Capitolo 7

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L'ultima cosa che Niall mi ha detto di fare è correre ed è per questo che ora sto correndo per le strade notturne di Varsavia senza ormai più aria nei polmoni. Fa freddissimo, sento l'aria ghiacciata infilarsi sotto i miei vestiti e per un attimo penso di non riuscire a fare un altro passo.

La mano di Niall stringe forte la mia e mi sprona a correre più veloce.

-Ci siamo quasi – mi dice.

Nel buio della notte ho perso l'orientamento e non so dove mi trovo. Ad un tratto Niall mi tira per il braccio e mi fa entrare in un portone. Saliamo infiniti gradini nell'oscurità finché non arriviamo a quello che credo che sia l'ultimo piano. Sento una serratura scattare e Niall mi spinge attraverso una porta aperta.

- Entra – Gli trema la voce.

Accende una candela e finalmente posso guardami intorno. È un piccolo appartamento, un'unica stanza attaccata ad una minuscola cucina. C'è un letto malconcio ed un piccolo divano blu. Un massiccio tavolo di legno occupa gran parte della stanza e un minuscolo comò completa l'arredamento.

- dove siamo? - chiedo.

- a casa mia – risponde Niall senza volere in tedesco.

Non l'ho mai sentito parlare in questa lingua e ne rimango sorpresa. Conosco bene il tedesco, mamma me l'ha insegnato quando ero ancora una bambina.

- cosa facciamo adesso? - chiedo allora nella sua stessa lingua.

Sono stranamente tranquilla, ho appena detto addio alla mia famiglia, alla mia casa, al mio mondo. Tutti i miei averi sono contenuti in uno zaino verde dell'esercito nemico, eppure il mio cervello sembra affilato come un rasoio, i miei sensi sono acuti e tesi allo stremo.

Niall si volta verso di me sorpreso.

- parli il tedesco?

- si – rispondo secca. Non ha risposto alla mia domanda. Continua a camminare avanti e indietro per il minuscolo appartamento come un animale in gabbia.

Prende il suo zaino e lo svuota sul pavimento, tutti i miei vestiti si spargono sulle assi di legno bianco.

- hai dei documenti?- mi chiede riprendendo ad usare il polacco.

Annuisco e glieli porgo. Lui li afferra e li getta nel camino che sta prendendo vita. Resto immobile a guardare la mia identità bruciare e ridursi in cenere.

Lui mi strattona per un braccio.

- svelta, devi scucire la stella di Davide da tutti i tuoi vestiti, sbrigati.

Lo guardo per un attimo smarrita prima di sedermi sul pavimento nudo ed iniziare a scucire la stella gialla dal cappotto con mani tremanti aiutandomi con un ago che avevo messo nella borsa.

Sento l'inquietudine di Niall infrangersi contro di me a ondate e cerco di non piangere. Continuo a lavorare per tenere il cervello occupato. Quando ho finito le mani mi fanno male e non sento più le dita sebbene abbia portato con me pochissimi vestiti. Niall è in piedi vicino a me.

- ti prego, dimmi che hai un piano – lo supplico.

Lui mi porge una mano e mi aiuta ad alzarmi. Mi indica una sedia vicino al tavolo ed io mi siedo. Mi versa dell'acqua e si siede vicino a me.

- in effetti si – mi dice parlando piano, in tedesco.

Capisco che ha paura che gli inquilini degli appartamenti vicini sentano qualcosa.

- ci penso da un po' e credo che possa funzionare – continua – ti presenterò a tutti come mia sorella, venuta dalla Germania. Al lavoro tutti sanno che ho una sorella minore e dopotutto tu sei bionda e hai gli occhi azzurri, può funzionare, deve funzionare.

Il ponte dei suicidi \\Niall HoranDove le storie prendono vita. Scoprilo ora