murales

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Dopo l'ennesimo appuntamento dal medico Emma si sentiva più sconsolata che mai. Alcuni giorni andava bene, altri non poteva nemmeno distendere le dita delle mani. 'Alla sua età è così raro', 'deve portare pazienza', 'troveremo una soluzione' erano soltanto alcune delle solite barzellette alle quali Emma non credeva più. Partire per Firenze per lei aveva significato un nuovo inizio, nonostante fosse senza soldi, senza un tetto sopra la testa, senza niente. Eppure dopo così tempo trascorso a vivere il suo sogno doveva essere diagnostica con l'artrite. Proprio a lei. Che amava dipingere e disegnare. Che amava fare arte. Erano arrivati a quota tre: tre diverse terapie, di cui una d'urto che l'aveva talmente sballottata da dover restare a casa da lavoro per un'intera settimana. Simon non poteva comportarsi meglio: la seguiva dappertutto, e in quella terribile settimana se la portava giù in studio con lui, ad accogliere i clienti e a svagarsi, a guardare arte prendere forma sotto la mano di Simon che tracciava i segni disegnati sulle persone con una tale maestria ... .

Ma stavolta, usciti da quel maledetto studio medico, non ne poteva più. Non poteva sentirsi dire ancora di portare pazienza e che presto si sarebbe trovata una soluzione per alleviarle il dolore. Ne aveva piene le palle delle menzogne di quei furfanti. Perché solo dei furfanti potevano essere. Con il cervello in fiamme, trascinò Simon all'interno della macchina, ma non dal lato del guidatore bensì da quella del passeggero. Emma sapeva guidare e aveva la patente, ma da quando era arrivata a Firenze, senza patente lasciava guidare Simon la sua macchina, giustamente, mentre a lei piaceva spostarsi in bici. Questa volta aveva bisogno di prendere la giornata per i capelli e capovolgerla.

"Cosa stai facendo?" domandò curioso e leggermente spaventato a Emma, prima di continuare: "Emma, dai, probabilmente ti faranno male tra pochi metri ..."

"Taci" lo zittì fredda. Simon rimase interdetto ma ubbidì. In fretta e furia mise in moto la macchina e uscì dal parcheggio, imboccò la strada e cercò di ricordarsi per bene il tragitto verso casa del dottor Rambaldi. Una volta ci erano andati d'urgenza per una forte crisi che aveva investito Emma nel cuore della notte. La situazione del momento potrebbe definirsi simile, soltanto che questa volta la crisi non fu fisica, bensì mentale. Simon era pietrificato. Non tanto per lo scatto d'ira di Emma, tanto per le sue qualità alla guida: con la mano destra stringeva fortissimo la maniglia sopra la sua testa, mentre il braccio sinistro era teso davanti a lui, ad aggrappare disperatamente il cruscotto, spaventato di intralciare le maldestre manovre di Emma per cambiare marcia. Le gambe tese come uno stuzzicadenti, con il piede destro che premeva a fondo per frenare. Ma Emma il freno non lo toccò nemmeno per sbaglio: sfrecciava per le vie della periferia di Firenze, in mezzo a decine di motocicli che suonavano il clacson contro quella scatoletta rossa che era la loro macchina.

Una volta arrivati davanti la casa del medico, parcheggiarono sbadatamente sopra il marciapiede che si affacciava dall'altro lato della casa. Emma uscì dalla macchina, puntava avvolta nel buio pomeridiano invernale alla casa del dottor Rambaldi. Dopo una breve controllata all'interno della casa e al garage, essendo sicura che nessuno fosse nelle vicinanze, tornò correndo alla macchina, aprì il bagagliaio arrugginito ed estrasse delle bombolette spray colorate (ne erano sempre ben riforniti, per definire di tanto in tanto il murales del negozio). Simon, da quando erano arrivati, si era girato una sigaretta e appoggiato con un fianco alla portella del suo lato della macchina. Osservava e cercava di capire cosa Emma avesse in mente di fare alla casa di quel povero medico, mentre fumava tranquillamente la sua sigaretta. La ragazza cominciò ad agitare quella bomboletta cercando di non fare caso al fastidio che iniziavano a darle le sue mani. Tracciò qualche segno su un lato della casa, prima di ammirare il proprio lavoro e tornare indietro alla macchina, dove Simon la osservava mezzo sorridente e divertito.

"Quindi?" domandò lui.

"Dammi una sigaretta" disse lei, sospirando fuori tutta la tensione che aveva accumulato nel viaggio. Simon d'altro canto ubbidì alle richieste della ragazza, preparando una sigaretta anche per lei, porgendogliela poi. Fumarono in silenzio, prima che il ragazzo decise che fosse giunto il momento di parlare seriamente.

"Lo sai che lui non c'entra niente con te, vero?"

Emma abbassò il capo, sconfitta.

"Non è colpa sua se stai male" continuò cauto il moro.

"Lo so" disse semplicemente lei, cominciando a piangere, liberandosi da così tanti pesi. Un pianto pesante ma che la rese così leggera, avvolta nelle braccia del ragazzo tatuato, che assorbiva tutte le sue lacrime come una spugna. Anche se la strizzi, un po' d'acqua ci rimarrà sempre ... e così funzionava anche il loro rapporto.

"Sono stanca Simon" disse tra le lacrime, prima di continuare, "e lo so che alcune persone stanno cento volte peggio di me e dovrei smetterla di lamentarmi, ma sono così stanca. Non so nemmeno perché l'ho fatto" confessò ridendo, "pensavo di stare meglio, credo":

"E stai meglio?"

"Un po'."

"Se non stai bene del tutto vuol dire che non l'hai fatto bene" disse Simon serio, staccandosi la ragazza di dosso, tenendola ferma per le spalle e guardandola dritta davanti agli occhi.

"Oppure vuol dire che non era la cosa giusta da fare?" domandò retoricamente, guardandolo incredula.

"Oh sì, quello era scontato" disse staccando le proprie mani dalla ragazza, spostandosi poi a prendere una bomboletta per sé e una per la ragazza dal bagagliaio ancora aperto, "ma non ho sopportato un viaggio angosciante per restare fermo a guardarti venti secondi mentre fai quella schifezza" disse puntando il dito verso il lato del muro ora colorato di nero della casa del dottore, prima di concludere "Quindi credo sia ora di divertirsi un po'. O fai le cose le fai fatte bene, o non le fai proprio".



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Capitolo filler molto semplice, ma anche per riportare l'attenzione su Emma e sulla sua malattia.

Come pensate si evolverà la situazione a riguardo?

Ars Gratia ArtisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora