Erano lontani e soli su quella piccola costa, l'anno era passato in fretta e lui ci aveva messo poco a sentirsi a casa tra la foresta e il mare. Prese la legna in braccio e aprì la porta con un calcio. Si diresse in cucina dove sistemò i ciocchi nel camino accendendo il fuoco. Dall'altra stanza sentiva la voce melodica di Angel cantare una ninnananna. Sorrise ancora prima di entrare nella stanza, fremendo per l'anticipazione di stringere la sua famiglia tra le  braccia. 

Angel era al centro della camera con la loro bambina in braccio, la  piccola Sorin.  Le strinse entrambe in un abbraccio beandosi della risata di sua moglie e i suoni gioiosi di sua figlia. Diede un bacio ad entrambe prima di prendere la neonata dalle braccia della madre e farla volteggiare con lui per la camera. Angel si sedette sul bordo del letto guardandoli, sentendosi il cuore traboccare di gioia. Guardava Blake che aveva ripreso peso e non aveva più bisogno di camuffare le sue bellissime ali grigie, Sorin era ancora piccola perché le spuntassero e si sentì già rabbrividire al solo pensiero di dover assistere a sua figlia sofferente. Era la prima volta in vita sua che si sentiva così felice, senza incubi, senza tormenti e senza di lui. Era innamorata della vita, innamorata di Blake e più che innamorata della creaturina che aveva portato in grembo per  mesi.

Blake posò Sorin nella culla quando  iniziò a dormigli tranquilla sul petto, appena toccò il lettino Eeermi saltò vicino a lei accarezzandole il viso e canticchiando le sue strane melodie che tanto piacevano alla bambina. Lo spirito si rifiutava di separarsi da lei, adottandola come sua protetta. Sorin era amata da tutte le creature e quello fu chiaro il secondo mese dalla sua nascita, quando qualsiasi essere vivente si avvicinava a lei per osservarla. Blake rimase fermo ad osservarla dormire e avrebbe continuato se non avesse sentito sua moglie tirarlo per la maglia. 

Si sua moglie, non  importava che non avesse un anello al dito ne tanto meno che non avessero celebrato le nozze davanti ad un sacerdote; avevano fatto molto di più la notte in cui si erano riuniti, in cui avevano concepito la gioia della loro vita. Si lasciò trascinare dalla donna in cucina e si sedette al tavolo mentre la guardava preparare una tazza di thals che a lei tanto piaceva. Guardò il suo corpo  e l'abito bianco che indossava, da quando aveva lasciato Ellyon non aveva  mai più messo un vestito scuro .Ogni mattina si alzavano con tranquillità, si beavano dell'amore che esplodeva nei loro petti per Sorin e a volte quando lei dormiva giocavano ad allenarsi in giardino. Giocavano perché Angel non si impegnava e per lui era solo una scusa per metterle le mani ovunque e farla ridere. Nemmeno Dio poteva immaginare quanto amasse quella risata e quei occhi verdi dove ora vi rivedeva anche quelli di sua figlia, identici a quelli della madre. Angel li pose la tazza e lui la prese in braccio accarezzandole i capelli  cresciuti, gli scostò delicato osservando l'orribile cicatrice che le era rimasta tra collo e spalla.

"Oh smetti di guardarla, non ha nulla di diverso dalla tua." Trasalì sentendo le dita affusolate di Angel tracciare il contorno della sua ferita. Istintivamente Blake lasciò scivolare le mani sui fianchi della ragazza, sorridendo quando vide la pelle d'oca diffondersi. La prese in braccio e lei trattenne il verso di sorpresa per non svegliare la piccola. Guardò Blake in faccia ma si sciolse immediatamente quando vide quei occhi scuri pieni di amore e bisogno. Sentì le sue labbra morbide poi i cuscini  sotto la  schiena.

"Blake...Sorin sta dormendo di la." Tracciò la sua mascella con baci scendendo giù , riuscendo a strapparle un gemito di piacere. 

