Capitolo XII

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Mi ritrovai a vagare senza una meta precisa per le vie di Forks. Siccome avevo percorso, nei giorni precedenti, la strada che portava verso il centro della cittadina, decisi di cambiare direzione. Osservavo il paesaggio che scorreva attorno a me: alberi e case si susseguivano, e man mano che mi allontanavo dal centro della città il bosco sostituiva gli edifici, fino a prendere completamente il sopravvento. In poco tempo l'asfalto scuro e bagnato cedette il posto ad un sentiero di terra battuta, cosparso qua e là di pozzanghere d'acqua, reduci dal temporale di poche ore prima, e contornato da sterparglie e rovi ancora umidi. Mi ritrovai circondata dalla fitta foresta che nei giorni precedenti avevo visto solo da lontano, senza mai entrarci. Le scure chiome degli imponenti abeti oscuravano il cielo, del quale potevo scorgere solo alcuni framenti grigi e azzurri.
Fortunatamente avevo indossato i miei amati Dr. Martens neri e lucidi, così che anche se la terra o l'acqua li avessero sporcati non avrei avuto troppe difficoltà a ripulirli.
Mentre camminavo, potevo vedere gli scoiattoli rossicci rincorrersi sugli alberi e saltare sui rami, mentre in qualche pozzanghera più grande delle altre, che stavo attenta ad evitare, nuotavano dei girini. Ero rilassata dall'atmosfera tranquilla e pacifica del bosco, dove sembrava che niente di brutto potesse accadere.

Mentre ero intenta ad osservare uno scoiattolo scavare una buca dove nascondere la sua ghianda, il mio piede si incastrò in una radice sporgente, inciampai e finii per terra, quasi senza nemmeno accorgermene. Fortunatamente ho sempre potuto contare sui miei riflessi, così misi le mani sul terreno prima di sbatterci la faccia, cosa che evitai volentieri. Dopo qualche imprecazione e vari strattoni, riuscii a liberare il piede dalla radice e mi alzai. Passai, sbuffando, i pantaloni e la maglietta con le mani, per togliere la polvere di cui li avevo sporcati cadendo. Dopo essermi rassettata, alzai finalmente lo sguardo, e rimasi a dir poco sorpresa da ciò che trovai di fronte a me: un'imponente casa, alta tre piani e ben proporzionata, si trovava alla fine del sentiero.

Mi avvicinai incuriosita. "Chi può vivere in una casa così isolata dalla città?", mi chiesi, senza trovare però una risposta. L'edificio era dipinto di un bianco stinto, e dava l'impressione di essere abbastanza antico, almeno di un secolo. La facciata principale era percorsa da un grande portico, anch'esso bianco, mentre le porte e le finestre erano originali, oppure magistralmente restaurate. Mi sembrò che in quel luogo il tempo si fosse fermato, lasciando praticamente immutata l'abitazione e i vecchi alberi circostanti. Non volli avvicinarmi troppo, nel caso in cui qualcuno fosse stato in casa non volevo essere vista. Feci comunque il giro della struttura rettangolare, e con mia grande sorpresa notai che il retro della casa era interamente a vetri, dai quali però non osai sbirciare. Sicuramente, questo non è il tipo di casa che mi sarei aspettata di trovare in mezzo ad un bosco. La trovai però estremamente affascinante, il bianco antico creava un contrasto unico con lo scuro bosco che la circondava e il fatto che probabilmente fosse del secolo precedente la rendeva ancora più attraente ai miei occhi. Ritornai quindi nel punto da dove ero arrivata, e non riuscii a trattenermi dall'estrarre il telefono dalla tasca dei pantaloni e scattare alcune foto alla casa che avrei probabilmente riutilizzato come spunto per qualche disegno. Intanto che, china sullo schermo, controllavo le fotografie appena scattate, sentii una presenza che si avvicinava a me, nonostante non udissi alcun passo. Alzai la testa di scatto, abbassando il telefono e spostando istintivamente una gamba all'indietro, come per scappare, e rimasi stupita guardando la persona che avevo di fronte.

Era un ragazzo giovane, probabilmente sui diciotto anni, alto all'incirca un metro e ottanta, con i capelli bronzei e un po' spettinati, e sicuramente molto bello. Indossava una camicia leggera a quadri scuri, abbinata ad un paio di pantaloni dello stesso colore, che facevano contrasto con la pelle pallidissima, che mi ricordò ınaspettatamente quella di Carlisle.
Improvvisamente mi resi conto che quella sarebbe potuta essere la casa del ragazzo, e che magari non aveva gradito questa mia "visita".
"Scusami se ti ho spaventata, non era mia intenzione. Ho notato che per un po' hai girato in questa zona e credevo ti fossi persa, quindi sono venuto a chiederti se avessi bisogno di aiuto", mi disse con una voce calda e melodiosa che mi rimandò, anche in questo caso, a Carlisle.
"Oh, g-grazie ma non mi sono persa. Stavo facendo una passeggiata e sono arrivata qui, ma non credevo che la casa fosse abitata. Mi- mi dispiace...", risposi, incespicando un po' nelle parole, complice il fatto che, nonostante avesse circa la mia età, aveva un aspetto abbastanza intimidatorio.
"Non preoccuparti, non c'è nessun problema. Anzi, mi fa piacere che ti piaccia", sorrise indicando il telefono.
Molto probabilmente arrossii, allora mi aveva anche vista mentre scattavo le foto!
Improvvisamente il mio telefono fece uno squillo, accesi lo schermo e lessi la notifica: un promemoria mi ricordava che sarei dovuta tornare a casa di lì a breve per cenare e preparare tutto l'occorrente per la serata. Alzai quindi lo sguardo verso il ragazzo e gli dissi:
"Io adesso devo andare... Grazie ancora... Ciao!", sollevai la mano in segno di saluto.
Mentre il ragazzo mi salutava a sua volta, iniziai ad incamminarmi sul sentiero per tornare a casa, quando mi accorsi di una cosa: avevamo parlato in italiano tutto il tempo, ma lui non sapeva che io fossi italiana. Ma come...?

Come i girasoli col sole ||Carlisle Cullen Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora