17 Dicembre

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Caro Bruno,
La scorsa notte ho dormito come un sasso, per via delle medicine.
Oggi sono andata a fare la spesa e quando ho sceso le scale guardando la porta del mio vicino, i muffin non c'erano più.
Da una parte mi fa piacere, dall'altra spero che non torni a ringraziarmi.

Uscendo dal minimarket con la spesa ho visto che fuori dall'ingresso un gruppo di giovani di vario colore e età mi sbarravano quasi la strada.
Con le loro discussioni in tre lingue diverse e gesti universali, mi sembrava che gli animi si stessero scaldando.
Provando a evitarli a testa bassa non mi sono accorta che andavo a sbattere nella gamba di uno di quelli col mio sacchetto.

'Ehi!'
Mi sono subito scusata cercando di sollevare meglio la sacca andando via.
'E non saluti nemmeno...Morticia?'

Ho alzato la testa per guardarlo ed era Matteo.
'Oh, ciao' gli ho detto senza fermarmi.
'Dove scappi, eh?' ha detto spostandosi lo stecchino dalla bocca staccandosi dal gruppo.
'Vado a casa, scusa ho fretta' ho biascicato in fretta.
Lui ha iniziato comunque a seguirmi e a un tratto mi ha preso il sacchetto dalle mani.
'Dai, ti aiuto'
'No, grazie, faccio da sola'
Lui mi ha guardato per la prima volta senza la solita supponenza e mi ha detto : 'Volevo solo aiutarti, non mangiarti' e ha messo le mani in tasca lasciando la presa.

Io mi sono fermata e riprendendo il mio sacchetto a due mani mi sono sentita un po' maleducata.
In fondo è il figlio di Dora, magari non è cattivo, solo borioso.
Ma non so perché non volevo portarlo fino a casa mia.
Quell'appartamento è la mia isola.
Solo lì posso essere libera di... Boh, forse di deprimermi?
Quindi potrebbe farmi bene aprirmi a qualcuno?
Non lui, però, viste le compagnie che frequenta.

'Scusami' gli ho detto guardandolo in faccia.
'Sei stato gentile. Non avrei voluto essere scorbutica'.
'Ok' ha detto.
I suoi occhi avevano cambiato espressione e sembrava stupito.
'Vuoi...non so, che ti accompagno a casa? E la spesa te la tieni da sola?'
'Grazie, ma ho alcune commissioni da fare. Ci vediamo, ok?' e ho aggiunto un mezzo sorriso.
'Come vuoi, ciao.'
E riprendendo il suo normale 'contegno' è tornato dalla sua cricca tirandosi sulla testa il cappuccio del parka.

È stato strano, direi.
Ma mi sono comportata bene, no?
Cioè, come direbbe il mio dottore sono stata socievole, gentile e ho declinato con cortesia.

E allora perché mi sento strana?
Non so, è da qualche giorno che mi sento come osservata.
E se Matteo avesse capito dove abito?
In effetti non mi ha scaricato lontano da casa e potrebbe aver visto che via prendevo e capito la zona.
Anche dopo che me ne sono andata verso casa, ha continuato a guardarmi da lontano.
Lo so perché ho sbirciato indietro facendo finta di guardare una vetrina.

Comunque mi sono guardata bene attorno prima di tornare a casa e ho addirittura preso una strada differente: sono arrivata dal parcheggio interno anziché dal vialetto dei locali come al solito.

Appena tornata ho messo a posto la spesa e guardato l'orologio: solo le 12.10.
Il tempo non passa mai quando non lavoro.
Ho ancora due giorni da sprecare, così dopo aver preso una razione di pastiglie extra (si, in questo momento va così) mi sono seduta sul divano a guardare un film.

Mi piace guardarli senza audio.
Capisco meno della storia, ma così mi devo sforzare di più e non rischio di scivolare nel mio nulla preferito.

A quanto pare era un film di guerra, niente di più noioso.
A un certo punto credo di essermi addormentata perché un rumore mi ha ridestato.

Un soffio, uno strisciare di qualcosa di ruvido.
Mi sono alzata a sedere subito pensando a un topo.
In fondo ce ne sono molti in questa zona.

Sono andata a controllare barcollando e ho visto l'orologio: le 21.47.
Accidenti quanto avevo dormito.

Sono andata in bagno per lavarmi la faccia.
Oddio.
Quella che mi guardava dallo specchio sembrava un riflesso invecchiato e sfocato di me stessa.
Un velo mi era passato davanti agli occhi da due anni e non potevo più strapparmelo.
A meno di non farlo con la forza... Ma a questo non dovevo pensare.

In fondo non mi importava.
Mi sono buttata sotto la doccia.

Quando sono uscita a piedi nudi ho notato qualcosa vicino alla porta.
Uno spicchio bianco in un angolo.
Mi sono avvicinata.
Era l'angolo di un foglio.

Qualcuno me lo aveva infilato sotto la porta, perché era quasi tutto fuori e non riuscivo a tirarlo dentro.
Sono rimasta gelata per un attimo.
Forse era quello il fruscio che avevo sentito prima.

Ho aperto la porta solo dopo aver ascoltato e guardato bene che non ci fosse nessuno sul pianerottolo.
Il mio spioncino mi permetteva di vedere tutto il piano, per fortuna.

Ho aperto uno spiraglio, tirato dentro il foglio e richiuso.
Trattenendo il respiro ho aperto quel foglio bianco piegato in due.

Ho sentito il cuore fermarsi un secondo quando ho visto cosa c'era dentro.

Una farfalla morta.
Era secca e schiacciata fra i due fogli come si fa con i fiori secchi.

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