Capitolo 13

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-Noi siamo diversi. Noi non siamo come gli altri.-
Harry continua a ripeterlo mentre mi tiene per mano e i tira attraverso il mare di persone che affollano il campo.
Sembriamo due bambini smarriti in una landa desolata, dove la morte è così presente che si può afferrare con le dita.
Noi siamo diversi perché abbiamo i capelli lunghi e lucidi, noi siamo diversi perché abbiamo più carne che ci ricopre le ossa.
Siamo diversi perché abbiamo la possibilità di vivere mentre gli altri possono solo sperare di morire quanto prima.
Come se non mi sentissi già abbastanza in colpa. Perché io posso vivere e gli altri no?
Harry stringe la mia mano e io mi ci aggrappo come se fosse un'ancora di salvataggio. Ogni tanto incappiamo in un cadavere. Harry si ferma per vedere come reagirò. 

Non ho paura dei cadaveri, ho più paura dei vivi.
Nella mia breve vita ne ho visti tanti, di cadaveri. 

Prima mia madre. La ricordo, bianca e fredda nel suo letto, con il vestito delle feste. Così bella, con i capelli dorati che formavano un'aureola attorno alla sua testa. Poi ho perso il conto. La gente muore di fame ogni giorno, a Varsavia. Ci sono le esecuzioni capitali, quelle alla quali tutto il popolo accorre e poi ci sono quelli dell'ospedale, quelli che morivano tenendomi per mano, chiedendo di concedergli la grazia e salvarli.
Ma qui è diverso.

 A casa quando si incontrava un morto si tenevano gli occhi bassi e si passava oltre con rispetto, facendosi il segno della croce. 

Qui la gente passa indifferente, come se non ci fosse niente sotto i loro piedi stanchi, come se fossero abituati alla morte. E guardano dritto davanti a loro con occhi vuoti, come se anche la loro anima fosse vuota.

Sono quegli occhi vuoti che i fanno paura.
-Mi taglieranno i capelli? – domanda sciocca.
Non mi interessa niente dei miei capelli. Li raserei a zero se questo servisse a salvare almeno una persona qui dentro.
Harry scuote la testa e i suoi ricci rimbalzano come molle.
-No. Lui ci vuole belli da esibire. Vuole che tutti ci vedano come giovani e in forma. Siamo l'immagine del campo. I prigionieri modello.-
Recita come in una di quelle pubblicità che passano alla radio ogni tanto.
-Non lo chiamate mai per nome? – chiedo.
Lui rimane sorpreso dalla mia affermazione.
-No. È meglio non nominarlo. Comunque ti cercava da molto tempo, la ragazza perfetta.-
Camminiamo in silenzio mentre rifletto su questa frase. Come può la bellezza essere così importante?
Quando arriviamo davanti ad un capannone Harry bussa un paio di volte prima che un omaccione venga ad aprirci.
-Oh Little Harry – dice in un accento tutto suo – sei tu. Chi è il piccolo angelo che è con te?-
-È quella nuova – risponde il mio amico in tono confidenziale – trattala bene Karl. È mia amica.-
Seguo lo scambio di battute spostando lo sguardo da Harry a Karl.
-Cosa succede? – chiedo con la voce che trema.
L'omaccione mi squadra.
-Ora ti farò un tatuaggio. Tranquilla, non fa male, anche il tuo amico ne ha uno. Tutti ne hanno uno qui.-
Harry alza il braccio e mi mostra delle cifre nere impresse sulla sua pelle.
Deglutisco.
-Tornerò presto a prenderti – promette Harry andandosene.
Karl mi fa sedere su un piccolo sgabello e di chiede di scoprire il braccio sinistro. Accetto con riluttanza.
-Tranquilla, siamo tutti amici qui dentro – dice lui.
-Sei un prigionie
ro? – chiedo quando capisco che non mi farà del male.
-Che differenza fa? Non posso andarmene da qui, esattamente come te – risponde lui continuando nel suo lavoro.
Annuisco e guardo altrove. Sento di potermi fidare di lui e del suo strano accento.
Quando Harry torna a prendermi mi dice che lui ci aspetta per la cena. Ci sediamo attorno ad un bel tavolo apparecchiato nello studio in penombra.
Nessuno di noi parla. Harry mangia come se non mangiasse qualcosa di liquido da settimane, e probabilmente è proprio così. Anche io sono concentrata sul cibo, non mangio da almeno un giorno.
-Che silenzio – incalza Lui – Harry, perché non racconti ad Helena la tua storia?
Harry molla la forchetta di colpo come se l'avessero colpito. I suoi occhi incontrano supplichevoli i due pozzi neri del nostro carnefice.
Sospira e per un attimo penso che preferirebbe ingoiare pece piuttosto che raccontarmi quello che sta per dire.
-Sono nato a Monaco – inizia – mia madre era ebrea. Quando mi chiamarono al servizio militare ci nascondemmo in un appartamento segreto. C'erano due ragazze e – si ferma e guarda altrove.
Lui batte le mani e sospira soddisfatto.
-È la mia parte preferita – mi confessa.
Rivoltante. Posso sentire il dolore di Harry sulla mia pelle.
-Io e la ragazza più grande abbiamo deciso di sposarci. Siamo usciti, e ci hanno trovati. Lei è riuscita a scappare. Io sono finito qui.
Il mio pensiero corre subito a Niall e il mio cuore perde un battito. Appoggio la mano su quella di Harry e stringo forte.
-Potete andare – ci congeda Lui.
Io mi affretto ad alzarmi ma vedo che Harry è ancora seduto che fissa il piatto ormai vuoto.
-De.. devo fermarmi signore? – chiede con la foce che trema.
Lui ci pensa per un po'.
-No Harry, va con il nostro piccolo angelo. Non voglio che stia da sola la sua prima notte.
Il ragazzo si affretta ad alzarsi e a trascinarmi fuori. Quando siamo nel nostro block si infila sotto la coperta leggera che copre il suo letto e mi guarda.
-Mi dispiace per quello che ti è successo – gli dico.
Lui sorride.
-Lei è salva. È questo che conta.
Mi da le spalle e io rimango da sola con i miei pensieri.
Lei è salva, ma è senza di lui. E non esiste conforto per questa mancanza, e non ci sarà mai. È un vuoto che non si può colmare.
Lei aspetta il suo ritorno, anche se sa che non accadrà mai.
Io aspetto Niall. E prima di addormentarmi, ho la certezza che lui verrà a prendermi.

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Ed ecco a voi un nuovo capitolo !

Spero che vi sia piaciuto !

Baci baci Giuls.

Il ponte dei suicidi \\Niall HoranDove le storie prendono vita. Scoprilo ora