Il fischio del treno segnala l'arrivo in stazione di Kingston, come anticipa la scritta bianca su sfondo blu affissa sopra l'entrata affacciata sui binari.
E' un pomeriggio da sole pallido e accecante che poi torna a nascondersi sotto la coltre di nuvole grigiastre dando presentimenti di pioggia che però non giunge mai.
Lauren ripiega il foglio e lo infila nella tasca del cappotto. Sente gli occhi di Camila scrutarla dal proprio posto.
«Guarda che se lo leggi ancora non cambia mica l'indirizzo»
«Lasciami fare» Lauren rotea lo sguardo cercando di camuffare il nervosismo.
Lasciato il treno, si immettono nel percorso predisposto all'uscita dalla stazione che, con grande sorpresa da parte di entrambe, appare mediocre e trascurata. Non sa perché, ma Lauren si sarebbe immaginata senza ombra di dubbio qualcosa di più appariscente, trattandosi di uno dei quartieri più facoltosi di Londra.
Non hanno alcuna pista da cui partire, neanche una conoscenza; solo un indirizzo scritto a china e ricopiato su un foglietto ormai stropicciato.
«Non conosco il quartiere, non ci vive più nessuno se non i discendenti dei nobili di anni e anni fa. Ormai è solo una meta turistica» spiega Lauren, ricordando perfettamente l'aspetto totalmente stravolto della cittadella nel presente.
«Mi scusi» chiama Camila.
«Sì?» un ometto con folti baffi e capo semicalvo arresta la propria marcia rapida sul marciapiedi per rispondere.
«Saprebbe dirmi dove si trova questa strada?»
«Oh, non è molto lontana da qui, ma non vi conviene farla a piedi. Dovreste chiedere un passaggio o prendere un taxi» dice l'ometto dopo aver esaminato il foglio per qualche secondo.
Non hanno sufficiente denaro per un taxi e non appena Camila prova a proporre di fare l'autostop, Lauren tuona con un «non se ne parla, sai quante ragazze sono finite a pezzi nei bagagliai dopo aver chiesto un passaggio?!»
Camila getta subito la spugna, anche perché l'immagine evocata dalla sua frase non è stata esattamente confortante o piacevole.
Così camminano, per chissà quanti dannati chilometri, ma impiegano circa un'ora per arrivare, nonostante Camila abbia tenuto un passo sostenuto, poiché Lauren, dall'altro canto, si ferma ad una frequenza di circa tre minuti; una volta perché il calzino le scivola giù dalla caviglia sotto il piede, un'altra perché ha sete ma non c'è acqua, un'altra ancora perché è semplicemente stanca e ha voglia di lanciare le braccia al cielo e imprecare - lo fa, più volte, e anche in modo abbastanza colorito.
«Non ci posso credere» esulta con un fil di voce non appena vede l'insegna con su scritto Glenbuck Road, seppure gli ci vorranno altri otto minuti circa per giungere al numero civico desiderato - le Road sono sempre interminabili.
Camila si avvicina con una certa esitazione al portone di color verde petrolio e afferra il battente in ottone per bussare un paio di volte. Poi resta in attesa, Lauren inarca un sopracciglio a braccia conserte prima di scoppiare a ridere.
«Ti prego, questa roba riservala per quando andremo a viaggiare nel Settecento» la sbeffeggia e preme il dito sul campanello che ritorna con un classico suono cadenzato e metallico. Guarda di sottecchi la bruna accanto a sé, la quale fa spallucce offesa.
Per quanto divertente, però, Lauren reputa anche piuttosto bizzarro il fatto che nessuno stia aprendo nonostante il fracasso del battente e adesso del campanello.
«Magari nessuno è in casa»
«Sono d'accordo, ma se pensano che mi arrenderò così dopo aver camminato per Dio sa solo quanto si sbagliano di grosso» dice, e comincia a spingere con la spalla sulla porta.
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CRONOSTASI
Fanfiction«Si muove» «Cosa?» Camila si riscuote, apparentemente persa nei propri pensieri, lo sguardo ancora completamente dedito al medaglione nelle proprie mani. «L'orologio a pendolo... Prima era fermo sulle sei e un quarto, adesso ha ripreso a funzionar...