La decomposizione dell'angelo

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Rientrò nel palazzo che era mattino, aveva Angel in braccio svenuta e una misera giacca copriva la sua nudità. Nessuno osò guardarli e nemmeno lui osò guardare la donna che aveva nel petto. Sentiva i suoi lunghi capelli solleticarli la gola, il suo corpo aveva l'odore delle pilaya e la pelle aveva i segni delle sue mani. Si sbrigò ad entrare nella stanza e non ebbe il coraggio di guarire le ferite che lui stesso aveva procurato. La lasciò nel letto e spiccò il volo dalla terrazza incapace di guardarla oltre.

Quando Leonardo ritornò fu accolto da un clima lugubre e tutti i servi evitarono il suo sguardo. Chiese più volte dove fosse Gabriel ma nessuno seppe rispondergli. Ebbe il presentimento che fosse accaduto qualcosa di orribile ma nessuno osò dirglielo. Si diresse verso le stanze di Angel intento a parlarle dopo mesi di reclusione ma le donne lo bloccarono sulla soglia. Avevano lo sguardo spaventato e addolorato.

"Ma insomma per l'angelo cosa diavolo è successo? Sono mancato soltanto per un giorno, cos'è sta aria da funerale?" Ancora nessuna risposta ed il nephilim si spazientì, aveva una spiacevole sensazione nello stomaco ma sperava di sbagliarsi. Cercò di spostare le donne ma lo afferrarono disperate al che le guardò confuso. Nessuna serva avrebbe mai osato un tale affronto quindi cosa le spingeva a farlo a discapito della loro stessa sicurezza.

"Che cazzo! Qualcuno mi vuole spiegare prima che vi butti in una cella per insubordinazione?" La ragazza più giovane lo guardò con occhi lucidi e a fil di voce gli raccontò cos'era successo la notte precedente. Leonardo non seppe cosa dire, rimase tramortito come tutti.

"Perché nessuno è intervenuto?" Perché nessuno l'aveva salvato da sé stesso. Inorridì all'idea di ciò che l'angelo fece alla donna che aveva imparato a rispettare e a cui voleva bene.

"Nessuno avrebbe mai osato. Sapete com'è il signor Gabriel nelle sue notti peggiori." E diamine se lo sapeva, era stato lui a subire le sue vessazioni e ingiurie quando si risvegliava credendo ancora di essere sul campo di battaglia. Era lui che lo aiutava quando la sua mente vacillava impazzita tra i ricordi e lo struggimento per quella donna. Leonardo sapeva quanto la amasse ma quello? Scostò le donne che questa volta lo lasciarono entrare e fuggirono subito via.

Trovò Angel sulla terrazza con i capelli sciolti, sembrava così fragile in tutto quel bianco. Le si avvicinò piano.

"Ehi."

Nessuna risposta, continuava a guardare dritta dinanzi a sé come se non lo sentisse nemmeno. Non riusciva a vederle bene il viso così con un briciolo di coraggio la girò verso di sé. Non riuscì a trattenere il verso di sorpresa nel vedere il suo viso livido. I capillari degli occhi erano spezzati, il labbro inferiore spaccato e lo zigomo destro tagliato. Gli occhi del nephilim scesero sul suo corpo e vide i segni delle mani sulla gola. Le scostò i capelli e lei non si mosse , continuando ad avere quello sguardo vacuo. Gli venne da piangere quando vide le mani martoriate e le unghie spezzate, gliele prese con delicatezza e le baciò.

"Angel?" Ancora nulla. Poteva solo immaginare che segni avesse sul corpo, sotto quella veste nera. Crollò a terra , inginocchiandosi ai suoi piedi, versando lacrime per quell'anima sciagurata.

"Mi dispiace, avrei dovuto essere qui. Avrei dovuto proteggerti, me l'aveva ordinato ma ho fallito nel proteggerti proprio da lui. Perdonami."
Piangeva con quella mano pallida e martoriata tra le dita. Lei lo fissò immobile senza proferire parola, ancora assente. Leonardo non tentò più di chiamarla, la riportò delicatamente in camera dove la fece stendere e la ricoprì con le lenzuola. Lei si girò di lato a fissare il vuoto. Uscì dalla stanza con un nodo in gola, sentendosi soffocare e non riuscendo a togliersi dalla mente quel corpo straziato. Era stato una belva, mai avrebbe pensato che avrebbe potuto farle quello. Sapeva quando fosse ossessionato e tormentato da lei, ma quello era troppo persino per una persona deviata come l'angelo. Gli doveva la vita e gli aveva giurato con un voto infrangibile di servirlo fino alla sua morte ma quell'incarico diventò improvvisamente cento volte più arduo.

Passò un mese senza che avesse notizie del suo signore mentre faceva del suo meglio per tenere a bada il senato e il palazzo. Tutti erano agitati e nervosi e nessuno voleva servire Angel. Nessuno voleva vedere quel guscio vuoto così triste e misero. La ragazza non mangiava ne parlava più. Si faceva trattare come una bambola, era dimagrita molto e passava le sue giornate a fisare la città dall'alto. Non voleva uscire dalle sue stanze e non permetteva a nessuno di lavarla, di vederla nuda...
Gli unici suoni che si sentivano dalle sue stanze erano il suo pianto e le  grida di notte, nemmeno Leonardo poteva avvicinarsi a lei in quei momenti.

Poi finalmente in un giorno di tempesta il suo signore ritornò. Entrò nella dimora spaventando tutti, persino Leonardo stesso. Era ricoperto di fango e sangue ed il suo sguardo era completamente insensibile. Si diresse nei bagni senza proferir parola e tutti rimasero impalati a vederlo salire le scale. Lo shock di Leonardo durò poco e ordinò alle serve di preparare del cibo caldo e vestiti puliti. Sentiva ancora i brividi sulla pelle nel vedere quell'uomo che sembrava essere la tempesta stessa, risputato dai meandri degli inferi. Dopo qualche ora scese nella sala comune e andò direttamente da lui.

"Dov'è Angel?" La voce roca, l'aspetto intimidatorio così come i gesti, tutto era aggressivo in lui.

"Mio signore lei...temo che Angel non stia bene. Non esce dalla sua stanza da un mese, non mangia e non dorme. Non parla con nessuno."
Gabriel annuì ed un bagliore di emozione attraversò le sue iridi. Si fece aggiornare dal nephilim sul consiglio ed Ellyon mentre mangiava e quando ebbe finito si diresse dritto da lei. Leonardo lo seguì come una chioccia impaurita fermandolo prima che potesse arrivare alla sua stanza.

"Non farlo. Ti prego, non farlo! Ti odierai e non ci sarà niente in questo mondo che potrà guarirti." Era la prima volta che il ragazzo non si rivolgeva a lui con gli onorifici e capì quanto dovesse esser preoccupato per lei.

"Ho già superato quel confine Leonardo. Sono oltre ogni redenzione." Gli voltò le spalle e prosegui per il corridoio fino a raggiungere la sua stanza. Quando entrò Angel era come sempre sulla terrazza a fissare la città, non si voltò nemmeno per vedere chi fosse entrato. Andò da lei e la strinse da dietro. Questa volta la ragazza reagì, sentendo il caldo familiare diffondersi sulla pelle. Si scostò rapida andando sull'orlo della terrazza. I suoi occhi si dilatarono guardando Gabriel. Non era lo stesso uomo che conosceva, tutto in lui era cambiato e sbagliato.

"Angel, io non so cosa dire, mi dispiace. Ti prego vieni qui." Lei rimase immobile tremando, respirando dalla bocca. La afferrò quando tentò di buttarsi di sotto e la riportò nella camera. Il contatto con la sua pelle lo fece sentir meglio e gli permise di riprendere a respirare. La vide afflosciarsi tra le sue braccia e ciò lo fece innervosire. Le prese il viso costringendola a guardarlo ma quelle iridi che tanto amava erano vuote e spente. Indietreggiò spaventato, rendendosi conto di cosa avesse veramente fatto. Tirò fuori dalla tasca l'anello che Anel gli aveva regalato e glielo infilò al dito. Fu allora che Angel riprese una parte di coscienza e ritornò in sé.

"Non mi toccare!" Gli tirò uno schiaffo che tagliò la guancia dell'uomo. Gabriel si mise a ridere quando sentì il liquido caldo scendergli sul viso come una solitaria lacrima. Angel era terrorizzata da lui e persino quello andava bene piuttosto che nessuna emozione. Si era sentito morire vedendola inerme, ora che brillava di nuovo di furia il ronzio perenne dei pensieri ammutolì. Gabriel non era più l'angelo che tutti conoscevano, era morto quando la donna che amava aveva rifiutato la sua confessione. Mai si era aperto così a qualcuno e scelse il momento sbagliato per farlo perché la ragazza era ferita quella sera e perché aveva conosciuto un altro tipo di amore che era dolce e delicato a differenza del suo. La baciò nonostante i pugni e le grida di Angel. Lei e soltanto lei riusciva ancora a fargli provare qualcosa, qualsiasi cosa.

"Pur di averti diventerò ciò che odi Angel. Tu mi appartieni. Non puoi scappare da me, non hai mai potuto." Angel si sentì mancare a quelle parole comprendendo finalmente quanto fosse morboso l'angelo. Non cercò nemmeno di opporre resistenza e lo lasciò fare. Si annullò diventando una pedina nel gioco perverso del destino.

E' così ogni volta che Gabriel voleva sentirsi vivo e amato la prendeva contro la sua volontà, abusando di lei e consumandola.

E' così che iniziò a ucciderla giorno dopo giorno nell'attesa di darle il colpo di grazia con la cerimonia per farla diventare sua ionkai. Qualunque cosa tentasse di fare lui era sempre lì, pronto a catturarla. L'anello al dito era la catena e il fardello che non le permetteva di togliersi. Ormai Gabriel non aveva più un cuore, quel poco che ne era rimasto viveva in una gabbia dorata dove lei era prigioniera . Angel era l'unica cosa che gli desse una ragione per vivere, dal momento in cui la incontrò sapeva che sarebbe andata a finire così ma aveva sempre sperato, fino all'ultimo, che la loro storia finisse con un lieto fine.

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