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James le fissò per un lungo momento, immobile. Poi riprese a pulire il sangue dalla lunga lama argentata della sua spada.

«Guarda un po' chi si vede. Curioso.»

Regina barcollò. Strinse forte il braccio di Emma, che era l'unica cosa a tenerla ancora in piedi. L'unica cosa che le sembrasse reale.

Emma le lanciò un'occhiata, e lei vide la paura nei suoi occhi, che ora parevano di un verde scuro, striato di grigio.

Anche lei aveva paura. James si era sì rivelato un violento sotto la facciata di gentilezza che aveva mostrato fino alla nascita di Henry, ma... Ma non così. Non un assassino. E l'uomo che le fissava ora, mentre faceva roteare la spada, con quegli occhi azzurri freddi come ghiaccio e un sorrisetto altrettanto gelido sul volto coperto da un lieve accenno di barba bionda era un assassino. La sua armatura di cuoio era sporca di sangue. Era vecchia e piena di graffi e tagli, le fibbie arrugginite; indegna di un principe. Forse l'aveva indossata per non farsi riconoscere. Forse l'aveva rubata. Si sarebbe aspettata qualsiasi cosa da quello sconosciuto, ora. Perché ora sapeva che era una creatura pericolosa.

Indietreggiò, tirandosi dietro Emma, ma James fece un passo avanti, sempre col sorriso sul volto. Il sorriso di chi sapeva che ne sarebbe uscito illeso. Il sorriso di chi pregustava un attacco.

«James» esordì lei, e lui scoppiò a ridere, come se trovasse buffo il proprio nome. La confuse, la fece esitare. Era forse impazzito? O era sotto un sortilegio?

«Quell'idiota!» sbottò lui, e un lampo maligno di rabbia gli incendiò lo sguardo, facendola trasalire. «Davvero sei così stupida da non essertene accorta?» Al suo silenzio perplesso, il principe fece un risolino incredulo, scosse la testa. «La sposa perfetta. Bella e stupida.»

«Sta' zitto!» ringhiò Emma. Regina si accorse allora di quanto fosse teso il suo corpo. Di come fosse protesa in avanti, come se volesse saltare al collo del principe e strappargli via la faccia a mani nude. L'odio sul suo viso la stupì.

James puntò la spada verso di loro. Verso Emma. 
«Osi parlare così al tuo principe?» Ma stava sorridendo di nuovo. Sembrava davvero molto divertito dalla situazione. «E osi scoparti sua moglie? Che caratterino. Impressionante, davvero.» Emma era avvampata, aveva barcollato, presa alla sprovvista. A sua volta, Regina sentiva le gote in fiamme. «Non credevo che una cosina come te ne fosse capace. Vali più di quell'imbecille di mio fratello, questo è certo.»

La verità la colpì come un pugno.

Fratello.

Fratello, fratello, fratello.

Quello non era James.

Emma agguantò il mantello di Regina e la tirò indietro. La fece quasi inciampare, ma a quell'uomo sarebbe bastato un affondo, altrimenti, per ferirla con quella spada. Tenersi a distanza era la loro unica possibilità di salvezza.

«Qual è il tuo nome?» gli chiese, solo per prendere tempo. Il gemello del principe si strinse nelle spalle. Fece roteare ancora una volta la lunga spada, poi se la appoggiò sulla spalla, la pelle protetta dal cuoio della sua armatura grezza e sporca.

«Che importa? Sono il principe James, no?» Il suo sorriso la fece trasalire. «Dovresti esserne felice. Tu e la principessa potete fare le vostre cose senza che il coglione vi tenga gli occhi addosso. Anzi, sai una cosa, Emma?» Le parve strano che conoscesse il suo nome. Suonava sbagliato, detto da lui. «Potete anche andarvene. Sparite, non mettete mai più piede nel mio regno.»

Emma si accigliò. Le stava davvero lasciando andare?

La stretta di Regina attorno alle sue dita si serrò, e lei si irrigidì. Qualcosa non tornava.

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