Chapitre 23

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Chiamai mamma per venirmi a prendere dall'ospedale. Le raccontai tutto ciò che era successo.
"Povera Alice! Si sarà spaventata tantissimo."
"Già!"dissi triste.
"Potremmo mandare un mazzo di fiori all'ospedale?"
"Buona idea!"
Andammo al fioraio e comprammo un mazzo di tulipani rosa, poi lo spedimmo all'indirizzo dell'ospedale.
Tornata a casa provai a fare un po' di compiti. Non erano difficili, ma ero ancora preoccupata. Così chiamai Alice.
"Pronto?"
"Alice sono Vanessa, come sta tua madre?"
"Sta bene, domani pomeriggio la dimettono. Deve fare solo altri esami. Mi dispiace, domani non vengo a scuola. Devo restare con lei."
"Non preoccuparti, sono contenta che stia meglio. Domani imparerò a parlare con i muri oppure opterò per il mutismo selettivo"
La sentii ridere "Dai ce la farai, potresti anche parlare con qualcuno, no? Ora sai il francese."
"Beh tecnicamente si. Ma io non parlerò mai con un francese."
"Va bene, fai come vuoi. Ci sentiamo domani. Ciao!"
La salutai e attaccai. Finii i compiti e andai direttamente a dormire.
La mattina dopo mi svegliai con il suono della sveglia nelle orecchie. Che trauma il risveglio di lunedì. Che schifo di lunedì!
Il lunedì è il giorno più brutto della settimana, ma quella giornata fu in particolare tremenda. Non c'era Alice e avevo il compito di grammatica francese.
Dovevo alzarmi, ma non avevo le forze.
Sempre la stessa storia ogni lunedì.
"VANESSAA, TI SEI ALZATAA?"
"SIIII" mi alzai dal letto così veloce che mi risedetti per i giramenti di testa.
"MUOVITI, OGGI VADO A LAVORO PRIMAA"
"OKOK" questa volta mi alzai sul serio.
Indossai i primi vestiti che trovai nell'armadio, per non arrivare in ritardo.
Mamma nel frattempo canticchiava una delle sue canzoni preferite di Lucio Battisti "La canzone del sole" mentre preparava la colazione. In questa famiglia di ritardatari l'anticipo non è mai stato contemplato. Così come il silenzio. Ah come avrei voluto un po' di tranquillità.
Uscii di casa e andai al solito bar. Stavolta non c'era Alice ad aspettarmi.
Ripeto: che schifo di giornata!
Dopo aver bevuto la solita cioccolata calda andai a scuola.
La prima ora passò lentamente. Era la lezione di storia, ma per una volta la lingua non era il problema più grande.
Ero annoiata e stavo per addormentarmi sul banco.
Dopo questo strazio andai nell'aula di francese, pronta per il compito di grammatica. Il compito andò abbastanza bene. Erano più in ansia i francesi che io, il che è davvero strano visto che loro parlano in francese da tutta la vita.
Beh in effetti neanche gli italiani azzeccano i congiuntivi. Dopo l'ora di francese c'era l'ora di educazione fisica. La materia peggiore del mondo.
Mentre andavo verso lo spogliatoio vidi un ragazzo che mi fissava. 'Ma che si guardano sti francesi' pensai.
Osservandolo bene però notai che aveva qualcosa di familiare.
Aveva gli stessi occhi di... Alice?
Ma certo Gabriel! Alice mi aveva detto di avere un fratello.
Mi girai e andai verso di lui.
"Tu sei Gabriel vero?" gli dissi a voce abbastanza alta. Non mi importava che gli altri mi sentissero. Erano francesi quindi non potevano capire l'italiano. Beh tecnicamente lo studiavano, ma erano fin troppo stupidi per capire.
"Salutare non esiste? Sono io perché?"
"Bene, io sono Vanessa"
"Ah l'amichetta di Alice, che vuoi?"
"Perché non sei con lei visto che è tua sorella?"
"Beh perché c'è già lei, no?" sembrava stesse dicendo qualcosa di ovvio.
"Ma è tua sorella! E tua madre!"
Sembrava sorpreso, ma cercò di sembrare inespressivo.
"Non sono affari tuoi, ragazzina." detto ciò andò via.
Ero furiosa. Come si permetteva a lasciarmi lì senza una risposta.
Continuai ad andare verso gli spogliatoi, insultando mentalmente quel presuntuoso pallone gonfiato.

Una nuova vita a ParigiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora