00². ANGELO TENTATORE.

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nota dell'autrice: so che questa intro può sembrare superficiale e ricca di cliché, ma sappiate che dietro ogni dettaglio c'è davvero qualcosa di elaborato e magari dietro ad un qualcosa di elaborato c'è solo una scura nuvola di fumo. quando la scrissi avevo in mente una trama completamente diversa, quindi delle volte la odio profondamente, con tutto il mio cuore.

solo... davvero, non fermatevi qui. :)

12 LUGLIO 2018.

Insegnami, mia Afrodite, a parafrasare il dolore che mi porto dentro. Insegnami a riempire questo vuoto sputando le parole che fanno marcire il mio cuore, riempimi d'amore con le tue labbra di fragola e la tua pelle di latte. Ti sto chiedendo, con le nocche aperte dalle profonde ferite, di stringere il mio corpo sfinito e riportarmi a galla. Pensi di poterlo fare? Pensi di poter sopportare il peso di tutto questo dolore e questa immensa cosa che cresce in me, nei tuoi confronti? Ho paura a chiamarlo sentimento, ma non posso fare altrimenti. Vorrei trascrivere il mio sconforto perché tu possa comprenderlo, ma ho bisogno di te per poterlo fare.

CINQUE MESI PRIMA: 11 FEBBRAIO.

Aveva le dita arrossate, per via del modo feroce in cui le aveva premute sul taccuino ingiallito e di quello in cui le aveva strette attorno alla penna. Con la testa china sul tavolo, si domandava cosa scrivere dopo quell'ammasso di parole a parer suo scritte senza alcun senso logico. Aveva una strana sensazione, come se stesse navigando in mezzo all'oceano pacifico a bordo di una zattera troppo trasandata per portarlo a destinazione, per garantirgli la salvezza.

Perciò decretò che la sua scrittura non valeva nulla - almeno in quel momento - e che sarebbe stato meglio finire quel drink che si riscaldava all'interno del bicchiere - che aveva tutto l'aspetto di essere di cristallo - nella quale gli era stato servito. Chiuse il taccuino concentrandosi sul tonfo sordo che quel movimento provocò. Restava in ascolto, isolando però la musica che si librava nel locale. Allungò le dita sottili verso il suo calice, sollevandolo e portandolo alle labbra bisognoso di dissetarsi, oppure di dimenticare di aver fallito un'altra volta. Le rosee labbra si bagnarono del liquido azzurro contenuto dal calice e Taehyung dovette passarci sopra la lingua per assaporare anche quelle più piccole gocce.

A poco più di una decina di metri da lui delle graziose ballerine danzavano dietro un vetro che le proteggeva dal pubblico famelico di scoprire cosa si trovasse sotto ogni strato degli stravaganti abiti da loro indossati. Non si trattava di spogliarelliste, ma piuttosto di fanciulle con il dono della danza capaci di incantare per il modo in cui lasciavano cadere quegli strati di raffinati abiti per poi lasciare ogni membro del pubblico a corto di parole mentre si esibivano in elaborate coreografie con addosso gli abiti finali: i più stravaganti.

Era bizzarra come cosa, pensava Taehyung, decine di persone si ritrovavano lì ogni giorno solo per poter ammirare quei movimenti aggraziati e bere qualcosa venendo cullati dalla musica.

Eppure anche lui si trovava lì. Di certo non per osservare lo spettacolo, piuttosto perché quel posto gli sembrava talmente particolare da sbloccare in lui quella sensazione di pace interiore a cui difficilmente si lasciava andare. Insomma, sotto le luci colorate e il silenzio di un pubblico a cui veniva tagliata la lingua, Taehyung era capace di scrivere pagine intere fermandosi solo per ordinare un altro drink.

Questo agli altri sarebbe sembrato altrettanto stravagante ed inusuale. Certo, se qualcuno avesse saputo. Ma nessuno sapeva e, più di tutto, nessuno si fermava a guardare, a chiedere, a curiosare. Si sentiva al sicuro, in quel posto, perché consapevole che nessuno avrebbe potuto smascherarlo.

Parafrasi del DoloreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora