Ars Gratia Artis

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Durante gli ultimi mesi la malattia di Emma era migliorata nettamente, complice anche la sua maggiore presa di causa. Non si era più abbandonata a sé stessa, bensì cercava attivamente di aiutarsi, senza lasciare tutto nelle mani di Simon. La terapia sembrava funzionare e a parte qualche rigidità mattutina, tutto sembrava andare a gonfie vele. E così, per la prima volta dopo molto tempo, uscì soddisfatta dallo studio medico. Finalmente felice e sorridente. Le avevano dato talmente tante buone notizie che per un momento credeva di essere guarita – anche se sapeva benissimo che non fosse possibile.

Camminavano uno affianco all'altra verso la macchina nel parcheggio dello studio, Emma più che camminare stava saltellando dalla gioia, in realtà. Simon se la rideva sotto i baffi, mentre si accendeva una sigaretta guardandola.

"Ci credi, Simon?" domandò raggiante lei, con un sorriso enorme sul viso, "Presto potrò fare di nuovo arte, per davvero!"

Lui annuì, altrettanto felice quanto la ragazza esuberante al suo fianco. Si appoggiò alla portella della macchina con la schiena, finendo la sua sigaretta mentre guardava la ragazza girare su sé stessa, estasiata. Blaterava senza sosta. Non era così felice da tanto e nonostante la sua allegria Simon si sentiva in colpa: era soprattutto colpa sua se Emma non sorrideva così da tempo. Quella mattina aveva deciso di fare una sorpresa alla ragazza. Era un po' un azzardo, ma sapeva che per lei sarebbe stata una sfida più che interessante e forse avrebbe accettato. Così quando salirono in macchina le disse che aveva dimenticato qualcosa in studio e doveva farci un salto in velocità. Ma una volta dentro, Simon cominciò a tirare fuori tutti i suoi strumenti: macchinetta, guanti, colore e via dicendo.

"Hai un cliente per caso? Pensavo che tenessi chiuso di lunedì" chiese curiosa Emma mentre prendeva posto sulla scrivania dove Simon solitamente preparava i disegni.

"No, non proprio. Oggi sarò io il cliente" disse attento Simon, osservando la ragazza da lontano, vicino a uno dei lettini della stanza openspace. Vide Emma girarsi di scatto interessata, prima di parlare.

"Chi viene a tatuarti? Samu? Marco? Giulia?" parlò a raffica emozionata, curiosa di cosa si sarebbe fatto questa volta. Simon sorrise dolcemente all'ingenuità della sua Emma.

"Emma ... voglio che sia tu a tatuarmi" ammise ridendo.

La ragazza impallidì, spalancò gli occhi mentre osservava il suo pazzo compagno che stava tranquillamente terminando di preparare la macchinetta.

"Ma tu sei pazzo!"

"Non più di te" controbatté Simon, andando verso la scrivania dove era seduta la ragazza, per estrarre dei fogli e dei pennarelli e lasciare tutto davanti agli occhi della ragazza, prima di riprendere a parlare: "Ho un buco sulla gamba che voglio riempire. Pensavo che sarebbe stato divertente lasciarlo fare a te, appena saresti stata meglio".

Emma era ancora incredula davanti all'offerta dell'amico, ma perlopiù ... emozionata. E intrigata.

"Ti rovinerò la gamba ..." cercò miseramente di farlo ragionare, "hai dei tatuaggi bellissimi, non posso rovinare tutto":

"Non rovinerai un bel niente" disse sorridente il moro, prima di lasciarle un bacio in fronte e il pennarello nella mano. Uscì dallo studio per fumarsi una sigaretta e in quel momento Emma realizzò che non le aveva nemmeno detto cosa avrebbe dovuto disegnare e poi tatuare sulla sua pelle. Corse fuori per chiederlo, ma ovviamente Simon doveva traumatizzarla l'ennesima volta dicendole che avrebbe avuto carta bianca. Lei, che non aveva mai nemmeno tenuto in mano una macchinetta! Decise di arrendersi, dal provare a capirci qualcosa e di lasciarsi prendere dall'ispirazione. Lo spazio sulla gamba di Simon non era molto grande, per fortuna, ed Emma quando si sedette sulla sedia davanti alla scrivania non riusciva a farsi venire in mente niente. Dopo qualche minuto, che sembrano ore, Emma riuscì a farsi venire in mente qualcosa. Non le sembrava niente di eccezionale, ma giusto abbastanza per Simon. Cominciò allora a scrivere qualcosa nel foglio che le aveva lasciato il ragazzo, a decorare e a ridisegnare il tutto, finché dopo una trentina di minuti chiamò Simon all'interno per farli vedere il risultato.

"Cosa vuol dire?" chiese curioso, sorridendo e aggiustando il disegno a proprio piacimento.

"Ars Gratia Artis: l'arte per l'arte."

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