11. ANDRÀ BENE.

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Osservò le sue clavicole per minuti incessanti, ammirandone attraverso lo specchio il colore dorato. Gli piacevano. A dire il vero gli piaceva tutto del suo corpo, dalle spalle larghe alla schiena piena di nei, dai glutei sodi alle gambe snelle. E persino il viso. Qualche volta gli piaceva persino il suo viso.

Poggiò la schiena alle piastrelle bianche ed abbassò lo sguardo sul suo petto, seguendo il delicato strato di peli - visibili per via della luce fioca - fino al suo ombelico.

Tuttavia odiava se stesso. Desiderava tagliarsi a fette la carne fino a trovare la sua anima e stritolarla con forza. Accoltellarsi il cuore arido.

Era stato così tanto tempo solo con sé stesso - in quell'ultimo mese e per tutta la vita - che pian piano aveva cominciato a disprezzare la sua stessa compagnia. La solitudine, quando non aveva nulla da scrivere non gli serviva. Anzi, la scrittura gli faceva talvolta dimenticare quanto fosse solo. E ora che aveva pian piano cominciato a sentire la pressione di non riuscire a buttar giù mezza parola, aveva cominciato a percepire ancora di più la pesantezza della solitudine interiore e cosmica*. Era dura in quei momenti avvertire il dolore del mondo e non poterne parlare. Esso rimaneva incastrato nel suo cuore, impedendogli talvolta di buttarlo fuori attraverso le lacrime.

Forse scrivere della solitudine la faceva pesare di meno perché quando pensava a quale aggettivo usare piuttosto che un altro si dimenticava che alla fine della giornata sarebbe andato a letto completamente solo nel suo piccolo universo, in cui lui era il satellite di un altro pianeta.

Si sfiorò le labbra carnose, avvicinandosi allo specchio e posando lo sguardo su di esse. Ci permette il dito, mentre le sue cosce toccavano il lavandino freddo e sporco dei rimasugli dei trucchi che aveva provato ad indossare - e poi aveva tolto dal suo viso con dell'acqua micellare.

Aveva provato ad uscire quella sera ma la verità è che era passato più di un mese dal compleanno di Yoongi e non era uscito di casa se non per andare a lavoro. Aveva risposto a qualche messaggio di Véronique, il più delle volte utilizzando monosillabi. E lei aveva smesso di scrivergli. Gli serviva tempo, non sapeva ancora quanto. Voleva incontrarla e lasciarsi stringere da lei, ballare nel suo salotto. Ma delle volte era inevitabile scivolare ancora di più nella solitudine.

Codardo. Affondò il pollice sul suo labbro inferiore, cercando di ricordare l'ultima volta che qualcuno lo aveva baciato. Raccolse il rossetto rosso dal ripiano del suo bagno e ne mise un po' sulle sue labbra, passandoci sopra le dita. Come se qualcuno mi avesse appena baciato.

Margot aveva smesso di baciarlo cinque mesi prima. E prima di Margot c'era stato Henry. Prima di Henry, Oliver. Prima di Oliver, Dana. Prima di Dana... non voleva più ricordare. Margot, comunque, era quella che più di tutti gli altri gli era stata accanto. Nella sua solitudine. Taehyung, anche con i suoi baci, con le sue carezze, delle volte si sentiva solo. Quando, dopo aver sollevato la testa dal suo addome, ritornava alla realtà e si rendeva conto che Margot avrebbe smesso di amarlo.

O forse non era andata così. Forse Taehyung preferiva allontanarsi perché aveva troppa paura. Perché da sempre aveva creduto che per gli altri fosse impossibile amarlo. Forse era stato lui ad allontanare Margot. E quell'ultimo bacio era stato così disperato perché era Margot a tremare di disperazione.

Voleva provare qualcosa. Qualcosa di vero. Che non fosse dolore. Ma appena il dolore si allontanava dalla sua vita Taehyung ricominciava a cercarlo, poiché senza di esso non sapeva vivere. Ne era innamorato. Era ghiotto di dolore e di tutte le sue sfumature.

Codardo. CODARDO. Ecco che cos'era. Non voleva mai condividere il suo dolore con gli altri, ma questo significava condannare sé stesso e persino gli altri. Voleva cambiare le cose, ora che nella sua vita qualcuno aveva cominciato a pensare realmente a lui. Nel modo più genuino del termine. Senza un secondo fine. Ora che anche lui aveva bisogno di pensare a qualcuno. Per ricordarsi che non era solo.

Parafrasi del DoloreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora