10

305 29 2
                                    


Un servitore bussò alla porta.

«Principessa, il principe richiede la vostra presenza.»

Nessun rumore si sentì da dentro la stanza. Il servo bussò nuovamente.

«Principessa, scusatemi ma il principe vi attende...»

Alla fine, nonostante il timore di una punizione, l'uomo spinse timidamente il battente... e quello che vide gli fece spalancare la porta.

«Aiuto! Un medico!» urlò accorrendo accanto al corpo pallido della principessa. Il sangue si era espanso sotto alla ragazza e tinse di rosso le mani del servo. Altri due servitori corsero in suo aiuto, uno scattò a chiamare il medico mentre l'altro si precipitò a chiamare il principe.

Emma si diresse ai giardini. Non poteva fare molto in quel castello, c'erano frotte di servitori e a nessuno serviva mai niente. Si avvicinò alle rose e ne accarezzò i petali rossi, che le ricordavano le labbra di Regina. Arrossì a quel pensiero.

Si avvicinò ad un albero. Non lo conosceva perché non ce n'erano di quella specie, nella sua vecchia casa, ma era un bell'albero, non molto alto ma dal tronco quasi liscio e la chioma rigogliosa, piena di foglie giovani e dal verde limpido.

Si sedette e appoggiò la schiena all'albero. Chiuse gli occhi cercando di godersi i raggi del sole del mattino che filtravano dalle foglie verde acceso, ma la sua mente continuava a tornare da lei. Non l'aveva mai allontanata prima, ma non si era neanche mai trovata in quella situazione, prima di quel momento. E mentre la sua mente cercava di capire come aiutare Regina vide una donna correre verso di lei.

I suoi occhi si spalancarono quando le diede la notizia e corse subito dalla principessa, la sua amica, la donna che amava. I suoi occhi si riempirono di lacrime vedendola stesa sul letto, la pelle così bianca da far concorrenza alle lenzuola, i polsi fasciati.

Il principe era lì, quindi non poteva far nulla se non guardare Regina da lontano.
«Perché non eri con lei?» la aggredì lui, seduto accanto alla sua futura moglie. Emma sussultò.
«Mi... mi aveva chiesto del tempo da sola...»

«Saresti dovuta restare con lei» la rimproverò lui duramente. Emma spostò lo sguardo su Regina mentre il suo cuore sembrava accartocciarsi e annerirsi come carta tra le fiamme.
«Sì. Lo vedo.»

«Emma...» la voce di Regina mise fine a quella discussione nonostante fosse appena un sussurro.

Emma si affrettò ad accucciarsi accanto a lei, ignorando il principe.
«Sono qui.»

Strinse appena la sua mano, con le poche forze che aveva.
«Che è successo?»

«Vi ha trovato un servitore... eravate a terra, era pieno di sangue...» le si spezzò la voce, e altre lacrime caddero.
«Mi dispiace» sussurrò debolmente Regina, gli occhi semichiusi.

«Perché?»

Regina si costrinse a voltarsi verso il principe. La sua voce era dura, ribollente.
«Mi dispiace Vostra Altezza, non so cosa mi sia successo.»

Lui le rivolse uno sguardo strano, in bilico tra preoccupazione, offesa e rabbia.
«L'idea di sposarmi vi ripugna tanto?»

«No, no, no è così» cercò di giustificarsi, di mentire anche se le girava la testa e riusciva a stento a vederlo chiaramente in viso. Tutto sembrava offuscato, velato. «Deve essere stata l'ansia... la paura di non essere alla vostra altezza. Vi prego di perdonarmi, vi supplico.»

L'uomo rimase in silenzio per qualche istante, poi si alzò in piedi.
«Rimettetevi. Le nozze sono rimandate a quando vi sentirete meglio. Non potete affaticarvi.»

«Vi ringrazio Vostra Altezza, ma posso farcela...»

«No. Quando vi sarete rimessa, parleremo delle nozze» replicò lui prima di uscire dalla stanza. La sua assenza, quel silenzio improvviso, furono peggiori della vergogna che

«Ho rovinato tutto. La mia famiglia perderà ogni cosa perché io sono stata egoista.»

Emma le accarezzò il viso, poi ritrasse la mano, le guance in fiamme.
«Andrà tutto bene. Ha rimandato perché è preoccupato per voi. È un uomo gentile.»

La guardò con gli occhi lucidi.
«Dopo il matrimonio dovresti tornare a casa con i miei genitori.»

Emma rialzò quei grandi occhi grigi su di lei. Ora tendevano all'azzurro, e quel colore sovrastava ogni altra cosa nella visione confusa che le si presentava allo sguardo, come se le sue iridi fossero due fuochi fatui da seguire nella foresta.

«Perché?»

«Io dovrò passare più tempo con il principe e le notti... dormirò con lui quindi non avresti molto da fare qui.»

Vide il viso di Emma farsi del colore delle ossa vecchie lasciate al sole.
«Non... non importa, mi basta vedervi ogni tanto...»

«Sarebbe troppo dura per me...» Regina fu costretta ad interrompersi per prendere un respiro tremulo. «Sarebbe meglio che tu te ne andassi per il bene di entrambe.»

Emma aggrottò la fronte. Trovò difficile sostenere il suo sguardo ferito, no... disperato.
«P-perché sarebbe dura? Io vi starei accanto...»

Si girò per non guardarla.

«Lo so, l'hai sempre fatto.»

«E allora qual è il problema?»

«Non possiamo più farlo» sussurrò lieve. «Non posso più farlo.»

Le sopracciglia della giovane si avvicinarono mentre solchi profondi le segnavano la fronte.
«Fare cosa?»

«Noi» rispose semplicemente come se questo spiegasse tutto. Che altro poteva dirle, in fondo?

Il viso della ragazza rifletteva tutta la sua confusione.

Regina si mise a sedere con fatica, nonostante la stanchezza.
«Voglio andare nella mia stanza.»

La confusione sfumò in dolore. Emma abbassò lo sguardo e annuì.
«Ma certo, vi accompagno.»

Regina si appoggiò a lei, confortata dalla solidità del suo sostegno, e i loro occhi si incontrarono. Quanto male le aveva fatto? Quanto ancora ne stava facendo a quella che doveva essere la sua migliore amica?

Portami con teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora