Capitolo 8.

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Jake mi svegliò dopo qualche ora, quando oramai ero sprofondata in un sonno popolato di incubi su zattere al largo del mare, guance bagnate, pugni di terra e lestrigoni arrabbiati.

- Calipso, hey... - mi scrollò una spalla.

- Cos...? Oh, si... - mi stropicciai gli occhi e gli lasciai il posto sul letto.

Traballai fino al fuoco, mi sedetti a terra, forse un po' sgraziatamente, e inforcai il pugnale.

Ero riuscita a dormire, ma non un sonno tranquillo, piuttosto dominato dal passato.

Pezzi di passato che alla fine non passavano per nulla.

Tornavano sempre come mostri famelici, capaci di divorarti la mente alla ricerca di un ricordo che avevi cercato disperatamente di dimenticare per poter andare avanti.

Dopo pochi minuti Jake parlò, con voce assonata e il viso rivolto al muro, risvegliamdomi ancora una volta dai miei pensieri.

- Chi è Leo? - chiese sottovoce.

- Come... -

- Parli nel sonno - spiegò con la risposta pronta.

- Oh... Be lui è stato l'ultimo er... - cercai di non incrinare la voce e fermare la sgradevole sensazione di avere il cuore incastrato in gola.

- L'ultimo eroe salpato su Ogigia - riuscii a concludere la frase.

- Era un semidio come te, figlio di Efesto. Capelli scuri e ricci, sorrideva sempre -

- E te ne sei innamorata vero? -

Avvampai di colpo.

- Jake, ma... -

- Te lo detto. Parli nel sonno. Sei buffa - ridacchiò.

- Be... si - confessai.

Finii per parlare di Leo per i quindici minuti successivi. Le parole scrosciavano fuori senza bisogno che pensassi. Gli raccontai di come avesse distrutto il mio tavolino precipitando dal cielo. Di come inizialmente mi infastidiva. Del lavoro sulla console...

Jake non sembrava infastidito, anzi gli sarebbe piaciuto conoscerlo, mi disse.

Dopo pochi minuti il figlio di Ermes iniziò a russare beatamente.

Trattenni una risata, sembrava un bambino. Ma in fondo era stato molto comprensivo ad ascoltarmi.

Lo ammiravo per quello che aveva fatto.

Aveva 14 anni ma sapeva il fatto suo.

Si era arruolato con il Generale per salvare sua madre.

Ma avevo ancora un dubbio.

Gli serviva un'aiuto per uscire, ma perché proprio me? Era abbastanza furbo da scappare da solo, no?

Forse io avevo qualcosa che lui non aveva, ma che gli serviva.

Spremetti le meningi ma non mi venne in mente nulla.

Accantonai il problema.

Iniziai a scrivere a caso sulla pavimento impoverato.

Pochi secondi dopo capii cosa.

" Raggio Di Sole "

Cancellai subito la scritta con la mano.
Alzai il pugnale davanti al mio viso. Era quello che stavo per diventare? Una guerriera?
Evitai di guardare il mio riflesso, perché vidi qualcos'altro.

Una scintilla argentea aleggiava dietro la mia spalla.

Mi voltai di scatto, la luce sorvolò la stanza, per poi fermarsi davanti a me.

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