Capitolo VIII

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Il primo a svegliarsi la mattina dopo fu Dante, che si era ricordato la sera prima di non saper reggere molto bene l'alcol, tanto che si era addormentato nel bel mezzo di una partita a Monopolio. Aveva come l'impressione che una scimmia stesse suonando incessantemente un tamburo nella sua testa e si sentiva incredibilmente stanco. Si aspettava di ritrovare le bottiglie di birra sulla scrivania e i cartoni del ramen istantaneo, che tra l'altro avevano adorato, da qualche parte in bagno, ma, invece, Virgilio aveva ripulito tutto quanto e ora dormiva a pancia in giù con dei riccioli davanti agli occhi. Il fiorentino non aveva ancora avuto l'occasione di vederlo addormentato e ringraziò il Boss per avergli dato quella seconda possibilità con lui.


"Duce mio, cos'è questo posto?" chiese Dante scendendo dal taxi.

"Se chiama parco divertimenti, o, come dicono li Britannici, luna park" spiegò Virgilio sistemandosi lo zaino sulle spalle.

"Oh, è una di quelle attività spericolate che piacciono ai ragazzi del terzo millennio?" domandò il fiorentino preoccupato.

"Sì, ma nun te preoccupa'. I biglietti li ha presi Gabriele, quinni stamo in 'na botte de ferro" lo rassicurò il mantovano prendendolo per mano e avvicinandosi all'ingresso.

Dopo aver cercato di trovare il fine di costringere un essere umano a passare le ore sotto al sole in un costume asfissiante per accogliere i visitatori e aver finalmente dato un senso alla mappa del parco, i due decisero di fare prima i giochi con l'acqua e poi tutti gli altri, così da potersi asciugare facilmente nel resto della giornata.

"T''a sei messa 'a crema, sì? E mettite pure er cappellino, me raccomanno" disse il poeta latino con fare ansioso.

"Maestro, non ti devi preoccupare così tanto: che potrà mai succedere! Tanto è solo un po' di sole!" esclamò sorridendo il sommo poeta.

"Te ricordo che io ce so' rimasto secco pe' 'na giornata de sole a Megara e nun c'ho 'a minima voja de fa' 'a doppietta" lo ammonì l'altro con aria seria.

"Non ci avevo pensato" concluse il sommo poeta mettendosi in fila per Battaglia Navale.

Dopo essersi bagnati per bene sulle Rapide ed essere passati in mezzo alle colonne d'acqua di tutte le altre attrazioni acquatiche, i due, non si sa bene per quale motivo, ma molto probabilmente perché non c'era molta gente in coda, vollero provare la casa degli orrori. 

"Tanto è tutto finto, nun po succede' niente" commentò il mantovano poco prima di entrare.

Per quanto il fiorentino volesse dimostrare di non essere poi così fifone e l'altro volesse fare bella figura e rassicurare il suo innamorato, tuttavia entrambi ne uscirono visibilmente provati e si ripromisero di non fare mai più una cosa del genere.

"Proviamo le montagne russe?" propose Dante per migliorare la situazione.

"Ovvio, però prima famo quelle all'aperto, che nun c'ho più l'età pe' resta' traumatizzato" rispose Virgilio cercando di sembrare ironico.

Dopo una fila infinita, i due si sistemarono nella carrozza e l'addetto si assicurò che tutti i sistemi di sicurezza fossero a posto.

"Vi consiglio di togliervi i cappelli o voleranno via" disse il ragazzo prima di attivare il meccanismo.

"Ma è molto tranquillo, pensavo fosse decisamente peggio!" esclamò il fiorentino all'inizio della corsa.

"Guarda che mo se sale" lo avvisò il mantovano.

"E quindi?".

"E quinni poi se scenne" concluse il poeta latino cominciando a pentirsi della sua scelta.

Iniziarono a salire e a salire, sempre più su, e poi scesero in picchiata tra le urla degli altri passeggeri.

"Moriremo tutti!" gridò Dante terrorizzato.

"Mado' che figata!" commentò invece Virgilio alzando le mani.

"Non facciamolo mai più!" decise il sommo poeta mentre si riavvicinavano al punto di partenza.

"E io che te volevo proporre de fa' quelle ar chiuso" disse l'altro ironico.

"Se tu vuoi avere un infarto fai pure, io vado a fare la fila per la ruota panoramica!" esclamò il sommo poeta scendendo dalla carrozza.

Il compagno lo baciò cercando di non sorridere troppo e i due si separarono.


"Guarda che nun era così male e nun ce stava manco tanta fila" lo canzonò Virgilio salendo sulla ruota panoramica.

"Ci sarà un motivo se non c'era nessuno" gli rispose ancora turbato Dante.

La cabina iniziò ad andare sempre più su e le persone a terra divennero sempre più piccole, lasciando i due poeti senza parole. Seduti ai loro posti, continuavano a guardarsi attorno, inebriati per la prima volta dalla sensazione di essere sospesi nel vuoto.

"Amo', guarda, se vede er Soratte da ecco!" esclamò il mantovano indicando il monte in questione.

Il fiorentino arrossì al sentirsi definire in questo modo dal suo compagno, ma il suo cuore scoppiava di gioia. Il suo amato si voltò preoccupato per il suo silenzio e, vedendolo con gli occhi lucidi e le guance rosse, non essendosi accorto di averlo chiamato Amo', lo guardò con aria interrogativa.

"Stai bene?" gli chiese.

"Mai stato meglio" gli rispose prima di baciarlo con passione.


Il sole era ormai tramontato da un pezzo e la luna risplendeva timidamente dietro alle nuvole, il parco stava per chiudere e tutti quanti si riversarono verso l'uscita.

"Allora, t'è piaciuto?" domandò il poeta latino mentre cercava con lo sguardo il taxi che aveva chiamato.

"Moltissimo, duce mio!" esclamò l'altro stringendosi a lui.

Il mio Paradiso sei tu - DantilioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora