11 Gennaio

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Caro Bruno, stasera il letto mi ha preso del tutto. Fuori continua a piovere a più non posso e io sto qui sotto le coperte.
Sono le 22.45 e domani sono a casa tutto il giorno.

Le cose sono andate avanti tranquille per un paio di giorni, ma stasera la calma è stata rotta.
Karima ha avuto la bella idea di portarci al locale dei suoi amici, dopo il lavoro.

Non ho potuto rifiutarmi, e non sarebbe neanche stato tanto male se non fosse venuto anche Matteo con noi.
Sono nervosa con lui, perché non so come comportarmi.

Io, ecco, diciamo che non sono stata mai l'anima della comitiva, ma stasera me ne sono stata in un angolo della tavolata a sgranocchiare la mia pizza. Continuavano a portare birre e neanche una bottiglia d'acqua.
Perfino Dora teneva banco come un vero tedesco, bevendo e intrattenendoci con le sue storie strampalate.

Io sorridevo e spesso guardavo fuori dalla finestra la strada bagnata di pioggia: non eravamo distanti da casa mia.
Chissà se Riccardo sarà in casa, pensavo.
Che fosse il caso di... Ringraziarlo in qualche modo?
Non so, magari una ragazza normale si sarebbe presentata alla sua porta con. .. Una pizza, tipo.
E avrebbe detto, disinvolta: "questa è per ringraziarti del soccorso dell'altro giorno".

Già.
Wow.

Peccato che io non sia mai stata il tipo.

Ora sarebbe il momento in cui ti racconto come ha fatto mio marito a conquistarmi in passato, ma non contarci.
Riesco a stare a galla solo rimanendo nel presente, i ricordi mi danno ancora la sensazione di perdere terreno sotto i piedi e lo stomaco sprofonda.

"Ehi, sei dei nostri?"
Non mi ero accorta che Matteo era venuto a sedersi vicino a me e mi sono sentita avvampare dalla vergogna.

"oh, scusa. No, è che forse sono solo un po' stanca... E la birra non aiuta" gli ho detto.

"Vuoi andare a casa?"

"Ehm..." il mio imbarazzo era al massimo.

"Tranquilla, non muoio nemmeno io dalla voglia di continuare a sentire mia madre che racconta delle sue imprese di gioventù"

Sorrisi.
"È una forza della natura"

"Dai, vieni, mentre nessuno ci nota" e mi ha preso per mano.

Aggrappandomi a lui, credo di aver visto Karima guardarci di sfuggita, ma ha subito distolto lo sguardo e fatto finta di nulla.

E nulla... Matteo è gentile, calmo, sereno... Mi ha aiutato a mettermi il cappotto e ha detto di non preoccuparmi del conto.
"Tanto mia madre offre sempre, in questi casi"

La sua mano era calda e solida, le sue attenzioni mi facevano lo stesso effetto delle birre appena bevute. Mi sentivo calma, sciolta, leggermente euforica.
Potevo abituarmi a queste sensazioni.

Nella sua auto, al caldo, pensai a quello che stavo facendo.
E che  cosa stavo facendo, di preciso? Mi stavo facendo trasportare dagli eventi.
La cosa è stata ancora più chiara quando lui mi ha preso la mano, guidando.

"Hai freddo. Ora la macchina si scalda, tranquilla" e togliendo la mano ha iniziato a regolare manopole.

Era stato un gesto troppo...premuroso, intimo.
Boccheggiavo.
Volevo parlare, aprivo la bocca per farlo, ma non riuscivo a far uscire neanche un suono.

Arrivati sotto casa, ha spento il motore.
Mi ha guardata.

"Matteo..."

"No. Non aver paura. Io non pretendo niente da te."

Aprii la bocca.
E poi cercai di sorridere.
"Ho paura di un sacco di cose, sai. Mi sembra di non sapere come comportarmi" confessai, decidendo che l'onestà fosse la mia unica opzione.
" Ma non ho paura di te. Temo solo quello che vorresti da me e... Non riuscire a dartelo." gli ho detto guardando sempre fuori dal finestrino.

Di nuovo la sua mano si è appoggiata sulla mia.

"So cosa hai passato"

E in quel momento l'aria si è fermata.

"Ho letto qualcosa sui giornali, ho cercato tue notizie con quel poco che sapevo. Non ho pretese, Maya."

Non sapevo cosa rispondere, riuscivo solo ad aggrapparmi di più alla sua mano.
Poi, sono uscita dall'auto.
La pioggia che mi bagnava era un sollievo.

Mi sono chiusa dietro il portone.

Per fortuna lui ha capito e non mi ha seguito, ma sentivo la sua macchina ancora in moto, nel parcheggio. Mentre prendevo fiato nell'atrio ho aspettato di sentire il suo motore allontanarsi.
Ci sono voluti  alcuni minuti.

Sono corsa in casa e mi sono messa a letto. Chiudendo gli occhi sentivo il lieve capogiro dato dalle birre e la cosa peggiore era che non potevo prendere i miei tranquillanti. Non sono ancora abbastanza coraggiosa da prenderli insieme all'alcol.

Non intendo che un giorno lo sarò, ma...chi può dirlo in fondo? Anche se, a essere onesta, un aspetto positivo di questa mia nuova vita è che ogni giorno mi sento un pò più lontana dal burrone. 

E' come se il buio che mi attrae constantemente ogni tanto perdesse forza. Però questo mi fa sentire quasi sbilanciata, come un disabile a cui tolgano di mano il suo bastone per un momento.

Matteo.
Potevo fidarmi?
Le sue brutte compagnie dicevano di no, ma il suo comportamento con me urlava di sì.
Ma io ero pronta ad appoggiarmi così a qualcuno? Perché di appoggio, poi, si tratta.

Da sotto le coperte ho sentito un rumore.
Ho tirato fuori la testa dalle coperte per sentire meglio.
Nulla.
Solo la pioggia contro i vetri.
Sembrava qualcosa di strisciante.
Mi sono alzata e in punta di piedi sono andata vicino alla porta.

Un rumore attutito, proveniva dal piano di sotto, di sicuro.

Scalza ho aperto la porta molto piano, perché non si sentisse il chiavistello. Non so perché l'ho fatto così... Non volevo essere scoperta a curiosare, forse.
Il rumore era più chiaro.
Plastica o cartone trascinata sul pavimento, al piano di sotto.
Mettendo un fermo alla porta sono uscita intenzionata a sporgermi dai primi due gradini, in modo da non farmi notare.

Aria gelida, portone aperto.
Era Riccardo, senza dubbio.

Quando ho visto l'atrio sono rimasta di sasso.
Una sottile linea di sporco entrava e segnava tutto il pavimento in direzione della sua porta.
Era... Scura... Rosso scuro.

I miei piedi hanno fatto 2 passi indietro senza il mio comando.

Un portone si apriva e qualcuno buttava un secchio di qualcosa sul pavimento.

Continuando a indietreggiare ho messo il piede sullo zerbino, poi dentro il mio appartamento e con il tocco di una farfalla ho richiuso la porta.

Cos'era?

Cosa avevo appena visto?

Mi sentivo in colpa, come se non avessi dovuto essere lì in quel momento.
Ri controllai se avevo chiuso bene i chiavistelli, le finestre. Non avevo luci accese, ero scalza quindi non avevo fatto alcun rumore.

Perché avevo paura?

Magari aveva fatto la spesa e rotto un barattolo di qualcosa.. No?



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