«Sei pronta?»
Sbircia dalla fessura della porta, il cappotto a braccio e la pochette in mano.
«Solo un minuto» le promette Lauren, per la milionesima volta in un minuto. Camila gonfia le guance e sbuffa.
«Mi pare di averla già sentita questa»
Finalmente Lauren emerge dalla loro stanza da letto con un sorrisetto imbarazzato e Camila alza entrambe le sopracciglia spalancando gli occhi.
«Che c'è? Mi sta male?»
«No, no, per niente» Camila si gratta la nuca dirottando lo sguardo sul pavimento, poi sul soffitto, poi sul tappeto.
«Possiamo andare?» le domanda, ancora osservando centimetri e centimetri di pizzo che risaltano come tatuaggi sulla sua pelle alabastrina, lembi di tessuto che abbracciano ogni sua curva. Annuisce prendendosi il suo tempo per osservare un altro po', pensando che tanto non ha davvero molto da perdere, ma ancora la sua mente la riporta alla sensazione di stare tra le sue braccia e si chiede come sarebbe se succedesse essendo entrambe consapevoli e non trasportate dall'odore della pioggia o da un racconto commovente. Si chiede cosa intendesse fare davvero Lord Tomlinson dando loro i biglietti per quest'opera, ma nel frattempo sono già davanti alla macchina.
«E se non tornassimo più indietro?»
Lauren non distoglie lo sguardo dal finestrino mentre irrompe nel silenzio. Camila controlla istintivamente lo specchietto retrovisore dell'autista, chissà perché così convinta di trovare gli occhi dell'uomo riflessi sull'argento, pronti a far saltare la copertura delle ragazze.
Scuote quindi brevemente la testa lasciandosi convincere dal tono sussurrato di Lauren. L'attenzione dell'autista è totalmente rivolta alla strada.
«Perché ci stai pensando adesso?» risponde Camila, la voce smossa da un pizzico di sarcasmo.
«Non ne ho idea» sospira l'altra «ma nulla esclude che possa accadere»
«Certo che no. Ma se così dovesse essere, sarebbe poi una tragedia?»
Lauren la guarda come se stesse bestemmiando.
«Scherzi?» controbatte, ma poi aggrotta la fronte, come percorsa da un pensiero e il suo sguardo si rabbuia. Camila sa ormai benissimo come riconoscere la luce che fugge via dai suoi smeraldi, il modo in cui abbassa leggermente le palpebre come per schermarsi dall'onda di tristezza che la sta per annegare. In quel momento, è come se Lauren guardasse attraverso il volto di Camila, oltre lo specchio della sua apparente calma, e giù, dentro la gabbia dove tiene prigionieri i ricordi più neri. Nonostante il cappotto e il vestito, si sente nuda. E inghiotte un respiro.
Non lascia niente indietro. La casa che la aspetta si è svuotata più di sei anni fa, non c'è nulla a cui fare ritorno.
Quindi, se rimanesse bloccata in questo assurdo varco temporale, lontana dalla sua vita e da tutto ciò che ha rappresentato la sua realtà fino a qualche settimana fa, sarebbe poi una tragedia?
E così come uno specchio, forse Lauren si riflette in lei. Forse il silenzio di questi minuti sospesi e palpabili nell'abitacolo è carico del suo riflettersi. Camila non indugia ulteriormente per paura di essere scoperta (a fare cosa, se lo chiederà in un secondo momento) e offre una mano accogliente a Lauren che, con un sorrisetto curioso, la afferra e si lascia guidare fuori dall'auto color crema, perfettamente lustrata.
«Sono emozionata. Non sono mai stata al teatro»
«Come sarebbe a dire? Neanche una volta?» Lauren spalanca gli occhi all'osservazione inaspettata. Certo, recarsi a teatro non è roba da tutti i giorni, eppure Lauren fatica a concepire la mente di qualcuno che non ha mai vissuto questa esperienza. La prima volta a teatro le cambiò la vita. Non perché si fosse avvicinata a quel mondo come promessa di attrice, ma perché non aveva mai visto un gioco più affascinante della recitazione. A nove anni aveva imparato che, se indossavi il ruolo dell'attore, ti era consentito scivolare ogni giorno in una vita diversa e viverla attraverso gli occhi del mondo intero. E quella stessa vita, l'avresti poi vista riecheggiare sulle bocche esterrefatte o le palpebre umide di chi stava seduto in platea. Era come sbloccare un nuovo livello di esistenza. Dopo il suo nono compleanno, andare a teatro divenne un rito sacro per lei e sua madre. Ogni giovedì di fine mese, al piccolo teatro qualche strada lontano da casa, davano un balletto o un'opera rivisitata in chiave moderna. Che si trattasse di spettacoli recitati o ballati o entrambe le cose, le due si fiondavano senza mancare un appuntamento. Lauren continuò ad andare anche dopo tutto, anche da sola. E questo mese, come ogni mese che si rispetti, non ha mancato alla sua promessa, nonostante oggi sia sabato.
STAI LEGGENDO
CRONOSTASI
Fanfiction«Si muove» «Cosa?» Camila si riscuote, apparentemente persa nei propri pensieri, lo sguardo ancora completamente dedito al medaglione nelle proprie mani. «L'orologio a pendolo... Prima era fermo sulle sei e un quarto, adesso ha ripreso a funzionar...