" Ti stavi toccando per me? "

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Salire le scale fino alla propria stanza era stato difficile, persino centrare la toppa della porta di casa era risultato tale quella notte.
L'odore della pioggia sull'asfalto lo aveva accompagnato fino al suo rientro, una volta nella propria camera tutto ciò che desiderava era infilarsi sotto le coperte e perdere i sensi fino alla mattina successiva. S'era spogliato per infilare la tuta, la testa girava o forse era tutto il resto a farlo mentre lui era lì, fermo, ad osservare la propria immagine riflessa di fronte lo specchio.
Provava una sorta di amore e odio per ciò che lo specchio rifletteva: se avesse potuto demolire e ricostruire da zero il proprio carattere e la propria psiche l'avrebbe fatto, d'altro canto però ne apprezzava le fattezze fisiche, quel corpo non troppo atletico e  ne troppo snello, le spalle larghe e l'addome Leggermente piatto.
Il ventre venne solcato dal palmo aperto in una carezza piena che giunse fino al cavallo dei pantaloni della tuta, la mano saggiò la virilità attraverso la stoffa senza che lo sguardo perdesse anche solo un dettaglio di quei lenti movimenti. Non era la prima volta che lo faceva, Emanuele, apprezzava particolarmente praticare autoerotismo di fronte al proprio riflesso, poter osservare le sue forme mascoline ed il piacere dipingere pennellate d'estasi astratte ma intense sul proprio volto.
Così la mano destra scivolò al di sotto dell'elastico mentre la mancina accarezzò la spalla, il petto ampio, scendendo lungo l'addome in tensione. Socchiuse gli occhi ed affondò con i denti nel labbro inferiore, l'alcool non fece altro che amplificare l'eccitazione e spazzare via qualunque tipo d'inibizione.
Sua madre non c'era, aveva il turno notturno in ospedale, tuttavia l'impressione di non essere solo venne spazzata via quando essa divenne concretezza: 𝘭𝘶𝘪 era lì e lo stava osservando.
Non era la prima volta che avvertiva lo sguardo prepotente di Diego  su di sé, di nascosto, era accaduto più e più volte nelle più svariate delle situazioni. Quello che di certo non si aspettò fu che la semplice sensazione astratta scaturita da uno sguardo diventasse qualcosa di più concreto come delle labbra che sfioravano la pelle, delle mani sui fianchi, il petto che aderiva alla sua schiena ed il bacino premere contro i suoi glutei.
Gli mancò l'aria, trasalì, ed ancor prima che potesse rendersi conto della situazione le braccia di Diego l'avevano già avvolto come le spire di un serpente; riaprì allora gli occhi per rendersi conto che in quel riflesso non era più solo, per incontrare lo sguardo predatore del ragazzo alle proprie spalle, famelico. Il primo istinto fu quello di ribellarsi dal suo migliore amico, i muscoli s'irrigidirono ed il respiro si fece d'un tratto più corto. Non era paura quella che provava per lui bensì eccitazione. Tuttavia quando le labbra di Diego  gli sfiorarono lo zigomo ed il collo sentì le gambe divenire molli e quel semplice gesto riverberargli dentro.
 
“ Ti stavi toccando per me? ”
 
Il tono di voce fu basso, caldo, duro. Il giovane si rese conto in quell'esatto momento di essere combattuto tra ciò che era giusto e ciò che desiderava.
La domanda reale fu perché desiderasse che quella mano serpeggiasse più giù, esattamente dove poco prima aveva sostato la propria. Poteva biasimare l'alcool? Poteva dare la colpa ad esso per aver mandato a puttane ogni briciolo d'inibizione? Oppure era soltanto il desiderio di esplorare quella sfera semi-sconosciuta della propria sessualità, l'attrazione fisica che poteva nutrire nei confronti di un altro uomo e le scintille che sarebbero scaturite dall'unione con qualcuno del suo stesso sesso?
Eppure no, non con lui. Maledizione, non con 𝘭𝘶𝘪.
 
“ Lasciami. ”
 
A differenza di Diego  il tono di Lele  vacillò, risuonò combattuto, desideroso e al contempo carico di disprezzo.
 
“ Lo so che lo vuoi, Emanuele. Non saresti ancora qui se non fosse così... ”
 
Gli sussurrò all'orecchio prima di sfiorarlo con la bocca, prima di ridisegnarne il contorno con la punta della lingua. Furono quelle stesse parole a farlo scattare come una molla, ma fu inutile perché le forti braccia del ragazzo strinsero la presa bloccandolo e al contempo il bacino aderì completamente al fondoschiena del giovane, facendogli così avvertire la propria eccitazione.
 
“ Sarà il nostro piccolo segreto. L'ennesimo. ”
 
Aggiunse, soave come il canto di una sirena.
Emanuele provava ancor di più eccitazione per lui, per sé stesso e ancor di più per il fatto di trovare quella situazione maledettamente eccitante e disgustosa al contempo. La testa vorticava, i pensieri erano sconnessi e confusi, ogni cosa che stava accadendo in quella stanza lui riusciva a recepirla in ritardo nonché in maniera del tutto distorta.
Ancor prima che potesse rendersi conto del sospiro di piacere che abbandonò le sue labbra quelle di Diego  furono sulla sua bocca avide, così come le sue carezze febbrili non si risparmiarono neppure un centimetro del suo corpo.
Lele sapeva che era sbagliato, che non avrebbe dovuto. Sapeva che l'indomani si sarebbe pentito e maledetto, che avrebbe tentato di scaricare inutilmente la colpa sul fatto che fosse ubriaco; sapeva anche che non si sarebbe mai perdonato di essere lì, inerme, piegato a quel boia che già anni prima gli aveva aperto le porte dell'inferno.
Eppure tutto perse di consistenza, i pensieri svanirono ed il tempo e lo spazio sembrarono diventare concetti relativi quando, tra parole oscene e carezze immorali, Diego  gli fu già dentro.
   
E questo, ad lele, piacque. Maledettamente.
 

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