"Esatto, sta dormendo con Eeermi. Questo vuol dire che niente può svegliarla." Cominciò a toglierle  il vestito e lei non riuscì a sottrarsi a quelle mani, già in ecstasy per il profumo del suo corpo. Adorava il modo in cui la baciava, come le mani tracciassero il contorno della sua figura sfiorandola appena, ancora timido ma molto più padrone di sé. Era sicura che se avesse saputo che effetto le facesse un  semplice sguardo non avrebbe esitato in molte occasioni. Affondò le dita nei  boccoli, fremendo per la sensazione di morbidezza e familiarità. Lo baciò smaniosa di assaporare tutto di lui, di divorare ogni piccolo particolare che aveva sempre conosciuto ma non in quella maniera intima. 

Il suo naso che si arricciava quando rideva, la mano nervosa tra i capelli quando Sorin piangeva, l'inumidirsi delle labbra prima che la baciasse. Le occhiate furtive che le lanciava quando cullava la loro bambina nel prato, mentre lui lavorava il legno intagliando giocatoli o sedie o panchine. 
Amava le piccole smorfie che faceva quando non riusciva ad aggiustare qualcosa o quando non sapeva più come far sorridere Sorin, amava persino la sensazione dei grossi calli passati sulle sue gambe quando di sera si stendevano uno di fianco all'altra e lui la accarezzava da capo a piedi come  fosse un mantra. Un rito inderogabile a cui non poteva sottrarsi e a cui dedicava se stesso con piacere. Amava tutto di quel nephilim, fatto di sole e di legna e di erba fresca appena tagliata, di pane bruciato al mattino. Sorrise al ricordo di Blake con la faccia piena di fuliggine intento a cucinare qualcosa per lei. Tutte quelle piccole cose che non avrebbe mai sognato di condividere con qualcuno, tutti piccoli gesti che le erano indispensabili. 

"Vorrei tanto essere nella tua testa piccola." Lo vide sopra di lei senza maglia, assolutamente perfetto con le sue cicatrici e la pelle liscia, leggermente scura. Si alzò sul sedere baciandogli il petto, il collo, il mento. Sentì il sapore salato sulla  pelle e capì che era andato a nuotare quando lei stava ancora dormendo. 

"Ti basta chiedere, lo sai." Si fermò davanti alle sue labbra, sentendo il respirò di Blake sul viso. 

"A cosa stai pensando?" Le sfiorò le labbra quando parlò e un calore insopportabile si diffuse nel basso ventre. 

"A te. A quanto tu sia fottutamente perfetto. A quanto tutto questo sia fottutamente perfetto." Lo baciò famelica togliendo ogni pezzo di stoffa, buttando via gli indumenti come se bruciassero. Avvinghiandosi a lui subito dopo, lasciando che le mani di Blake la portassero in paradiso. Soffocando ogni gemito, rubando tutti i suoi respiri. Non esisteva più Ellyon, né il villaggio né Gabriel. Esistevano solo loro; tre cuori su una piccola costa desolata. Il loro giardino pieno d'ortaggi e le sculture di Blake sparse in ogni angolo della casa. Esisteva solo più la risata cristallina di Sorin e gli occhi caldi di Blake, i suoi baci divini e quelle mani che la facevano impazzire ogni volta che si posavano su di lei. Tra i lamenti di piacere Blake riuscì a stento a formare un frase. 

"Angel...così finisce che avremmo presto un altro figlio." In risposta lei lo attirò a sé ancora di più e lui soffocò la  voce per l'improvvisa sensazione mordendosi le labbra. Perse il controllo e la divorò su quel piccolo divano dove il fuoco illuminava i loro corpi intrecciati. Le loro ombre danzavano sulle pareti mentre i due continuavano a rubarsi baci e carezze. Blake non avrebbe saputo descrivere l'amore che provava per lei, niente sarebbe stato sufficiente a descriverlo. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per le sue donne, avrebbe ucciso e arso e commesso crimini atroci per proteggerle dal mondo. Per lui non esisteva più nulla  se non la sua bambina e sua moglie e dopo tutti gli anni di sofferenza, dopo tutte le lacrime e il sangue versato non avrebbe permesso nemmeno a Dio di sfiorarle. Si perdeva nel corpo di Angel e nei suoi baci di miele, nei suoi occhi di foresta e nella sua voce melodica che cantava solo per lui e Sorin. Tutto quello di cui aveva bisogno era a portata di mano e se avesse potuto incontrare se stesso da giovane si sarebbe detto di resistere e continuare ad aspettarla. Avrebbe persino sopportato torture peggiori se tutto quello alla fine l'avesse portato a lei e a quello. 

Al suo paradiso.

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