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Erano passati tre mesi dal matrimonio con il principe. Le notti erano dure, quasi sempre. Regina era costretta a dormire con lui. Le giornate però riusciva a trascorrerle con Emma, grazie agli impegni che James aveva come regnante. Quei mesi erano stati difficili, Regina vedeva la tristezza sul volto di Emma ogni volta che tornava in camera la mattina. La prima cosa che faceva dopo averle dato un bacio era fare un bagno in modo da togliersi di dosso l'odore che il principe lasciava su di lei, poi si rannicchiava tra le braccia di Emma e fingevano che tutto andasse bene.

Regina si svegliò pallida, una tremenda nausea l'assalì di colpo costringendola a sollevarsi nonostante la testa le girasse. Si alzò dopo qualche minuto barcollando, ma le gambe cedettero e si accasciò a terra prima di vomitare.

Emma sopportava stento quella situazione, ma aveva avuto il tempo di fare la conoscenza delle altre servitrici, e aveva saputo da loro cose interessanti su di uno stregone che, ad un prezzo alto, ma necessario, poteva darti ciò che volevi. Qualsiasi cosa. Era da un po' che cercava di farsi dire il nome, ma nessuno voleva pronunciarlo, perché temevano tutte di invocarlo, così. Finalmente, il giorno prima, aveva trovato una ragazza che sapesse scriverlo, e glielo aveva pronunciato metà alla volta, così era riuscita a non evocarlo. Teneva quel foglietto tra le dita, le uniche lettere che sapesse leggere grazie a quella ragazza. Si ripeteva il nome in testa dal giorno prima, per non dimenticarlo.

Emma osservava il foglietto, cercando il coraggio di pronunciare quel nome. Ma non ce la faceva, e poi stava per arrivare Regina.

Nascose il foglietto sotto al materasso, tanto era lei ad occuparsi della stanza, e attese, camminando nervosamente su e giù per la stanza. Attese e attese, ma Regina tardava, tanto che iniziò a preoccuparsi.

Camminava su e giù per la stanza, sempre più impaziente, sempre più preoccupata.

Non ce la fece più. Uscì dalla camera e percorse i corridoi verso quella del principe. Ma c'era un drappello di gente davanti che le impediva l'accesso. Il suo cuore prese a picchiare contro le costole.
«Che succede?» chiese al primo che incontrò. L'uomo le rivolse un sorriso esultante.
«La principessa è incinta!» esclamò. Emma registrò l'informazione a rilento.

Sentì, a distanza e come venisse da una grotta sottomarina, la voce del principe ordinare con gioia: «Preparate una grande festa per questa sera!»
I servi si dileguarono in fretta, e Emma rimase la sola ferma lì in piedi, pallida e immobile.
«Tu» disse James, indicando Emma. «La tua padrona e principessa ha bisogno di essere assistita a tutte le ore, so che sei la sua serva preferita quindi te ne occuperai tu.»

Emma annuì lentamente, troppo sconvolta per riuscire a fare altro.

Regina era stesa sul letto, immobile. Incinta. Il dottore le aveva detto che aspettava un bambino. Un bambino che lei non voleva... non da suo marito. Come avrebbe reagito Emma? L'avrebbe lasciata? La paura si impossessò di lei.

Emma superò il principe ed entrò nella stanza senza fare rumore. Era terrea in viso, e rivolse a Regina uno sguardo triste e amaramente gioioso al contempo.
«Congratulazioni, Altezza» disse piano, la voce flebile, roca.

Regina sentì quell'angoscia crescere a dismisura dentro di lei, tanto che faticò a trattenere il pianto.
«Emma» sussurrò. «Mi dispiace.»

Emma le rivolse il ricordo di un sorriso e si avvicinò al letto. Si schiarì piano la voce.
«E perché mai, Altezza? È una notizia splendida» disse, ma mentre pronunciava quelle parole una lacrima le rigò il volto. Si affrettò a farla sparire. «Come posso servirvi?» continuò, la voce che arrancava a star dietro alle parole.

Regina cercò la sua mano sentiva il cuore che le si spezzava, sapeva di averle appena procurato un dolore indescrivibile anche senza volerlo.
«Non lo volevo questo bambino» sussurrò. Emma si avvicinò come per sistemarle i cuscini dietro la schiena.

«Lo so» sussurrò vicino al suo orecchio. «È questo che mi addolora.»

«Emma, ti prego, dimmi come stai veramente» la supplicò.

La ragazza si voltò appena per guardarla negli occhi.
«Sto bene.»

«Non mentirmi.» Le afferrò la mano e la fece sedere a forza sul letto.

«Sto bene, davvero. E ora non possiamo parlare» aggiunse in un sussurro indicandole poi la porta. Il principe sarebbe potuto rientrare in qualsiasi momento.

Regina annuì con gli occhi lucidi.

«Voglio andare nella mia stanza.»

Emma annuì.
«Ti aiuto ad alzarti» disse piano, per non farsi sentire. Se James l'avesse sentita rivolgersi così a Regina... Si alzò dal letto e le porse il braccio.

Si tenne a lei e si alzò, camminarono verso la sua stanza e si stese sul proprio letto. Aveva il loro profumo. Suo e di Emma.

Emma si sedette accanto a lei, le accarezzò i capelli.

«Siamo sole adesso. Dimmi la verità.»

Emma la guardò negli occhi.
«Dimmela tu: se James morisse, tu saresti triste, ora che è il padre di tuo figlio?»

Regina spalancò gli occhi.
«Emma ma che dici?»

«Devo saperlo, Regina. Rispondimi.»

«James è un brav'uomo non è colpa sua se io non lo amo.»

Emma sospirò. Portò lo sguardo alla finestra, pensierosa.

«Emma che ti succede? Parlami.»

Emma si voltò a guardarla.
«Regina, io ti amo. Farò qualsiasi cosa posso per renderti felice... a meno che tu non lo sia già.»

Regina la guardò senza capire cosa volesse dire.
«Non capisco.»

Emma abbassò lo sguardo per un momento.
«Non voglio rovinarti la vita per egoismo, tutto qui. Ma se vuoi stare con me, solo con me...» tornò a guardarla negli occhi «... se sei davvero convinta, allora posso fare in modo che accada. Ma non devi avere neanche il minimo dubbio, perché non voglio che tu soffra.»

«Emma di che stai parlando? La nostra vita è questa...hai detto che potevi accettarla.»

«Rispondimi» ribatté la ragazza, quasi con disperazione «Ti prego.»

«Tu mi stai chiedendo di darti l'autorizzazione per uccidere una persona Emma, non posso farlo.»

«No. Non è quello che ti sto chiedendo, non succederà niente al principe, ti sto solo chiedendo se è me che vuoi. Per sempre. Se sei sicura.»

«Lo sai che è così.»

Emma le sorrise e la baciò.
«Andrà tutto bene. Non preoccuparti.»

«Emma ti prego non fare niente di avventato. Stiamo bene così, abbiamo la nostra routine...»

«Fidati di me.» Emma le sorrise di nuovo, e Regina la guardò senza capire veramente cosa volesse dire. Ma di una cosa era certa: di Emma si fidava.
«Mi fido di te.»

Emma le sorrise e la baciò, e lei rispose al bacio con dolcezza, nonostante la tensione che le strane parole di Emma le avevano messo addosso.
«Non fare niente di stupido» si raccomandò ancora una volta.

Emma la guardò, ma non riuscì a decifrare il suo sguardo.
«Ti amo.»

«Ti amo anch'io.»

Si accoccolò accanto a lei.
«Stai tranquilla. Sistemerò tutto.»

«Stiamo bene insieme, non devi sistemare niente. Ci amiamo, conta solo questo.»

Emma annuì.
«Lo so.»

Regina le sorrise, confortata.
«Bene. Devo riposare un po', mi sento a pezzi.»

Si strinse a lei e si addormentò poco dopo.

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