Capitolo XXIX

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Erano passati solo tre giorni dal ritorno di Dante e Virgilio nell'aldilà e non si faceva altro che parlare dell'ultimo lavoro del sommo poeta: c'era chi la chiamava Mondana Tragedia, chi semplicemente Tragedia, ma, in ogni caso, tutti non vedevano l'ora di poterla leggere. Il fiorentino si era buttato sul lavoro per poter descrivere quello che aveva vissuto mentre il ricordo era ancora vivo nella sua mente, così da poterlo cristallizzare per sempre. Non soffrire per la lontananza dal suo duce era impossibile, ma non si sentiva più solo e depresso perché era consapevole del fatto che, di sotto, suo marito lo amava con tutto se stesso. Guido, Lapo e Casella avevano avuto la faccia tosta di rifarsi vivi dopo secoli passati ad evitarlo per il suo malumore, ma Dante li perdonò subito di buon cuore e riebbe indietro la cerchia di amici che lo aveva affiancato per tutta la sua vita.

Sul fare del quarto giorno, il poeta consegnò il suo resoconto a Michele, che di gran volata andò subito nell'Empireo per consegnare il manoscritto al Boss.

"Capo, disturbo?" bussò affacciandosi nel Suo ufficio.

Il Creatore gli fece cenno di entrare mentre leggeva con particolare interesse chissà quale documento. Gabriele era ritto al suo fianco, con le ali ripiegate dietro la schiena per non rischiare di far cadere le pile di carteggi che occupavano l'intera scrivania. In un angoletto, invece, se ne stava Raffaele con le braccia conserte e una strana espressione sul viso.

"Dante ha finito il suo resoconto. Poema, terzine di endecasillabi, rima incatenata, come piace a Lei, Capo" spiegò l'arcangelo posando l'opera sul tavolo.

"So già tutto", commentò il Grande Capo, "Sono onnisciente, ricordi?".

"Certo, certo, però..." provò ad obiettare Gabriele prima di essere messo a tacere dallo sguardo ammonitore di Lui.

"Però cosa?".

"Però Dante si è sforzato molto per redigere tutto questo popò di roba in tre giorni e sarebbe carino leggerlo" finì di dire il messaggero di Dio.

"E leggere cosa? Quei due che hanno quasi peccato di sodomia per ben due volte perché non riescono a tenere a bada gli istinti animali? Gli umani che si lamentano che il mondo va a rotoli perché non sanno seguire le leggi ce Io ho dettato a Mosè secoli fa? La missione non ha aggiunto un bel niente a quello che già sapevo!" esclamò irato Lui.

"La butto lì: non è che è Lei che deve darsi un'aggiornatina, invece di cambiare l'intero mondo?" suggerì Raffaele con un certo sarcasmo.

Michele e Gabriele gli lanciarono uno sguardo che voleva dire: "Bro, ma che stai dicendo? Ma che sei matto!". Ma anche loro la pensavano come il fratello.

"Io sono eterno, immutabile e giusto: non mi piegherò alle necessità materialistiche ed edonistiche dei mortali!" tuonò il Grande Capo battendo il pugno sulla scrivania.

"Almeno però bisognerebbe ricompensare Dante" continuò l'arcangelo con la sua voce fredda.

"In effetti il ragazzo ha fatto del suo meglio" gli diede corda Michele.

"E che cosa proponete?" domandò il Boss senza dare particolare peso alla cosa.

"Beh, potremmo trovare un modo per farlo stare con suo marito" azzardò l'arcangelo con la sua vocetta stridula.

"Non sono sposati a tutti gli effetti, per non parlare poi del fatto che due uomini non si possono sposare" obiettò Lui.

"L'hanno chiamata a testimone e si sono giurati amore eterno: io direi che si sono sposati" ebbe il coraggio di intervenire Gabriele.

"Io non posso farci nulla: Virgilio merita di stare nel Limbo e Dante con i beati. Non ho intenzione di mettere sottosopra l'ordine dell'universo per una fiammella così!".

"Una fiammella così!", sbottò Michele spiegando le ali per la rabbia, "Capo, io non so bene cosa Lei abbia visto, ma Dante ama Virgilio profondamente ed era pronto a rinunciare alla beatitudine eterna pur di stare con lui!".

"E quindi? Quante coppie sono divise da secoli? Nessuno si è mai lamentato mi pare!".

"Ma gli altri hanno vissuto e consumato il loro amore, Boss, mentre quei due hanno avuto solo un mese scarso e non sono potuti andare fino in fondo" rispose con fredda razionalità Raffaele.

Il Creatore sbuffò e guardò con aria rassegnata tutti i documenti che occupavano la Sua scrivania da troppo tempo: stava perdendo il controllo come mai prima, nemmeno Lucifero e Lutero erano riusciti a creare tale scompiglio e non sapeva cosa fare per la prima volta dall'alba dei tempi. L'Inferno era ormai sovraffollato e fare spazio a tutti i nuovi arrivati si stava rivelando un'impresa molto più ardua del previsto, visto che sempre più persone finivano di sotto per la loro mancanza di fede. Aveva provato di tutto, con le buone e con le cattive, ma nulla sembrava far riavvicinare l'umanità a Lui. Forse doveva davvero cambiare? I Suoi principi erano saldi da millenni e non aveva mai dovuto rivederli, almeno fino a quel momento. Ma era giunto il tempo.

"Chiamate a raccolta i vostri fratelli", ordinò il Boss alla fine, "Convoco il Consiglio delle Gerarchie".

Era dai tempi della Controriforma che tutte le creature angeliche non si riunivano nell'Empireo: Virtù e Principati, Troni e Dominazioni, Cherubini e Serafini, ognuno abbandonò il suo posto nei cieli per unirsi al Creatore. Michele, Raffaele e Gabriele volarono a chiamare Uriel, Enoch, Remiel e gli altri loro fratelli, lasciando il Purgatorio e il Paradiso nelle mani di Catone e San Pietro. Nessuna notizia trapelava dai massicci battenti dell'ufficio del Boss, nemmeno nella Candida Rosa si riusciva ad apprendere qualcosa, neanche una voce di corridoio, tanto che i beati entrarono presto in agitazione.

Ma il terzo giorno le creature celesti abbandonarono l'Empireo e Gabriele corse da una parte all'altra dell'aldilà per far eseguire i nuovi ordini dell'alto e, come ultima tappa, volò in picchiata verso il Limbo.

Il mio Paradiso sei tu - DantilioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora