Dopo quello scontro nel corridoio stetti tantissimo tempo a pensare al motivo per il quale Gabriel mi avesse lasciata lì senza risposte. In fondo gli avevo chiesto una cosa importante. L'avevo aggredito? Nah, avrei potuto fare di peggio. Ero solo preoccupata per sua madre e per Alice."Mademoiselle Blanc, vite vite! Revenez dans notre monde et courez!" (Signorina Bianchi, veloce! Torni nel nostro mondo e corra!)
"Oui, madame" Quella donna riusciva a suscitare i miei peggiori istinti omicidi, ma non avevo nessuna intenzione di fare discussione quindi ricominciai a correre.
Fortunatamente l'ora seguente era buca, quindi aspettando l'ora di inglese feci un giro della scuola. Non l'avevo mai visitata tutta. Andai in giardino, ma come al solito si gelava. Allora optai per la biblioteca. Era gigantesca! C'erano tantissimi scaffali pieni di libri di tutti i generi, vari tavoli dove i ragazzi studiavano o leggevano, scrivanie dotate di computer per fare ricerche, una cattedra a parte sulla quale era attaccata il cartello "Silence, ici on étudie on ne discute pas." (Silenzio, qui si studia non si chiacchiera). Dietro quella cattedra era seduta la bibliotecaria, una donna magra e alta di mezz'età. Aveva i capelli grigi legati in una treccia ordinata, i piccoli occhiali di metallo abbassati sul naso e lo sguardo fisso sul suo computer.
Mentre la guardavo, inciampai contro il porta ombrelli che cadde facendo un enorme baccano. La donna alzo lo sguardo dal computer per guardarmi malissimo e ammonirmi con uno 'shhh' acuto. Mi scusai e andai a sedermi a un tavolo libero. Cominciai ad anticipare i compiti per il giorno seguente, anche perchè avevo intenzione di andare a trovare Alice e sua mamma in ospedale.
Dopo questa "pausa" in biblioteca, arrivò l'ora di inglese. La professoressa mi faceva sempre tantissimi complimenti per la mia preparazione. Sinceramente io non dicevo niente di che, erano i suoi fantastici allievi francesi a non sapere niente. Però non mi sarei mai permessa di rifiutare un complimento visto che i francesi tendevano a guardarmi tutti male.
Quando finalmente suonò la campanella mi precipitai fuori e presi la metropolitana. Scesi alla fermata più vicina all'ospedale e quando arrivai vidi Alice seduta sulle scale che piangeva. Appena mi vide si asciugò le lacrime e si avvicinò.
"Ciao Nessa"
"Ehi, che succede?"
"Non la dimettono. Un esame è andato male e ora servono altri accertamenti per decidere cosa fare. Intanto deve rimanere qui per evitare che si senta di nuovo male."
"Alice, mi dispiace." e la abbracciai. Rimandai il discorso su Gabriel, doveva prima calmarsi.
"Papà sta parlando con il medico. Se vuoi possiamo andare da mamma. Sarà felice di vederti." Annuii. Non volevo rivedere i corridoi grigi e tristi dell'ospedale, ma ci tenevo a far sentire bene quella donna.
Mentre attraversavamo i corridoi, le chiesi "Ma Gabriel non è venuto?"
"Non viene quasi mai. So che vuole bene alla mamma, ma da quando le è stata diagnosticata la malattia sta più tempo fuori che dentro casa."
"Che deficiente. L'ho incontrato stamattina a scuola e quando gli ho chiesto per quale motivo non fosse con voi mi ha detto di non intromettermi e se n'è andato"
"Beh, io te l'avevo detto"
"Avevi ragione, è solo un insopportabile presuntuoso."
"Mentre trovavi le parole per insultare mio fratello siamo arrivate, possiamo entrare."
Elena era seduta al bordo del letto, sempre sorridente. Questa volta non aveva la flebo attaccata e sembrava meno stanca.
"Ciao Vanessa! Grazie mille per i fiori, sono bellissimi." disse indicando il mazzo di fiori che aveva accanto al letto "Danno più colore e profumo a questa stanza spoglia. Visto che mi fermerò qui più tempo, mi farò portare da Alice delle foto e dei libri per sentirmi più a mio agio. Odio questo grigio, ma penso non sia possibile dipingere le pareti."
"Sono d'accordo. Il grigio trasmette tristezza e apatia." le sorrisi. Che mito quella donna!