Capitolo 16

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Cambiò molto da quel giorno. Cambiarono gli sguardi tra di noi, si aggiunse l'intesa, l'eccitazione di quel piccolo segreto condiviso.

Cambiarono i sorrisi, che si aprivano di lontano e racchiudevano un mondo che era solo nostro.

Cambiarono i ruoli. Non ero più quella costretta, obbligata dal ricatto. Ero il suo mondo, il suo porto sicuro, ero l'unica. E lui non era più il mio aguzzino, forse non lo era mai stato.

Era di nuovo il mio compagno di giochi, lo sguardo in cui adoravo perdermi e i suoi ordini, il suo modo di fare imperativo mi permetteva di liberare i miei istinti più perversi e di non sentirmi una poco di buono.

Lui ordinava e io eseguivo.

Cose che non avevo mai fatto, cosa a cui avrei sempre detto no in un rapporto alla pari, ma il quel gioco che si era innescato era come se tutto fosse concesso.

Il gioco continuava ed entrambi ne volevamo sempre di più, sempre più spesso e il tutto diventava sempre più estremo.

Non eravamo mai arrivati a tanto quando eravamo insieme come una coppia più o meno ordinaria: ora che tra la gente avevamo deciso di ignorarci, di fingere di non conoscerci nemmeno, quando eravamo soli quella voglia di appartenenza esplodeva con un che di animalesco, primitivo, quasi violento.

I bagni erano diventati il nostro rifugio e il nostro palcoscenico.

Ora Lucas attendeva che ci fosse qualcuno prima di penetrarmi. Aspettava di sentire i passi avvicinarsi, che la porta oscillasse, che qualcuno bussasse.

Mi faceva soffrire, sbavare, pregare perché me lo desse.

Una mattina restai quindici minuti in piedi a gambe divaricate, faccia al muro, il suo pene che sfiorava le mie labbra bagnate e nulla più. Non un sussulto, non una piccola spinta.

Aspettava che qualcuno entrasse, aspettava di inserirlo con tutta la forza e sentire il mio grido che moriva tra le sue dita.

Sudavo freddo, avevo le vertigini, mi piegai leggermente almeno un paio di volte senza rendermene conto. Lo volevo, smaniavo per averlo.

Avrei voluto urlare come un'assatanata, avrei voluto essere sbattuta fino a stare male ma quando Lucas mi sentì indietreggiare si tirò indietro, mi piegò con forza in avanti e mi colpì sul clitoride con un dito. Una scoccata violenta che mi fece venire la lacrime agli occhi.

Era irremovibile, eccitato come un animale eppure granitico.

Quello era il gioco e io dovevo rispettare le regole.

Quella mattina in quel bagno non entrò nessuno, nessuno stupida gallina a rifarsi il trucco, nemmeno nessuno che andasse di fretta per fare un bisogno veloce nel bagno più apparato.

Mi alzò lentamente le mutandine, stava per rivestirmi, no, non volevo, ma quando provai a protestare mi sbattè la faccia contro le mattonelle.

Mi leccò avidamente il collo, restò a lungo a succhiarmi il lobo dell'orecchio poi mi mollò una sonora sculacciata per poi sistemarmi anche la gonna.

Mi voltò verso di lui sbattendomi spalle al muro, mi guardò con i suoi occhi taglienti mentre gli si apriva un sorriso obliquo sulla faccia.

"Contieniti Jules. Dov'è finita la tua eleganza? Sembri una cagnetta in calore..."

Lo odiai in quell'istante, avrei voluto prenderlo a schiaffi. Sapevo che sotto i pantaloni ce l'aveva duro e umido, che avrebbe pagato pur di liberarsi eppure resisteva, mi guardava in faccia e mi sfidava.

Avrei dovuto girare i tacchi ed andarmene, lascialo lì con i suoi pantaloni gonfi, invece ero diventata la sua schiava.

Cominciai a strusciarlo con delicatezza per convincerlo, per farlo cedere ma lui mi rise di nuovo in faccia poi mi spinse fuori dal bagno.

"Vai in ufficio cagnetta! Sei troppo eccitata! Staresti qui dentro a masturbarti tutta la mattina!"

Gli piaceva umiliarmi. Gli piaceva guardarmi da lontano e vedere la mie guance arrossate, osservava il modo goffo in cui mi alzavo dalla sedia ed ogni volta mi sistemavo le pieghe della gonna, o mi legavo una maglia in vita o gettavo uno sguardo veloce alla sedia.

Ero diventata paranoica, era stata colpa sua.

Una mattina me l'ero ritrovato di fianco mentre ero in piedi alla fotocopiatrice, mi aveva sussurrato all'orecchio.

"Sai Jules, sulla tua sedia è rimasto l'alone della tua passera bagnata! Ci sono passato accanto e mi è venuta voglia di buttarmi in ginocchio e mettermi a leccare la sedia!"

Era perverso, porco, malvagio. Lo detestavo eppure lo volevo dentro come una droga.

Ero diventata viola, avevo lasciato tutti i miei fogli sulla fotocopiatrice ed ero corsa alla mia postazione guardandomi intorno come una ladra, sentendomi gli occhi di tutti addosso.

Non era vero, non c'era niente sulla sedia ma io ogni volta ci cascavo.

Ogni volta che mi aveva detto "Hey Jules, prendi la mia maglia, sul dietro hai la gonna appiccicosa".
"Hey piccola, hai qualcosa che ti scende lungo la coscia".

Gli piaceva vedere la mia faccia sconvolta, i miei occhi smarriti, sentire il suo potere. Gli piaceva venirmi dentro e poi guardarmi camminare a gambe strette in mezzo alla gente.

Il potere assoluto, il completo dominio.

Mi torturava per tutto il giorno, mi dava un assaggio e poi mi lasciava bagnata a smaniare.

Dovevo aspettare la sera per avere la mia ricompensa.

Non c'erano convenevoli quando bussava alla porta di casa mia, a volte quando gli aprivo se lo teneva già in mano.

Ci saltavamo addosso, due belve che non avevano più pensieri, o intelletto o ragionamenti logici in testa: solo sentirsi, scoparsi, infilarsi fino a svenire.

Lì potevo urlare, chiederne ancora, graffiarlo e prenderlo a sberle. Lì doveva darmi tutto quello che avevo atteso durante il giorno e io me lo prendevo.

Una parte di me credeva di avere voce in capitolo, di avere acquisito una parte di potere invece lui ad un certo punto stabilì nuove regole, una scaletta, una specie di menù che avremmo dovuto rispettare.

"Ora piccola Jules faremo questo nuovo gioco: ogni giorno una cosa, niente deviazioni, niente scelte, ogni sera saprai perfettamente cosa puoi aspettarti da me".

Ero ancora accaldata, ero nuda, sudata, avvolta nelle lenzuola con le parti intime che ancora pulsavano per averlo accolto fino ad un attimo prima.

"Perché? Perché Lucas?"

"Perché sei avida, sei insaziabile hai bisogno di nuove regole... perché non ti meriti niente in fondo, non le ho mai sentite quelle parole..."

D'un tratto aveva lo sguardo triste, rassegnato, come se ormai non se la aspettasse più, come se ormai anche se gli avessi detto "ti amo" lui non avrebbe più potuto credermi.

Ero frastornata, tristissima.

Lo amavo, con tutto il mio cuore, con ogni cellula del mio corpo ma non avevo idea di come fare per farmi credere, ormai la parole non sarebbero più bastate.

Mi scese una lacrima, tentai.
"Farò tutto quello che vuoi Lucas, perché ti amo".

Lui vacillò un solo misero istante, poi si alzò dal letto, completamente nudo con il suo fisico bellissimo, muscoli che guizzavano sotto la pelle perfetta, schiena larga e vita stretta, l'armonia delle statue greche.

Estrasse un foglio dal portafoglio e me lo allungò, era una lista divisa per giorni della settimana, ogni giorno una pratica sessuale specifica.

Lo guardai esterrefatta.

Quello era il nuovo gioco.


Mia ad ogni costoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora