Capitolo XIV

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Quando Uriel aveva detto che avrebbe scoperto da solo cosa fosse uno psicologo, Dante aveva pensato che avrebbero fatto una ricerca o qualcosa del genere: di certo non si aspettava di ritrovarsi a parlare con una giovane dottoressa dei suoi problemi. Gabriele, che quando si impegnava riusciva a fare grandi cose, aveva, infatti, prenotato su consiglio del Boss due consulenze con due psicologi, alla stessa ora dello stesso giorno, nello stesso identico edificio. E non aveva nemmeno dovuto fare un miracolo.

Il sommo poeta si ritrovò, quindi, seduto su un morbido divanetto color prugna, cercando di essere il più sincero possibile con una perfetta sconosciuta. Se qualcuno glielo avesse detto in Paradiso, si sarebbe fatto due risate, tanto era ridicola per lui la situazione, ma ora che era lì gli veniva naturale parlarle della sua vita, nascondendo, ovviamente, i dettagli divini.

"Lei è un caso più unico che raro, Dante: è così giovane, eppure ha già un matrimonio alle spalle e dei figli non così piccoli", commentò la dottoressa sistemandosi gli occhiali, "E, inoltre, convive con il suo nuovo compagno dopo qualche settimana di relazione. Ma mi sembra strano che sia tutto rose e fiori come dice lei, visto che suo fratello al telefono ha accennato ad un conflitto interiore".

"Se becco Gabriele lo spenno, sarà represso lui con il carattere che si ritrova" pensò il fiorentino.

"Non so a cosa si riferisse, io non sono represso" rispose seccato.

"Non ho mai parlato di repressione" lo corresse lei, anche se i suoi occhi sembravano smentirla, "Ha accennato ad una lite poco fa. Posso chiedere di cosa si trattava?".

"Beh, in realtà non è stata una lite vera e propria".

"Cos'è stata allora?".

"Il fatto è che presto dovremo separarci", sospirò Dante, "Lui deve andare a lavorare in America e io devo restare qui. Non avevo mai pensato veramente a cosa significasse tutto questo. Avevo bisogno di riflettere da solo, così me ne sono andato, ma poi sono tornato e abbiamo chiarito".

"Dopo quanto tempo è tornato?".

"Qualche ora, niente di che".

"Perché se n'è andato?".

"Gliel'ho detto, dovevo pensare" disse il poeta con una scortesia per lui insolita.

La psicologa rimase un attimo ad osservarlo seduto davanti a lei, perfettamente dritto e con i muscoli del collo e delle spalle in tensione, i pugni tenuti stretti sulle ginocchia. Era bastata una semplice domanda per mandarlo sulla difensiva ed era determinata a scoprire il perché.

"Le capita spesso di aver bisogno di pensare da solo, quando si tratta delle relazioni di coppia?".

"In realtà è la prima volta che mi è capitato, visto che è la prima volta che ho una relazione vera e propria".

"Eppure lei è stato sposato per diverso tempo".

"Oh beh", iniziò a raccontare il fiorentino, "Con la mia prima fiamma, Beatrice, non ho mai avuto una speranza vera e propria, dato che non mi ha mai considerato. Poi ho sposato Gemma perché lo volevano i miei genitori. Mi creda, le volevo e le voglio tutt'ora un bene dell'anima, è la madre dei miei figli dopotutto, nonostante tutto quello che mi sta facendo passare con i ragazzi, ma non è mai stato un amore vero e proprio. Dopo il trasferimento le cose sono peggiorate ed è arrivato il divorzio ed è finito tutto, anche se in realtà non c'è mai stato niente".

Il poeta disse quest'ultime parole con aria malinconica e il suo viso si oscurò. 

"Sente molto la mancanza di Firenze?".

Al solo nominare quella città, con le vie strette che sbucano in piazze enormi, i palazzi maestosi e le botteghe colorate, l'Arno che brilla a mezzogiorno e tutti i ricordi che custodiva, la nostalgia lo assalì e i suoi occhi divennero lucidi.

Il mio Paradiso sei tu - DantilioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora