Capitolo quindici

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«Non posso fare a meno di te»
Capitolo quindici
Sabrina dorme, respira piano e mi viene da darle un bacio. L'idea mi passa così, folle, nella testa. Guardo le sue labbra. Ci passo il dito sopra, lei arriccia il naso e si gira un po' dall'altra parte, porgendomi la guancia. Mi avvicino, cercando di fare piano e la bacio. Rido, poi mi alzo. L'orologio segna le sei e mezza, da fuori si vede già la luce, ma la sveglia era in realtà fissata per le sette. Vado in cucina, in cerca di un po' di acqua fresca. Appoggio le mani sul marmo gelido, sorseggio un po' d'acqua e respiro lentamente. Ripenso a questa nottata intensa appena trascorsa, al nome di Flavio che continuava ad uscire fuori in maniera imperterrita, a qualche urlo che ci siamo lasciate scappare e al cuore in subbuglio mentre litigavamo. Penso a tutte le cose dette o fatte senza pensarci abbastanza, a causa del bicchiere di troppo che ho bevuto ieri in quel locale. Non ricordo nulla nitidamente, solo il suo tono di rimprovero nel portarmi a casa e frasi come:
«Di solito so io la pazzerella, stavolta me hai battuto... da te che sei tutta composta non me la sarei mai aspettata na sbronza Marí, menomale che stavamo assieme, sennò che facevi senza de me? Me lo chiedo io.»
Non riesco a smettere di ridere perché non mi capacito di ciò che è successo ieri, ricordo davvero poco e, come se non bastasse, ripensare a lei ieri... sembra tutto così assurdo e divertente. Non so se dovrei esserne spaventata o se dovrei lasciar perdere la faccenda.
Da quel poco che ricordo, le avrei riso in faccia dopo il suo tono da maestrina e lei mi avrebbe risposto prontamente:
"Marì c'è poco da ride, dobbiamo andare al mare. Spiegami come dovresti guidare in queste condizioni»
Mi blocco ripensando a questa frase di Sabrina e mi sforzo affinché pensieri più chiari mi riaffiorino la mente.
Nel frattempo un'altra frase mi percorre la mente, un'altra frase di ieri sera che non riesco a collocare in un contesto preciso. Ricordo solo che ha a che fare con il mare. "Cercami al mare..."
Qualcosa di simile. Ho la testa che mi scoppia e non riesco a ricordare con più chiarezza il nostro discorso. Deduco solo che io abbia fatto un po' di caos, tra
baci alcolici e parole dette a caso.
Aspetto che Sabrina si svegli per chiederle delucidazioni. Nel frattempo metto su il caffè, e quando la caffettiera sbuffa, lo verso in una della sue preziose tazzine. Scelgo la più bella di tutte, quella con la sua iniziale. Una S rossa. Ripenso alle sue parole quando scrisse "Io e Roma". Quando le chiesero quale fosse il suo colore preferito e lei rispose «rosso pompeiano, il colore della passione, colore di temperamento e di grandezza»
Mi dirigo di nuovo verso la camera da letto, facendo attenzione a non rovesciare il caffè sul parquet.
Mi accosto al letto, appoggio delicatamente la tazzina sul comodino e poi mi abbasso leggermente verso Sabrina. Le lascio un flebile bacio tra i capelli sussurrando un buongiorno. Lei si dimena un po', poi apre gli occhi con i miei continui buongiorno in sottofondo e mi sorride.
«Marì? Che cazzo abbiamo combinato stanotte? Non abbiamo dormito n'cazzo, ao so le 6:45»
«Ma tu dici le parolacce già di prima mattina? Sei assurda»
Sabrina sbuffa, prova a nascondere un sorriso.
«Ti ho fatto il caffè, anche se ti vedo già abbastanza alterata» le dico scoppiando a ridere.
Sabrina si tira su e si passa una mano tra i capelli lanciandomi uno sguardo inceneritore, per poi afferrare la tazzina.
Le traballa un po' la mano, a tal punto da rovesciarsi un po' di caffè addosso.
«Cazzarola! Marí me potevi portà n'cazzo de vassoio»
«Pure? Ma non so neanche dove sia il vassoio a casa tua» le dico scoppiando a ridere
Sabrina emette un verso di disappunto, mentre io mi siedo di fronte a lei. Allunga un braccio verso di me e mi sfiora delicatamente. La accarezzo anch'io, persa nei suoi occhi. Credo di non aver mai visto niente di più bello di prima mattina, così bello da oscurare completamente l'alba che entra dalle fessure della finestra.
«Quindi ci andiamo al mare?» chiedo a Sabrina mentre un'ansia disumana si impadronisce del mio petto. La paura che la nostra fuga al mare possa essere definitivamente cancellata mi spezza.
«Ci andiamo al mare Marì, ci andiamo... però ora portame n'fazzolettino, qualcosa per levare sto caffè, io no o so come devo fare con te»
Le parole di Sabrina mi riempiono di gioia, mi restituiscono il respiro che stavo trattenendo e una felicità indescrivibile pervade il mio animo.
Le sorrido, ancora salda sul bordo del letto, aspetto un po' prima di andare a prenderle qualcosa per asciugarsi perché non posso perdermi lo spettacolo dinanzi a me. Lei con i capelli arruffati, qualche raggio di sole che entra dalle serrande e disegna linee dorate sulle sue cosce nude, coperte solo da un sottile lenzuolo bianco. Lei che si dimena per rimuovere la macchia di caffè dal cuscino mentre mi strilla parole in romano e mi lancia occhiatacce furiose. Forse la felicità ha il sapore di questo momento.
————————

Rido ancora, ripensando a questa mattina quando io e Sabrina ci siamo viste per raggiungere la spiaggia. Lei manteneva ancora un atteggiamento severo e preoccupato, io ero serena, volevo solo arrivare qui, finalmente.
«Ah sai qual è stata la cosa più divertente?»mi chiede Sabrina, poi mi
guarda con un sorriso che le attraversa il viso, bello quasi quanto il mare al tramonto dietro di lei. Si è tolta la maglietta, la tiene in mano. A volte mi ritrovo a posare inconsapevolmente lo sguardo sul suo seno, ma lo sposto in fretta, sentendo le guance diventare come fiamme. Vorrei spogliarmi anch'io, ma non mi va di rimanere in reggiseno, magari stamattina avessi pensato a mettermi il costume... purtroppo non sono stata così previdente, o forse stamattina il mal di testa era ancora troppo forte per poter pensare con lucidità.
«Vai, spara« la invito a proseguire
Si ferma, raccoglie una conchiglia e me la mette tra le mani, con un sorriso. La stringo, apprezzando questo piccolo e quasi insignificante gesto che mi riempie il cuore di felicità.
Smettiamo di camminare, il suo sguardo è serio, ma non grave. Serio e... un po' in ansia.
«L'altra sera, quando stavi brilla, fracica proprio, m'hai detto na cosa che non avrei mai pensato...ma magari... sai come se dice? "in vino veritas"» ridacchia nervosa e mi tocca le mani, le guarda attentamente, ne segue i contorni con la punta delle dita, sovrappensiero.
«Cos'ho detto?« chiedo preoccupata, cercando nella mia testa il ricordo a cui si riferisce e trovando soltanto, ancora, la familiare sensazione di non riuscire a ricordare nulla.
Ride un po' in imbarazzo e chissà quali immagini le stanno passando per la testa.
«Beh hai detto, 'nsonma... hai detto che... che mi ami, ecco, che sei innamorata di me davvero.»
Tossisco, scoppio a ridere. L'ho fatto?
Ride anche lei, a disagio, con i piedi scalzi fermi nella sabbia. Il suo sguardo è sfuggente, forse ha paura della mia risposta, ne ho paura anch'io. Cosa mi è saltato per la testa? Forse solo la verità...
Più la guardo, più mi sorride, più mi stringe le mani e più mi si riempie il cuore. Vederla, ogni volta, è una sensazione di profonda gioia, come se il resto delle cose perdesse importanza. Quando stamattina aspettavo di vederla, la mia pancia era un turbinio di emozioni, lo stomaco era tutto arrotolato su sé stesso e mangiare la colazione è stata davvero un'impresa titanica. Il pranzo in spiaggia con lei, poi... Perdevo più tempo a guardarla intenta a preparare il suo panino che a mangiare il mio. Mi ha baciata poco oggi, solo quando è salita in macchina, ora so che probabilmente è stato perché aveva le mie parole che le frullavano per la testa, seguendo traiettorie non specificate che si scontravano con chissà quante idee, chissà quanto ci ha pensato. I suoi occhi si fanno sempre più pensierosi, l'attesa sofferente si impadronisce del suo buon umore, spazzato via dall'ansia e dalla paura.
«Lo pensi davvero?» chiede, data la mia non risposta.
Questa non è una domanda facile. Cosa dovrei rispondere? Sì? Forse? No? Okay, l'ultima è sicuramente esclusa. Ma se l'ho detto, non ci sarà un fondo di verità? Non posso essermelo inventata di sana pianta...
«Credo... credo di sì» ammetto, lasciando sempre un velo di incertezza per difendermi in caso vada male, in caso lei mi prenda per pazza, non espormi troppo è sempre stata la mia arma migliore. Ma con lei... è così difficile mantenere il muro alzato, viene voglia di prendere una spranga e buttarlo giù per correrle incontro e non lasciarla andare mai.

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