02. MIN YOONGI ARRIVA CON LA PIOGGIA...

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La complessa melodia della pioggia era oggetto di studio per Taehyung. Stare davanti alla finestra con un taccuino in mano era una routine alla quale non si poteva sottrarre, poiché le dita correvano quasi al di fuori del suo controllo a raccogliere una penna e della carta per descrivere con quale ritmo il ticchettìo delle gocce si ripeteva.

Per Taehyung la pioggia non era mai uguale e le parole da utilizzare non potevano mai essere le stesse. Sì, forse era quella la parte affascinante della pioggia e vivere in una città come New Orleans giovava particolarmente a questa particolare passione. Di certo non aveva avuto spesso la fortuna di vivere le piogge estive, troppo impegnato a vivere l'eternità della Corea del Sud, eppure gli bastava sentire il gelo dell'inverno sin dentro le ossa e l'odore acre della terra per sorridere tutto soddisfatto verso il tumultuoso cielo della sua sfortunata città.

C'erano dei momenti in cui rallentava il passo nella sua strada verso casa dalla scuola solo per assaporare la sensazione delle prime gocce di pioggia sulla pelle pallida del viso e tra i capelli scuri come colate di cioccolato fondente. Il primo pianto degli angeli era la parte più bella della pioggia, pensava Taehyung, poiché vivere quell'emozione dal principio faceva scorrere pura adrenalina nelle sue vene. Chiudeva gli occhi ringraziando il cielo per quel dono e, anche se al di sotto delle sue palpebre focalizzava sempre un campo di grano in Corea del Sud, poteva fingere di godersi New Orleans per un solo momento.

Si godeva il tremolio che riscuoteva persino le sue membra, le labbra tremanti e le ciglia gocciolanti, il cappotto zuppo ed i calzini freddi sotto la stoffa delle converse consumate. Amava la distruzione che la pioggia portava al suo essere, poiché era la più bella agonia che si potesse mai sperimentare.

New Orleans... la sua città sfortunata. La sua città maledetta. La sua prigione di cristallo, di acqua e di freddo umido. La sua città di cupa tristezza e di jazz spacca-timpani. La sua città senza redenzione e senza vergogna. Senza perdono.

La sua città fatta di gambe di gelatina nel cammino verso la scuola. Fatta di occhi bassi sulla punta rovinata delle scarpe e capelli lasciati scivolare appositamente sul viso per evitare che qualcuno s'accorgesse di lui. Eppure Taehyung non era una goccia di pioggia, non poteva essere solo una fottuta goccia di pioggia. Non poteva essere semplicemente acqua, Taehyung era un po' come quelle gomme da masticare che le persone pestavano senza nemmeno rendersene conto e che poi cercavano di grattare via tra una bestemmia e l'altra, riducendolo in milioni di frammenti.

Taehyung tentava di essere elastico ma c'era sempre qualcosa che lo spezzava. Ecco come si sentiva senza la sua pioggia e senza la sua Corea: spezzato. Taehyung si sentiva ridotto in milioni di pezzi, era frantumato e non sapeva come raccogliere i suoi resti da terra.

Gli occhi bassi sulle punte delle scarpe, dicevamo? I capelli sul viso, le labbra strette in una linea dura, il corpicino nascosto dal cappotto? La paura sulla punta della lingua? Era questo Taehyung, quando usciva di casa per andare a scuola?

Taehyung si conformava con questa definizione, modellando il suo essere ad un omuncolo fatto ad immagine e somiglianza della paura più cieca. Taehyung aveva paura e non aveva la pioggia nelle tasche del cappotto ad infondergli coraggio, come avrebbe fatto?

Malediva il cielo per avergli regalato il sole e s'incamminava velocemente verso il suo personale inferno. Era solo una piccola anima che tentava di esistere tra un pugno nello stomaco e uno sputo sul viso.

Per quanto tentasse di sfuggire a quei mostri che da anni lo perseguitavano, essi lo conoscevano così bene da essere capaci persino di anticipare le sue mosse. Non lo seguivano più perché sapevano già dove sarebbe andato. Gli bastava voltare l'angolo per percepire il fiato nauseante di uno di loro sulla tempia. Storceva il naso e il tuo alito puzza come un corpo in putrefazione cosparso di merda, pensava. Si chiedeva spesso che cosa mangiassero - o bevessero - quei bastardi prima di venire a scuola, perché non era possibile che puzzassero così tanto a quell'ora del giorno.

Parafrasi del DoloreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora