𝐗𝐗𝐈𝐈𝐈. "Gioco a poker con mio padre"

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- Sono tuo padre Felicity -

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- Sono tuo padre Felicity -

...

Rimasi pietrificata per alcuni istanti, no, era impossibile. Mio padre era, beh, morto, sicuramente era un allucinazione, stavo diventando pazza e dovevo solamente riposarmi un pò.

- Non ti farò del male, siediti - con la sua mano indicò una sedia e, probabilmente per la stanchezza, non esitai e mi sedetti riposando le gambe.

Osservandolo meglio quasi mi venne un colpo, era identico all'uomo che avevo visto nel mio "sogno", stessi capelli mori, stessi occhi azzurri, allora forse era veramente mio padre, e quindi poteva dirmi di più sulla mia presunta madre, e farmi capire qualcosa sulle origini della mia famiglia.

- Papà? - chiesi, come se volessi avere la certezza che mi potessi fidare di lui, subito annuì con un mezzo sorriso stampato sulle labbra; e mi fiondai nelle sue braccia: qualcosa dentro di me si accese, e piano piano mi fece  sentire sempre più tranquilla e consapevole che quello sarebbe potuto essere più di una semplice allucinazione.

- Oh tesoro, mi dispiace così tanto - disse mentre mi accarezzava i capelli in maniera paterna, e non potei rimanere solo che dispiaciuta da questa frase, lui si sentiva in colpa, MIO PADRE si sentiva in colpa, e per chissà quale remoto motivo.

Ci staccammo da quel lungo abbraccio con mala voglia, e ci guardammo negli occhi, poi però io scoppiai a piangere dalla felicità, insomma, avevo appena abbracciato mio padre, forse questo era il momento più bello della mia vita.

𝐚𝐫𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐦𝐨𝐦𝐞𝐧𝐭𝐮𝐦, j.s.potterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora