13. PARAFRASI DEL DOLORE.

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Chissà se era vero, che le fotografie avevano il grande potere di congelare il tempo. In fondo il mondo non resta mai ad aspettarci, non si ferma per darci il tempo di guarire le nostre ferite. Eppure.

Eppure Taehyung credeva che le fotografie non fossero da sottovalutare. Erano punti di vista, punti di vista che piuttosto intrappolavano il tempo e lo imprimevano sulla carta per l'eternità. Le fotografie rubavano gli attimi al tempo. Ed era vero, perché nessuna fotografia potrà mai essere uguale ad un'altra. Il nostro essere cambia con lo scorrere del tempo, molto più velocemente di quanto pensiamo.

E quindi Taehyung osservava sé stesso, un po' s'innamorava dell'idea di quel ragazzino sporco di terra e di erba perché qualcun altro si era innamorato di quell'immagine prima di lui. Ecco, forse cercare di fermare il tempo è impossibile, ma dare un valore al tempo strappandogli i ricordi è un modo alternativo di farlo. O mi sbaglio?

Anche Taehyung si poneva queste domande, seduto sulla panchina della grande sala silenziosa. Nel centro di New Orleans la moglie di un defunto artista aveva deciso di esporre le foto e i dipinti del marito. Sotto ogni opera c'era un post-it, scritto a mano da lei. Faceva male al cuore pensare al tempo che Richard Norton (così si chiamava l'artista) aveva strappato alla sua vita per dedicarsi all'arte - ché l'arte non è altro se non una fuga dalla realtà - e a tutto quello che aveva investito la sua amata Zoë per farlo rivivere tra quelle cornici.

E, Dio, ogni volta che allungava il collo per leggere uno dei post-it si chiedeva se un giorno qualcuno avrebbe parlato di lui allo stesso modo.

Comunque era fermo davanti ad una fotografia da almeno mezz'ora. Non c'era niente che lo spingesse ad alzarsi da lì e soprattutto c'erano tutti i motivi del mondo per restare lì per sempre, a sperare di vivere una morte gloriosa quando quella di Richard. Era così concentrato sul volto serio di Zoë che non si era accorto della persona che gli sedeva accanto. Almeno finché non tossi.

«Mi spiace» disse sollevando la chioma castana.

Taehyung si voltò verso la ragazza, osservando la punta arrossata del suo naso e le sopracciglia folte leggermente aggrottate mentre cercava di calmare la tosse. Aveva un volto spaventosamente familiare e quella sensazione gli fece così tanta paura che si guardò intorno per assicurarsi di non essere solo con lei. Magari aveva un volto comune. No, decisamente no. Ma comunque l'aveva già vista.

E poi lei sollevò il volto e la consapevolezza lo colpì così forte da farlo tremare. Gli sembrava ancora di essere sul bus che collegava New Orleans alla spiaggia di sentire il pollice di Yoongi carezzargli il ginocchio. Eccola lì, che lo guardava dai sedili posteriori, con gli occhi scuri lucidi e luminosi ed i capelli sciolti ad incorniciarle il viso.

«Io ti ho già visto, o sbaglio?» disse proprio lei. Chiuse il grosso quaderno che teneva tra le mani.

Taehyung sbatté palpebre cinque volte prima di schiudere le labbra. «Forse non ti sbagli» rispose.

Abbassò lo sguardo per un lungo attimo - E.L, recitava la scritta sulla copertina immacolata del quaderno. «Sei qui da tanto?» gli chiese lei.

Taehyung si strinse nelle spalle, osservando i nei sulla sua guancia destra e contandoli insieme a quelli sulla fronte e sul mento. Tredici nei. «Perché?» le chiese di rimando.

«Quando sono arrivata eri già qua. Ti capisco. Questa mostra mi dà un po' la nausea. Nel senso buono del termine» rispose lei, stringendo le dita sul quaderno. Lo stringeva così tanto da farle diventare bianche.

«C'è un senso buono del termine?» Taehyung sorrise leggermente.

«Sì. Ci sono un sacco di cose belle ed un sacco di cose dolorose che mi fanno venire la nausea. Il mondo mi uccide con l'ansia. Il mio corpo risponde con la nausea. Ma va bene, suppongo, se poi posso usare il dolore del mondo per scrivere» Sorrise debolmente, osservandolo.

«Tu scrivi?» domandò Taehyung.

«Sì. Questa potrebbe essere una subdola mossa di marketing, ma il mio romanzo uscirà presto e ci tengo a fartelo sapere. Se alla fine di questa conversazione mi troverai simpatica, ricordati di comprarlo. Se non vuoi andare in libreria lo troverai anche su Amazon» rispose quindi lei.

Taehyung sorrise. «Come ti chiami?».

«Vedi? - Indicò la scritta sul suo quaderno - E Punto Elle. Si legge El. Chiamami così, okay? Tu come ti chiami?»
«Taehyung»
«Piacere Taehyung»
«Piacere, El».

Ci Fu qualche attimo di silenzio, poi Taehyung parlò: «Anche io scrivo» disse.

E.L sorrise, sollevando poi un sopracciglio. «Stai cercando di vendermi il tuo libro?» chiese.

Taehyung rise, scuotendo la testa. «No. No, io... non ne ho mai pubblicato uno. Ma scrivo da sempre. Ho una grande musa» rispose.

«Una grande musa?»
«Il dolore».

«Ah, il dolore. Grande pilastro del mondo, secondo alcuni. Io ho la mia teoria» E.L sollevò una mano, puntadogli l'indice contro.

Dopodiché avvicinò il volto al suo. «Il dolore è inutile. Totalmente inutile. E noi lo veneriamo per questo. Perché è inutile e crediamo che solo con esso ci arricchiremo. Ma, fatti dire una cosa, la felicità senza il dolore esiste e chi non conosce il dolore la vive senza pensare che essa abbia una fine. Ecco come andrebbe vissuta la vita. Eppure gli artisti lo venerano. Per la sua bruttezza infinita, che è una bruttezza così poetica, perché la gente colta comprende il dolore e la gente colta ha sempre sofferto. Alcuni saggi nascono dal dolore del mondo» cominciò.

Si schiarì la gola, prima di continuare. «E qua arriva la mia teoria. Io ho sofferto. Ho sofferto così tanto e quando mi sono ritrovata a desiderare di morire ho compreso quanto il dolore fosse inutile. Mi stavo vietando di vivere per morire di dolore. E ho chiesto aiuto. Il dolore deve essere curato. E solo quando arriverà la cura sapremo parlarne senza affogare nel suo oceano un'altra volta. Se si vede che c'è la possibilità di essere felici, non bisogna mai tirarsi indietro. Per quanto possa essere difficile. Solo una cosa chiedo al mondo: aiutare se stessi e gli altri quando il dolore cerca di portarci via dal mondo» concluse.

Aiutare se stessi. «Pensi si possa aiutare se stessi aiutando gli altri?» chiese Taehyung.

E.L sorrise. «Ma certo. Uno dei modi migliori» rispose.

«Pensi che il dolore non sia arte?» domandò poi Taehyung.

Lei scosse la testa. «In parte. L'arte non è realtà, il dolore è l'unica cosa reale. L'amore è arte, perché non è certo. Il sesso può essere arte, se lo si vuole, la felicità. Ma il dolore. È un dato di fatto. Siamo noi a volere che sia bello, ad abbellirlo con le nostre parole. Quindi siamo noi a renderlo arte. Tocca a noi. Perciò non smettere mai di parlare di dolore. Rendilo crudo, e poi abbelliscilo con la tua maestria. Fanne una parafrasi»

Il dolore è un dato di fatto. L'amore non è certo. Ma è certo il dolore dell'amore. E lui lo sapeva.

«Mi hai convinto a comprare il tuo libro» disse quindi Taehyung.

«La mia strategia di marketing ha funzionato!» E.L batté le mani in aria, lentamente per evitare di fare rumore.

«Come si chiama?»
«Parafrasi del dolore».

*

chiedo scusa per la brevità, hope you liked it! <3

vediamo se indovinate chi è E.L 🤡

Parafrasi del DoloreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora