back in the days, 4

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I giorni successivi al loro primo pranzo insieme furono speciali. Semplicemente stava nascendo una bella amicizia, che nascondeva ovviamente una reciproca attrazione. I piccoli baci di Simon sparsi qua e là per salutare Emma o dati solo per scherzo, cominciavano a diventare sempre più numerosi e affettuosi, accompagnati da un abbraccio e da una carezza. Emma aveva anche cominciato a lavorare al museo e questo l'aveva finalmente messa nelle condizioni di poter cercare una stanza più seria per lei (e una scusa per ricominciare un nuovo ciclo di ricerche e allungare la propria permanenza da Simon). L'unica cosa che spezzava e rovinava le giornate di lei erano quelle fitte dolorose, prima sporadiche e ora invece sempre più presenti, che attanagliavano le sue mani. A volte si bloccavano e ci voleva qualche minuto prima di sciogliersi, altre volte cominciavano a tremare. Emma non ci aveva dato molto peso e aveva deciso di ignorare il tutto.

Un giorno Emma era talmente sobbarcata dal lavoro che non si erano nemmeno accorta che era rimasta in studio fino alle dieci di sera. Soltanto la pancia che brontolava l'aveva destata dai mille e mille fogli che erano sparsi sul tavolo davanti a lei. Decise che era ora di darci un taglio e che avrebbe ripreso la mattina dopo, cominciò così a sistemare il delirio che aveva creato e si diresse negli spogliatoi del museo per recuperare la propria borsa e uscire. Fuori dalle porte principali per l'entrata al museo era seduto Simon su una delle piccole panche in marmo, avvolto in una leggera giacca per il vento freddo che spirava. Appena Emma lo vide si fermò sui suoi passi, stupita. Ma dovette risvegliarsi presto da quel torpore perché Simon girò la testa casualmente e vide Emma in fondo al portico con la giacca sotto mano e la tracolla pesante che le arrivava al fianco. Sorrise sincero e si alzò, aspettando che la ragazza arrivasse da lui. Incerta sui suoi passi e con il cuore che batteva forte, finalmente riuscì a raggiungerlo cercando disperatamente sulla strada di darsi una sistemata dopo tutte le ore passate a lavorare, ma sembrava del tutto inutile.

"Ehi" esordì Emma, salutando il ragazzo, "come mai qui?".

"Ho visto che non eri ancora tornata per cena, così ho pensato che saremmo potuti andare fuori a mangiare ... insieme, insomma" disse un po' in imbarazzo, e la cosa la faceva molto ridere "se ti va, ovvio, pensavo fosse una cosa carina, ma solo se vuoi, non ti voglio obbligare e ...-"

"Basta, zitto" lo interruppe ridendo, ora più sicura. Quanta tenerezza le faceva, vedere Simon di solito così sprezzante e sicuro di sé, in crisi. Almeno non era l'unica. 

"Meglio andare prima che cominci a mangiarti" disse cercando di spezzare l'aria tesa tra di loro.

Simon ora più tranquillo portò Emma in uno dei suoi posti preferiti, dove avrebbero potuto mangiare qualcosa di veloce ma comunque molto buono. E la loro cena passò in fretta, ricoperta da veloci e piccole carezze, da Simon prima seduto dall'altra parte del tavolo e dopo affianco ad Emma nella panca sul muro, da piccoli baci e da risate. E così continuarono fino a casa, fino a mattina, perché Simon non voleva andare in camera e dormire, ma stare vicino alla sua Emma a parlare e parlare e parlare.


***

ehi, il prossimo capitolo è l'ultimo prima dell'epilogo!

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