04. GIRASOLI E GIRAVOLTE.

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13 FEBBRAIO 2018.

Era abituato a portarsi un po' di pioggia nel cuore, come se esso fosse una comoda tasca in cui riporre i brividi di quell'emozione. Le gambe lunghe e snelle volteggiavano velocemente mentre le scarpe lucide sguazzavano tra le pozzanghere, facendo tremare la sua anima di una malinconia buona. Aveva lasciato parte di sé nell'essenza della pioggia — come nel calore del sole coreano.

Tuttavia quando quella sera uscì di casa il suo petto era paragonabile ad una buia e spaventosa lacuna, in cui il suono del suo cuore spaventato rimbombava irregolarmente. L'aria era secca, il vento soffiava troppo forte e la punta dei suoi stivaletti pareva troppo lucente, sotto il luccichio della Luna e delle stelle.

New Orleans lo osservava rumorosa come sempre, mentre il suo respiro si bloccava tra i polmoni e a fatica veniva buttato fuori. Le luci gli illuminavano il volto arrossato dal freddo e la musica gli riempiva la testa fastidiosamente e forzatamente, disorientandolo.

S'era vestito di scuro, come se volesse sparire nell'ombra della notte, avvolto dalle luci che tentavano di catturarlo e dal suono di un sassofono che tentava di soffocarlo tra le note musicali. Un passo, un battito di ciglia. Un altro passo, il cuore scivolava un po' di più. Altri passi, la sua testa doleva e i suoi occhi bruciavano.

Voltare l'angolo e vedere l'insegna luminosa del locale non aveva mai raschiato così tanto nella sua anima, poiché il suo corpo ancora fremeva di emozioni contrastanti al ricordo di ciò ch'era successo l'ultima volta che vi aveva messo piede. Era tutto un fango di ricordi troppo freschi ed appiccicosi: due occhi liquidi come miele sgranati per la paura e una distesa di seta macchiata di nei. E, la parte più difficile da mandar giù: due mani sporche e tozze, troppo violente, con troppe pretese.

Perciò sgusciare tra la gente e le luci colorate gli parve quasi soffocante, mentre teneva gli occhi scuri stretti in due fessure per quel dolore anomalo che gli stringeva il petto in una morsa.

Aveva tante domande da porsi, eppure quando poggiò il cappotto sulla solita sedia e ne estrasse un taccuino dalla copertina rovinata, il mondo aveva già cominciato a scavare violentemente in lui. Ordinò con un nodo alla gola, la voce che tremava un poco e le mani sudate; una consapevolezza si stava insinuando sottopelle.

Il liquido freddo scivolò nella sua gola con la stessa facilità di un pugno di chiodi, raschiando fastidiosamente e bruciando come se si trattasse di lava bollente. Con la mano strinse la penna, mentre la sua mente urlava parole sconnesse e le sue mani riempivano le pagine di cancellature.

La parole erano incastrate nel suo essere e lì decisero di restare, meschine e misteriose.

Dio, non togliermi le parole, sono tutto ciò che mi rimane.

Come poteva cancellare il dolore se esso rimaneva incastrato tra lo stomaco e lo sterno? Come poteva svuotarsi di tutto quel buio se esso trovava posto tra i tessuti del suo corpo?

Doveva imparare a fidarsi delle sue paure, forse solo in quel modo sarebbe riuscito a strapparsi le parole dal petto. Doveva osservarle con il cuore in gola, le labbra cucite e gli occhi attenti, discreto e tremante. E poi, una volta sicuro di aver letto tutto il buio che gli riempiva l'anima, avrebbe potuto servire il suo cuore su quella pagine giallognole, macchiandole con il suo sangue e la sua oscurità.

«È libero?» Una voce incredibilmente candida e liquida scivolò tra la musica e le luci, stuzzicando il suo udito.

Quando Taehyung sollevò il viso, gli parve impossibile non schiudere le labbra alla vista del pallido viso della ragazza. Si guardò intorno, quasi a voler controllare che quel mostro non si trovasse nei paraggi.

Parafrasi del DoloreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora