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-Non firmerò- ripeté Bryan, domandandosi se stesse parlando nella loro lingua madre, se avesse utilizzato un volume di voce udibile fino all'altro capo del tavolo, dato che Isaac lo fissava impassibile e non dava alcun segno di aver compreso il senso delle sue parole.

-Dovrai rassegnarti ad aspettare che il nostro matrimonio si esaurisca nel tempo- aggiunse con un risolino nervoso, picchiettando il vetro del suo bicchiere con le unghie di una mano.

Per la legge, a conclusione di un certo arco di tempo, Isaac avrebbe potuto presentare richiesta di divorzio direttamente a un giudice. Quello avrebbe mandato qualcuno ad accettarsi che effettivamente la coppia non viveva più come tale da abbastanza anni da permettergli di sciogliere legalmente la loro unione, senza che ci fosse bisogno di alcuna firma di consenso da parte di Bryan.

Ma si trattava, appunto, di attendere anni affinché Isaac, volendolo, potesse agire in tal senso.

E magari Bryan avrebbe potuto continuare a sperare che suo marito cambiasse idea. Era un ricatto, era terribile e Bryan lo sapeva, ma pensare di perdere Isaac del tutto era persino più inaccettabile, per lui, che continuare a stare al suo fianco e sentirsi considerato alla stregua di un'insignificante carta da parati.

Isaac continuò a fissarlo con quella sua espressione impenetrabile.

-Perché?- gli chiese atono e il giovane si strinse nelle spalle. Allungò una mano verso la bottiglia d'acqua che stava sul tavolo, scoprendo con rammarico che era vuota, perciò iniziò a tormentare i resti della sua cena con una forchetta, finché non ne ebbe abbastanza anche di quello e serrò le mani sulla pancia. 

-Non lo so. Qual è la risposta che ti aspetti? Così, magari, facciamo prima e mi credi al primo colpo- sibilò Bryan e notò che gli era più facile parlare se continuava a riempirsi gli occhi soltanto dell'intricato disegno color oro che spiccava sulla tovaglia. Non doveva cedere in alcun modo all'attrazione che lo calamitava verso l'altro e forse sarebbe riuscito a sopravvivere a quella serata, mantenendo intatto ciò che restava della propria dignità.

-Mi aspetto la verità- disse Isaac e il giovane ridacchiò nervoso.
-Quella che tu hai già deciso oppure quella mia?-
-Mi stai attaccando senza motivo...- protestò l'uomo.
-È il tuo atteggiamento tranquillo a non avere senso- lo interruppe Bryan, anche se non sapeva quanto potesse risultare convincente nel portare avanti quella conversazione continuando a fissare la tovaglia. -Mi hai chiesto il divorzio. Ma stasera ti stai comportando come se nulla fosse-

"Già. E cosa significa questo?" si domandò, senza potere fare a meno di nutrire un minimo di speranza.
Si illudeva ancora che Isaac cambiasse idea, anche se non aveva fatto assolutamente nulla, fino a quel momento, che potesse lasciargli intendere una cosa del genere.

-Sto cercando di mantenere un comportamento civile- "E non riesco a odiarti se ti ho davanti" aggiunse Isaac tra i propri pensieri, mentre la sua maschera di indifferenza si sgretolava un pezzettino per volta.
-Oh... sì. Perché tu sei impeccabile e perfetto e io pazzo e casinista- sbottò Bryan, mentre il suo castello di carte crollava giù.

A quanto pareva, suo marito era arrivato ben oltre il disprezzo e la rabbia: non lo considerava più meritevole nemmeno di questi sentimenti.

-Non ho detto questo...-
-È quello che penso io, okay?- tuonò Bryan, ma un brusio di stupore si dilagò intorno a loro e ciò lo trattenne dal continuare a mantenere quel tono di voce. Si schiarì la gola e riprese a parlare in modo più pacato, per non farsi udire dagli altri commensali e dal personale del ristorante. -Se non ti sta bene neanche questo, faresti meglio a non farmi domande, perché è evidente che non ti piacciono le mie risposte, ma io non ne ho altre- disse e si toccò il viso con una mano, sentendosi bollente.

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