03. ...E SE NE VA CON IL SOLE.

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Taehyung dovette reprimere il tumultuoso tremito che quella notte lo scosse silenziosamente. Un tarlo grattava con insistenza nelle pareti del suo cranio, e il ragazzo dimenticò come si respirava.

Il cuore che rimbombava nella sua cassa toracica e le punte delle dita che presero a formicolare, alcuni dei segnali che suggerivano a Taehyung che ci fosse una grossa possibilità di passare una notte in bianco. L'arte è talvolta impossibile da contenere - quel tarlo può risvegliarsi ovunque ed in qualsiasi momento.

Si sollevò a sedere, osservando le tremolanti luci della sua città sfortunata brillare disperatamente, mentre in lontananza qualcuno suonava il sassofono con una malinconia tale da intrappolare il fiato nella sua gola. Gli occhi scuri come un cielo senza stelle vibravano di curiosità, mentre lasciava che quell'odiosa e palpitante melodia s'insinuasse sotto la sua pelle.

Agghiacciante. Mostruoso. Il jazz per Taehyung era sempre stato un universo che necessitava di restare inesplorato, eppure nelle melodie più strazianti del genere aveva sempre trovato un senso di appartenenza.

Taehyung stava bene laddove il dolore aveva lasciato il suo marchio.

Così si alzò dal letto, i piedi nudi trascinati lentamente sul parquet e la pelle d'oca a ricoprire interamente il suo corpo. Aprì lentamente la cigolante finestra della sua camera, permettendo alla musica di invadere senza preavviso lo spazio compreso tra quelle pareti ricoperte di poster e articoli di giornale.

Schiuse le labbra quando si accorse che il disperato musicista era senza alcun dubbio molto più vicino a lui di quanto pensasse. Così le note emesse dal sassofono lo avvolsero completamente, come quando ci si immerge nella gelida acqua del mare. Quella musica era acqua gelata e dolore denso come catrame. Taehyung ci stava affogando, si stava intossicando e stava lentamente abbandonandosi al suo destino come aveva fatto la gabbianella di Sepúlveda.

Le lunghe ciglia accarezzarono dolcemente i suoi zigomi mentre chiudeva lentamente i suoi occhi, ed i colori della città disegnavano forme sul suo viso e sul suo collo e sulle sue clavicole scoperti.

La città creava la sua arte sul giovane corpo di Taehyung, lo modellava e lo carezzava con le luci colorate e la musica straziante, mentre la sua mente ripercorreva ancora una volta gli avvenimenti di quel pomeriggio. Le sue paure avevano trovato rifugio negli occhi di uno sconosciuto, due occhi tanto profondi da averlo catturato sul fondo di essi.

Min Yoongi gli era diventato amico senza nemmeno conoscerlo e Taehyung si chiese se valesse la pena trascinarlo con sé nella rovina più totale che era la sua breve esistenza.

Mi dispiace, Yoongi, ma raccogliendo le mie parole ti sei macchiato della mia rovina. Sono come una gomma da masticare, prima o poi avvertirai l'istinto di volermi cacciare.

Taehyung si sentiva una gomma da masticare e un bicchiere di cristallo e la tela di un artista. Si sentiva la testa esplodere per i troppi sentieri ed il sangue pompare nelle vene fino a fare fiorire le margherite sul suo debole cuore. Voleva raccogliere il polline di quei canidi fiori e seminare un po' di bene nel suo animo, ma non ne era capace. Non ancora.

Non ancora poiché era troppo occupato a cercare di cambiare sé stesso per rendersi conto che le risposte erano proprio sotto il suo naso. Taehyung conosceva sé stesso ma fingeva di non vedersi allo specchio.

Forse era un corrotto, poiché non vedeva la bellezza nella conoscenza del proprio animo. Conoscere sé stessi è un'arte. E la ricerca della conoscenza di sé stessi e allo stesso modo arte.

Parafrasando le parole di Oscar Wilde, Taehyung era arrivato alla conclusione che l'uomo esiste perché possa, durante la sua vita, scoprire, sviluppare e perfezionare sé stesso.

Parafrasi del DoloreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora