Capitolo I

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Quella sera di giugno mi ero avviata in auto verso l'aereoporto con una certa ansia. Non perché avevo appena preso la patente, e quindi ero ancora un po' insicura alla guida, ma perché sarei partita per gli Stati Uniti. Volevo prendermi un anno di pausa per capire cosa avrei voluto fare in futuro, ed ero sicura che avrei trovato molti più stimoli negli USA piuttosto che stando in Italia. Ero felice di questo mio viaggio, anche perché finalmente mi sarei potuta allontanare dalla mia famiglia, con la quale negli ultimi anni i miei rapporti erano peggiorati, soprattutto dopo il mio coming out come bisessuale.
Mio padre non aveva preso per niente bene la cosa, e praticamente ogni giorno non mancava di ricordarmi quanto fossi una delusione per lui. Ed il bello è che non gli avevo neanche detto che avevo una ragazza, Emma. Dovemmo lasciarci pochi mesi prima, perché nascondere la nostra relazione era diventato praticamente impossibile e né io né lei meritavamo una situazione del genere. Per fortuna siamo rimaste in buoni rapporti, nonostante tutto.
Quando arrivai all'aereoporto, scesi dall'auto e scaricai le valigie che contenevano tutto quello che mi sarebbe servito e che mi ero potuta portare appresso: vestiti, dentifricio e spazzolino da denti, spazzola, qualche accessorio, un paio di scarpe da ginnastica, una giacca e tanti libri, di cui non potevo fare a meno.
Alle 8, l'aereo sul quale dovevo salire arrivò e salutai per l'ultima volta l'Italia. Feci un respiro profondo e salii sull'aereo. Un'hostess mi indicò il mio posto e fui felice di scoprire che era accanto al finestrino. Ottimo, così avrei potuto guardare il paesaggio che scorreva sotto di me. Sistemai il bagaglio a mano nel portabagagli e mi sedetti a guardare il cielo, in attesa di partire. Mentre stavo guardando il tramonto, sentii qualcuno parlare con l'hostess, per poi sedersi accanto a me.
Quando mi voltai, mi trovai davanti un ragazzo che sembrava un divo di Hollywood. Era alto, biondo e maledettamente bello. Mi stupirono però la pelle pallidissima e gli occhi di un colore strano. Aveva con sè solo una ventiquattrore, che sistemò tra i piedi. Indossava una camicia azzurra e dei jeans neri. Non so perchè, ma da un lato quel ragazzo mi metteva soggezione, nonostante dimostrasse pochi anni in più di me. Quando finì di sistemarsi, mi tese la mano:

"Piacere, mi chiamo Carlisle".

Gliela strinsi:

"Piacere, sono Chiara", gli risposi.

Aveva la mano ghiacciata, ma tentai di non badarci, nonostante fosse alquanto strano.

"Va anche lei a Port Angeles?", gli chiesi per rompere il ghiaccio con il mio nuovo compagno di viaggio.

"Oh, dammi pure del tu. Comunque sì, vado anche io a Port Angeles, abito lì vicino"

Notai che parlava un italiano perfetto, anche se con un lieve accento americano.

"In realtà non vado proprio a Port Angeles, ho trovato una casa in affitto a... Forks? Sì, si chiama così"

Carlisle sorrise, un sorriso angelico, e mi rivelò che abitava proprio lì.

"Wow, che coincidenza" dissi sorridendo, "allora penso che ci vedremo in giro per la città"

"Con molto piacere", rispose, ancora sorridendo. Lo ammetto, era molto affascinante.

Trascorremmo parte del viaggio a parlare, e lo trovai molto piacevole, anche se all'inizio mi metteva ancora un po' di soggezione. Ad un certo punto, però, mi accorsi di avere la pelle d'oca, nonostante non facesse freddo. La ignorai, anche se era strano per me, una persona che il freddo non lo soffre proprio. Mi misi la felpa per coprirla, sperando che sparisse. Poi iniziai ad avere sonno, ma non volevo interrompere la conversazione. Lui, non so come, se ne accorse, e mi disse:

"Sei stanca? Ti consiglio di riposarti un po', il viaggio sarà ancora lungo..."

Lo disse dolcemente, e, rossa come un peperone, accettai. Mi sistemai sul sedile, in modo tale da poter vedere il ragazzo anche da sdraiata, e mi addormentai.

Come i girasoli col sole ||Carlisle Cullen Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora