22. AFFOGARE L'ANGOSCIA.

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La melodia del mare suonava nelle sue orecchie come le corde di un violino, Taehyung voleva imbottigliarne il profumo e vestirsi di esso per sempre.

La linea netta, pulita dell'orizzonte separava il blu del mare dall'azzurro del cielo, e i contorni delle dune e delle onde si facevano sempre più vicini, sempre più nitidi.

L'Oceano era pace. E Taehyung lo sentiva già nel suo corpo, il modo in cui la danza ritmica delle onde calmava i suoi muscoli, gli rendeva la testa leggera, i capelli a carezzare le sue gote arrossate dal vento secco. Si sentiva morbido, il corpo e la mente sciolti, liquidi.

Di fronte all'Oceano, infinito, adorato Oceano, si sentiva amato. L'Acqua e il Sole lo amavano, Taehyung lo sapeva quando i raggi baciavano d'oro la sua pelle, riflessi sul volto azzurro del mare e incastrati nelle ciocche scure dei suoi capelli. Disegnavano lentiggini sulle sue spalle, lo avvolgevano in un abbraccio che portava via il pallore dell'inverno.

«Nemo non aveva mai visto l'Oceano» disse Lisa. Stringeva il gatto tra le braccia, un piccolo sorriso sulle labbra, che illuminava il suo viso pallido ancor più dei raggi del sole. Nemo girò la testa verso Taehyung, come se avesse sentito il suo sguardo. Aveva l'aria che solo un uomo anziano e saggio ha; c'era qualcosa di spaventosamente umano in lui, come se da un momento all'altro avesse potuto iniziare a parlare.

Al contempo, un senso di calma avvolgeva il corpo di Taehyung quando lo guardava, come se lo conoscesse da sempre. Un vecchio compagno, un anziano che amava raccontare storie... Nemo aveva un'aria vissuta.

Ma vedere per la prima volta l'Oceano, forse anche in lui aveva suscitato quello che aveva suscitato in Taehyung la vista dell'immensa distesa di blu la prima volta.

Taehyung ricordava tutte le sue prime volte: la prima volta in Corea, la prima volta al mare, la prima volta che diede un bacio (che qualcuno gli rubo un bacio di zucchero filato, sotto l'ombra di un albero), la prima volta che aveva letto un libro. Anche se non ricordava esattamente il momento, rammentava la sensazione, il sentirsi così piccolo dinanzi all'immensità.

Véronique gli prese la mano, poggiando la testa sulla sua spalla. I suoi ricci gli pizzicavano la guancia. «Grazie» sussurrò.

Eccola lì: la sensazione. Taehyung si sentiva un puntino nell'immensità, come una stella nel cielo. E al contempo il calore di quel momento lo fece sentire sconfinato, come quando si distoglie l'attenzione da una stella e si vede il cielo in tutta la sua interezza — e non vedendo una fine si trema e si piange dinnanzi a tutta quella vastità.

Ma Taehyung non aveva paura: non era mai stato così coraggioso nel voler accogliere un'emozione.

Voleva e doveva essere coraggioso.

Inclinò il viso e osservò il profilo di Véronique: i grandi occhi, solitamente ospiti di una immensa solitudine, brillavano; le guance, solitamente pallide, erano dipinte di un timido rossore, quello tipico di un sentimento di spontanea serenità; le labbra tremanti, come ad anticipare un singhiozzo.

Taehyung le baciò la guancia, stringendosi le sue mani al petto, e sapeva che stava piangendo.

*

«Mi dispiace che papà non sia venuto» disse Lisa. Faceva disegni sul bagnasciuga con un bastoncino e li osservava svanire, portati via da un'onda.

Taehyung girò il viso, puntando il suo sguardo sull'acqua. «Dispiace tanto anche a me. Pensi che la prossima volta riusciremo a convincerlo a venire?»

Lisa si strinse nelle spalle. «Forse se ci parlassi tu. Ti vuole bene. Ti ammira tanto. E poi hai proprio un modo di parlare... potresti sicuramente convincerlo», sospirò, «se lo merita di vedere il mare».

Parafrasi del DoloreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora