Capitolo V

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Uscii dall'ospedale con le gambe che mi reggevano a malapena. Quando mi trovai all'aperto mi sedetti su un muretto lì vicino e iniziai a ridere. Non sapevo perché stavo ridendo, forse la comicità della cosa, forse il fatto che stavo impazzendo per quel ragazzo. Perché in fondo, un ragazzo bello , intelligente e per di più dottore, sembrava in qualche modo interessato a me, ripeto: a me. La cosa era al quanto comica, o almeno per come la vedevo io. Quando ebbi finito di ridere quasi istericamente, trovai la forza di alzarmi e tornare a casa. Quel tour di Forks non sarebbe potuto essere migliore. Tornai a casa tentando di non perdermi per la città, e sia lodato l'inventore di Google Maps. Entrai e controllai l'ora: erano quasi le otto. Restai sorpresa: era passato veramente così tanto tempo? Andai in cucina e mi preparai la cena. Cucinai una semplice bistecca, le farfalle nello stomaco mi avevano fatto passare la fame. Mentre mangiavo, ripercorrevo con la mente gli avvenimenti di quel giorno, fino a quando non suonò il campanello. Chi poteva essere? Tornata alla realtà, mi alzai da tavola e andai ad aprire. Mi ritrovai davanti nientemeno che Carlisle, che mi sorrideva.
"Ciao! Disturbo?", chiese cortesemente.
Indossava una camicia azzurra, con il primo bottone sbottonato. Come faceva ad essere così maledettamente bello? Per un attimo, pensai che le mie gambe avrebbero ceduto.
"N-no, tranquillo, entra pure...", gli dissi tentando invano di non sembrare tesa. Mi spostai di lato per farlo passare, quasi reggendomi alla porta. Lui entrò in casa quasi timidamente. Quando rinchiusi la porta, si accorse della mezza bistecca che non avevo ancora mangiato e mi disse:

"Oh, mi spiace di averti disturbata, se vuoi passo un'altra volta".

Mi allarmai. Non potevo farlo andare via, ora che era lì con me.

"Non ti preoccupare, non ho molta fame. Siediti pure", e indicai il divano. Lui acconsentì, nonostante fosse un po' titubante. Sperai con tutto il cuore di non averlo messo a disagio. Mi portai vicino a lui e mi sedetti sul divano. Si sedette anche lui, accanto a me. Eravamo molto vicini, e realizzai di avere molto più autocontrollo di quanto credessi. Perché stavo impazzendo. Carlisle estrasse qualcosa dalla tasca dei pantaloni, e notai che era un portafoglio.

"Questo è tuo, lo hai dimenticato oggi nel mio ufficio", disse con premura mentre mi porgeva l'oggetto. Non me n'ero neanche accorta che lo avevo perso, tanto ero distratta dalle mie emozioni. Presi il portafoglio e lo misi sul tavolino in parte a me.

"Grazie mille, non mi ero accorta di averlo perso. Sei venuto da me solo per questo?", dissi. Avevo paura che si fosse scomodato solo per questo. In tal caso, era stato davvero gentile.
"In realtà avevo anche voglia di vederti... Sai, oggi mi ha fatto piacere passare un po' di tempo con te", sorrise guardandomi negli occhi. Arrossii violentemente. Era veramente venuto a trovarmi per vedermi?! Aiuto aiuto aiuto!! Tentai di calmarmi, ma lui si accorse che mi ero agitata. Ero così pessima a fingere?

"C'è qualcosa che non va? Sei diventata un pomodoro...", mi disse.

"N-no grazie, sto bene...", tentai di ricompormi. "È solo che ho un po' caldo...", dissi tentando di nascondere la verità. Lui mi guardò come se non ci credesse fino in fondo, poi scosse la testa e sorrise. Quel sorriso. Quel dannato sorriso era la cosa più angelica che avessi mai visto. Tentai di rimanere disinvolta, nonostante fosse alquanto difficile. Piuttosto, cercai un argomento per rompere il silenzio che si era creato.

"Hey, vuoi andare a fare una passeggiata?", chiese Carlisle ad un certo punto. Nel dirlo era sembrato quasi timido. Io rimasi bloccata per una frazione di secondo, perché non me l'aspettavo per niente.

"Sì, c-certo, volentieri", dissi ricomponendomi, "Vado a prendere la borsa"

Mi alzai e corsi in camera mia. Lì mi fermai e respirai profondamente due o tre volte, per cercare di calmarmi. Presi la borsetta, poi mi guardai allo specchio: ero per lo meno decente, speravo solo che il rossore sparisse. Scesi di nuovo in salotto, dove intanto Carlisle si era alzato e mi stava aspettando.

"Pronta?", chiese sorridendo.

Sorrisi anch'io. "Pronta".

Andai alla porta d'ingresso e la aprii. Uscimmo di casa, chiusi a chiave la porta e ci incamminammo fianco a fianco.

Come i girasoli col sole ||Carlisle Cullen Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora