Capitolo 15

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Nei giorni seguenti riuscii a capire il suo gioco a mie spese: ogni mattina mi alzavo tremante, mi vestito con cura, indossavo sempre i pantaloni, mettevo sempre il telefono in mezzo al reggiseno.

Dal momento che tremavo ad ogni notifica, avevo disinstallato tutti i social o le app inutili che mi avrebbero fatto vibrare il telefono senza motivo; arrivavo al lavoro ed aspettavo.

Lo vedevo ogni mattina, lo seguivo con lo sguardo, ma lui restava distante, indaffarato, indifferente, mi lanciava uno dei suoi sorrisi migliori e poi sembrava occupato a fare altro.

Le ragazze gli giravano intorno, continuamente con qualsiasi scusa, lo chiamavano per una stampante inceppata, per un computer guasto come se lui avesse qualche nozione in merito.

No, non ne aveva alcuna idea eppure andava da tutte, era gentile con tutte, constatava il guasto e poi chiamava al cellulare uno dei suoi tecnici e quelle restavano lì con il broncio, deluse e un po' indispettite.

In una di queste mattina vidi Susi scorrere con l'indice lungo i bottoni della sua camicia mentre lui continuava a parlare al telefono; una sventola bionda che poteva avere chiunque in quell'ufficio e fuori eppure voleva lui, lo si intuitiva chiaramente anche da lontano.

E Lucas? Lucas chi voleva?
Era passata una settimana e non mi aveva mai "convocata", mi guardava a malapena, rideva di me, potevo giurarci e quello mi faceva impazzire.

Quella cosa malata aveva avuto un senso finché mi aveva umiliata perché ero la sua unica dea, la donna che amava, quella che voleva indietro anche usando quei modi orrendi.
Ma ora? Cosa ero diventata? Una vera e propria puttana?

Quindi avrebbe sempre avuto quei video per ricattarmi ma si sarebbe fatto gli affari suoi?
Avrebbe scopato con chiunque e poi, se una sera Susi o Diana fossero state impegnate avrebbe costretto me?

No! Quello era veramente inaccettabile, eppure era il suo gioco; io restavo sempre in perenne attesa e il telefono era sempre muto.

Sembrò che mi leggesse nel pensiero perché un messaggio arrivò quella mattina, dopo un'intera settimana.
"Piano terra, dietro gli ascensori, ore 11"

Mi alzai quasi di scatto, agitata, lui non c'era da nessuna parte, feci le scale di corsa, ero... ero felice.
Stupida Jules! Ero euforica.

Nemmeno io sapevo di volerlo a quel punto, eppure eccomi che correvo per le scale per andare a soddisfare le sue voglie.

Lo vidi sparire dietro gli ascensori, farmi un cenno, lo seguii.
C'erano i bagni lì, la porta di quello delle donne ancora dondolava, doveva essersi infilato lì.

Appena entrata mi sentii afferrare per la nuca, spingere a forza dentro un bagno, picchiai sulla parete opposta.

"Ferma lì, resta voltata!" Mi disse, poi sentii il suo alito caldo fra i capelli.
"Ti sono mancata, piccola? Ti è mancato essere scopata? Forza annuisci, puttana!"

Mi voltai lentamente a quel punto, avevo gli occhi lucidi, sì, mi era mancato.
"Puoi evitare di chiamarmi a quel modo, Lucas?"
Lo imploravo.

"Perché? Non sei qui per farti scopare a comando?"
Indagò il mio viso, cominciò a toccarmi il seno, estrasse il mio cellulare dal reggiseno e restò lì a ridere di me.

"Sei venuta a dirmi che mi ami ancora? Che questa farsa può finire e io e te saremo finalmente una coppia?"

A quel punto ero quasi tentata, non potevo chiamarlo amore quello, forse era più una dipendenza ma mi solleticò l'idea di quelle di sopra che si sarebbero strappate i capelli a vederci insieme.

Mia ad ogni costoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora